Via da qui: i numeri e l’analisi sulla nuova emigrazione iblea del Centro Studi CNA
Dal 2011 i dati incrociati di AIRE e ISTAT ci dicono che c'è stato un lento ma costante aumento dei cittadini che hanno lasciato il territorio, in primis, ovviamente, a causa di disoccupazione, precariato e stipendi ridicoli. La provincia di Ragusa, invece, è molto apprezzata dagli over 65
(23 luglio 2019)
La nuova emigrazione dalla provincia di Ragusa. E’ questo il tema della nuova pubblicazione, la sesta, del Centro studi della Cna territoriale, che parlano di una vera “emorragia in uscita in atto da qualche anno”. In meno di un decennio, migliaia di ragusani hanno lasciato l’area iblea e si sono stabiliti al Nord o all’estero e ad ufficializzarlo sono i dati dell’Aire, l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (che registra i dati dei cittadini italiani residenti oltre confine per un periodo superiore ai dodici mesi) e alcune recenti pubblicazioni dell’Istat sulla movimentazione interna dei cittadini italiani. “Dai dati in questione – si legge in un documento divulgato dalla CNA – risulta che la popolazione residente in provincia di Ragusa al 31 dicembre 2017 era di 321.370 unità: di questi l’8,9%, cioè 28.827 unità, erano stranieri delle più varie nazionalità, mentre il 9,2% (29.654 unità) erano persone nate e cresciute in questa provincia, che sono emigrate all’estero e che hanno segnalato il loro trasferimento all’Aire. Dal 2011 al 2017 si è verificato un aumento lento ma continuo di cittadini della provincia di Ragusa che hanno lasciato il territorio ibleo per andare a vivere fuori dai confini nazionali. Si è passati dalle 243 persone registrate all’Aire nel 2011 ai 635 del 2017, con un picco di 711 persone nel 2016. In sette anni un aumento pari a quasi tre volte il dato iniziale. Va anche sottolineato come nello stesso periodo il flusso immigratorio di cittadini extracomunitari sia aumentato in modo esponenziale, ma questo dato al 31 dicembre 2017 era ancora di poco inferiore a quello emigratorio”.
Tra le prime cause di emigrazione, ovviamente, spicca la disoccupazione. Per l’Istat, nella nostra provincia, al 31 dicembre 2018, il tasso complessivo di disoccupazione era pari al 18,7%. Mentre la disoccupazione giovanile per la fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni era pari al 44,7%, invece per la fascia di età tra i 18 e i 29 anni era del 34%. “E’ facile constatare – dice il responsabile del Centro Studi, Giorgio Stracquadanio – che anche nella nostra provincia esiste una grossa questione occupazionale: è sicuramente minore rispetto a quella di altre aree della nostra regione, ma i numeri non sono comunque rassicuranti. E’ chiaro perciò come una delle reazioni delle nostre giovani generazioni a tale problema è diventata l’emigrazione. Il “Rapporto migrazioni internazionali e interne della popolazione residente”, redatto annualmente dall’Istat, ci fornisce dati ancora più precisi. L’area iblea presenta un’emigrazione che si posiziona ad un livello medio basso, con valori che vanno da 1,27 a 1,56 per ogni 1.000 abitanti. Sempre secondo l’Istat, fra i nostri emigrati sono complessivamente prevalenti gli uomini (oltre il 50%), mentre fino ai 25 anni di età il contingente di emigrati ed emigrate è ugualmente numeroso e presenta una distribuzione per età perfettamente sovrapponibile. A partire dai 26 anni e fino alle età anziane, invece, gli uomini iniziano a essere costantemente più numerosi delle donne. L’età media degli emigrati è di 33/35 anni per gli uomini e di 30/32 per le donne. Due su tre hanno un’età compresa tra i 20 e i 50 anni”.
All’interno di questi intervalli di età si trovano i cosiddetti emigrati “qualificati”. Stiamo parlando di persone laureate e/o specializzate che nella nostra provincia sono disoccupate o sottoccupate oppure fanno lavori per cui sono troppo qualificati. Naturalmente, viste le condizioni, appena possono “scappano” per trovare circostanze professionali e retribuzioni più consone e adeguate alla loro preparazione. Queste condizioni, secondo i rapporti redatti dall’Istat e relativi agli anni 2015, 2016 e 2017, si trovano quasi sempre in alcuni paesi del Nord Europa: Inghilterra e Germania su tutti, ma diversi vanno anche a Malta. Giocano un ruolo di secondo piano la Svizzera, la Danimarca, la Svezia e la Norvegia. Residuali sono gli Stati Uniti e l’Australia. Oltre ai “giovani” laureati e specializzati in ogni campo, si ha una buona percentuale di giovani tra i 18 e i 25 anni che emigra alla ricerca di fortuna. Esattamente come accadeva nel Dopoguerra e negli anni Cinquanta, camerieri, cuochi e commessi preferiscono essere precari a Berlino o a Londra piuttosto che a Ragusa, Modica o Vittoria, proprio perché pagati meglio.
Le cifre ci dicono, inoltre, come la provincia iblea non risulti per nulla attraente per gli italiani dai 18 ai 24 anni. Le province più attrattive sono Milano, Bologna, Venezia, Firenze, Roma. Queste sedi, oltre ad essere importanti centri universitari, sono anche aree che presentano opportunità lavorative che il territorio ibleo non offre. E’ invece interessante scoprire come l’area iblea sia particolarmente apprezzata dagli “over 65”. Infatti, siamo tra le prime tre aree a livello nazionale per tasso immigratorio relativo a questa fascia d’età. Questo dato è probabilmente indicativo, fra l’altro, di due fenomeni: un’accettabile qualità della vita soprattutto per le persone anziane; le tante persone che in giovane età sono emigrate ritornano per trascorrere nei luoghi d’origine il loro periodo di quiescenza. In conclusione, l’emigrazione di oggi è molto diversa da quella dei nostri nonni e dei nostri padri: oggi si parte di meno perché spinti da situazioni di estrema povertà. Necessità e aspettative sono cambiate. Spostarsi, viaggiare, è diventato più facile, così come mantenere i contatti con chi resta; cercare occasioni per realizzare le proprie aspettative e i propri sogni non è più impossibile e non implica più un distacco definitivo dalle proprie radici. E’ necessario avviare al più presto processi che portino le giovani generazioni ad auto-realizzarsi nel proprio territorio.