Uomini e donne a confronto sul DDL Pillon: è questa la soluzione per la bigenitorialità perfetta?
Non per l'avvocata Gabriella Mazzone, secondo cui una legge a tutela dei minori in caso di separazione dei genitori esiste già ma mancano i tribunali di famiglia. Parere negativo anche da parte di un padre divorziato
(29 marzo 2019)
Avviare la costruzione di “Piazza Grande per le donne”, un cantiere aperto e rispettoso dell’apporto di differenti sensibilità politiche, culturali e civiche. Queste le motivazioni alla base dell’incontro svoltosi presso la sede del PD, a Siracusa, organizzato dalla consigliera comunale e presidente della seconda commissione, Pamela La Mesa, e dalla ex deputata regionale, On. Marika Cirone Di Marco. Nella volontà delle promotrici dell’iniziativa, che ha visto una larga partecipazione di donne (ma l’incontro era anche aperto agli uomini) e che si preannuncia come preludio ad una nuova serie di appuntamenti, tornare a confrontarsi in maniera trasversale su tematiche e problematiche femminili, alcune delle quali, il femminicidio e la violenza di genere in primis, di tristissima attualità, come confermano le cronache quotidiane.
Tema prescelto per inaugurare la serie di incontri, sul quale hanno relazionato l’avvocata Gabriella Mazzone, la dirigente scolastica Simonetta Arnone, la professoressa Clelia Pallotta e la dottoressa Rita Giliberto, la discussione sul disegno di legge 735, meglio noto come DDL Pillon dal nome del suo primo firmatario, il senatore leghista Simone Pillon, tra gli organizzatori del family day e promotore del gruppo parlamentare “Vita famiglia e libertà”, che introdurrebbe, se approvato, modifiche in materia di diritto di famiglia ed in particolare di separazione ed affido condiviso dei figli minori. Il provvedimento, presentato nell’agosto scorso alla Commissione Giustizia del Senato per la discussione, non ha mancato sin dall’inizio di suscitare aspre polemiche, essendo contestato dai movimenti femministi che lo ritengono particolarmente lesivo dei diritti dei minori e delle donne ma anche da avvocati, psicologi e mediatori familiari, secondo i quali il ddl Pillon sarebbe incostituzionale e per questo non andrebbe emendato ma ritirato. Una linea sostenuta in toto anche dall’avvocata Gabriella Mazzone che, per contrastare il provvedimento, lo scorso ottobre ha promosso, insieme alla collega del foro di Siracusa, avv. Daniela La Runa, un tavolo tecnico aperto alle figure professionali di riferimento e una manifestazione pubblica che ha coinvolto, in una marcia per le vie di Siracusa, associazioni e cittadini riuniti sotto la sigla #NoddlPillon.
“La legge sulla bi-genitorialità (l’affido condiviso) in Italia è già in vigore da anni, – spiega l’avv. Mazzone – quindi questa proposta la trovo inutile, coercitiva e andrebbe a minare la serenità dei minori e pregiudicare la libertà femminile. Al contrario, trovo che questa specifica tematica sarebbe affrontata in maniera più precisa e puntuale se esistesse un tribunale di famiglia, della cui istituzione sento parlare sin dall’inizio dei miei studi. Sono passati diversi anni, ma ancora non se ne è fatto nulla”.
Cosa trova inaccettabile del ddl Pillon?
In primo luogo l’imposizione di tempi paritetici del minore presso ciascuno dei genitori, pensate a un bambino che, secondo quanto scritto nel ddl, dovrebbe stare 12 giorni con l’uno e 12 giorni con l’altro genitore, questo contrasta con il diritto all’ascolto del minore (come stabilisce la Carta dei diritti del fanciullo). E’ la nostra stessa Costituzione che, con l’art. 2, garantisce i diritti inviolabili della persona come individuo; l’art. 3 contrasta invece le limitazioni della libertà e l’art. 31 protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù. Altra cosa che non va è l’imposizione della figura del mediatore familiare, che invece come sappiamo deve essere una scelta dei coniugi altrimenti non funzionerà mai. Altra criticità è il mancato rispetto della convenzione di Istanbul che interviene nei procedimenti in cui si sono verificati casi di violenza contro le donne per i quali si vieta totalmente la presenza di un mediatore. Al contrario il ddl Pillon impone (anche in questo caso) la presenza del mediatore quale condizione di procedibilità. Trovo inoltre assurdo che negli articoli 11 e 12 del disegno di legge si dica che per configurare l’esigenza di misure di protezione delle vittime nei casi di abusi familiari si esige la comprova di situazioni di violenza e abusi, cioè in Italia vuol dire tre gradi di giudizio! Invece, se io genitore asserisco che tu padre o madre sei violento/a, rischio di essere privato della responsabilità genitoriale sul minore che mi può essere tolto e portato a casa del genitore presunto abusante ma non comprovato, o, nel peggiore dei casi, in una struttura.
Non pensa che il ddl Pillon cavalchi molto i malumori e la rabbia dei genitori separati?
Le rispondo con una statistica che ha stupito anche me: l’86% delle separazioni in Italia è consensuale, quindi significa che il restante 14% è giudiziale e non è detto che in questa piccola parte ci sia presenza di prole. Quindi il piano genitoriale sarà presente in una percentuale ancora più bassa. Per me questa è una norma fatta per una nicchia di persone, non ha il requisito della generalità e non deve nemmeno correggere nulla perché una legge c’è già ma va applicata bene, e per questo bisogna istituire i tribunali di famiglia.
Dell’aspetto e delle implicazioni sociologiche del ddl PIllon ne abbiamo parlato anche con un’altra relatrice presente all’incontro, la dirigente scolastica siracusana, Simona Arnone: “Io rilevo una scollamento assoluto tra il Sociale – dice – e questo disegno di legge, che riguarda anche la dimensione educativa. Io non sono un’avvocata, sono una dirigente scolastica, tra l’altro reggente di una scuola a rischio, dove, come in qualsiasi scuola, il tasso di divorzi e separazioni di genitori degli alunni è molto alto. Spesso, purtroppo, la figura più debole è la donna, e ad oggi devo dire che, con tutte le storture del caso, la legge vigente preserva alcuni diritti fondanti del minore e della donna.
Come mai ha scelto di occuparsi del ddl Pillon?
Qualcuno stasera ha detto che non siamo qui per fare politica ma per me, nel senso più nobile del termine, la politica è tutto. È la presa di coscienza di ciò che ci governa, di cui dobbiamo essere consapevoli per opporci quando va contro le libertà civili o contro l’evoluzione che oggi ci porta a ciò che siamo. Nella fattispecie io definirei questa legge classista, adultocentrica e sessista e che porta alla privatizzazione della violenza. Le figure più deboli in una separazione o un divorzio sono quelle che non lavorano (nella maggior parte di casi le donne) e che quindi avranno difficoltà ad affrontare un percorso così lungo in presenza (obbligatoria) di un mediatore, figura che, di fatto, ostacolerà la separazione, perché questa legge vuole farlo e quindi vuole inficiare la libertà. La famiglia è una scelta non un’imposizione.
All’incontro hanno presenziato anche alcuni uomini, uno dei quali, Alberto Giarrizzo, ci ha raccontato la sua esperienza di padre divorziato: “Sono qui perché mi ha incuriosito il tema dell’incontro, – ha dichiarato a Ialmo – ne sento parlare da un po’ e voglio farmi un’idea, anche dietro al clamore che si è scatenato su questa proposta”.
Il ddl Pilon nasce, secondo i promotori, per sostenere i diritti dei minori, ma sembra riscuotere successi proprio dai padri separati. Lei che ne pensa?
Io, da padre di due figli, posso dire che, se si vogliono tutelare i minori, bisogna cercare di capire fino in fondo quali sono le loro esigenze, le dinamiche, gli stress emotivi dovuti alla separazione dei genitori, e cercare di fare pesare loro il meno possibile quello che è, in ogni caso, un momento conflittuale e di rottura. Pensare di risolvere la questione decidendo dei limiti temporali così rigidi, e utilizzare il minore come un pacchetto che si sposta da una casa all’altra, mi sembra sinceramente una follia. Lo posso dire proprio alla luce di questo lungo periodo che ho vissuto di separazione e poi di divorzio, durato dieci anni, nei quali ho seguito il travaglio e le difficoltà che in particolare mia figlia, che è la più piccola, ha dovuto vivere in questo clima in cui papà e mamma hanno preso le loro rispettive strade.
Come papà si è sentito tutelato dalla legge vigente?
Devo dire di si. Certo, sarà anche per l’intelligenza delle rispettive parti. E’ inevitabile che si inneschino rivalse che fanno perdere lucidità, questo succede sempre, sono percorsi lunghi e dolorosi e a volte prevale la rabbia. Tuttavia, se questo percorso è gestito anche attraverso la figura di un mediatore, come è capitato a me, per definire regole condivise rispetto all’indirizzo educativo dei figli, si approda ad una soluzione di buon senso. Ma sono delle scelte, il mediatore non può essere imposto per legge.
Nadia Germano Bramante