Ragusa, ‘negativi’ il macellaio e i familiari. Dopo il ‘calvario’, lacrime di felicità e ritorno a lavoro
Pippo Mallia, titolare dell’esercizio di via Archimede, angolo via Carducci, in una lettera aperta racconta il dramma vissuto anche per l’assurdo linciaggio da caccia all’untore, ricevuto sui social
(20 aprile 2020)
E’ risultato negativo al test del coronavirus, dopo il nuovo tampone cui è stato sottoposto, Giuseppe Mallia, il macellaio che il 10 aprile scorso, all’improvviso, aveva chiuso spontaneamente la sua attività quando da una telefonata di un funzionario dell’Asp aveva saputo di risultare contagiato.
La nostra redazione si è occupata della vicenda dando per prima la notizia, nei termini veritieri e corretti, privi di ogni elemento anche potenzialmente identificante, anche per offrire a tutti un’informazione utile a confutare le falsità e a contrastare la caccia all’untore che si era scatenata sui social,.
Ora, a dare la notizia dell’avvenuta guarigione, e a far sapere che negativi al test sono risultati anche i suoi familiari, è lo stesso macellaio, titolare dell’esercizio in via Archimede, angolo via Carducci, che aveva già avuto il merito di rivelarsi pubblicamente per interrompere la calunniosa campagna sui social.
E lo fa con una lettera aperta.
“Il tutto ha avuto inizio con uno stato febbrile di metà marzo, puntualmente segnalato al medico di base il quale valutava questo malessere degno di attenzione tanto da interessare l’Asp per l’esecuzione del “tampone rinofaringeo”.
L’esame venne effettuato il 26 marzo e, nell’attesa del responso analitico, restavo in fiduciario isolamento per 14 giorni.
Dopo qualche giorno dall’eseguito tampone, seppure completamente guarito – racconta il macellaio – continuavo la “quarantena” rispettoso delle prescrizioni.
Approssimandosi la data di scadenza dell’isolamento, ossia il giovedì 9 aprile, e non ricevendo novità, chiedevo al medico di famiglia e al personale Asp, notizie sul tampone.
Mentre il medico mi confermava di non rilevare alcuna nota sul portale informatico dell’Azienda sanitaria, e quindi di potermi ritenere negativo al CoVid-19, l’Asp non riusciva a darmi risposte né rintracciare l’iter che aveva seguito il mio tampone.
In questo clima d’incertezza l’Asp veniva, per tempo, diffidata a darmi una risposta. (Responso che, ad oggi. ancora non mi è stato ufficialmente dato. Non ho ancora uno straccio di referto medico del Laboratorio).
Quindi, in assenza di riscontro e forte dell’unica certificazione del medico di medicina generale, la mattina del 10 aprile, venerdì santo, mi recavo al lavoro in macelleria quando, dopo poco, venivo raggiunto da una telefonata fattami, probabilmente da un funzionario dell’Asp.
Apprendevo, dopo 15 giorni, dallo sconosciuto interlocutore che peraltro parlava con poca chiarezza, d’essere positivo al coronavirus.
Immediatamente interrompevo le attività in corso rientrando subito a casa. Seguendo le indicazioni della medesima persona dell’Asp, anche mia moglie e i miei due figli eseguivano immediatamente i tamponi.
Nessuna autorità aveva disposto la chiusura della macelleria che nel frattempo, data la lunga fila di avventori, veniva condotta con estrema difficoltà da un collaboratore sempre nel pieno rispetto delle regole igienico-sanitarie (mascherina, guanti, lavaggio e sanificazione dopo aver servito ogni acquirente…).
Autonomamente, in assenza di indicazioni e a maggior garanzia della numerosa clientela rimasta non servita, la macelleria veniva chiusa con il conseguenziale rientro a casa e isolamento dell’intera famiglia.
Tale comportamento, più che rispettoso delle regole e soprattutto dei consumatori, ha innescato, attraverso i sistemi di comunicazioni Facebook, WhatsApp e messaggi audio, un linciaggio professionale e personale devastante.
Il disprezzo per questo “untore seriale”, (che sarei io in quanto titolare di macelleria), colpevole di aver avuto qualche giorno di febbre, è montato con insulti e diffamazioni tali da travalicare il limite della libera manifestazione del pensiero.
Grazie ad un’intervista e all’all’onestà del medico di famiglia – racconta Mallia – la vicenda è stata riportata nell’alveo della decenza. Sul caso, per sedare la foga del popolo dei socialnetwork, è dovuto intervenire anche il sindaco Cassì che ha invitato tutti a rispettare il lavoro delle autorità sanitarie (sino a quel momento, per la verità, procedure non svolte entro i tempi canonici).
La propalazione di notizie false sulla contaminazione del coronavirus mediante le carni acquistate presso la mia macelleria; gli annunci sullo stato di salute infettivo mio e dei miei cari (notizie che peraltro dovevano rimanere riservate); la mancanza di informazioni ufficiali da parete dell’Asp di Ragusa, mi hanno sfinito.
Questi assalti violenti sono stati mitigati: dall’intima convinzione di aver rispettato in ogni momento i limiti che le norme mi imponevano; dal fatto che non avevo mai avuto contatti con persone a rischio prima dello stato febbrile; dal conforto ricevuto degli amici e dei familiari che hanno continuato ad avere fiducia in me.
L’incubo si è concluso quando, dopo aver fatto altri tamponi, questa mattina, lunedì 20 aprile, il mio medico di fiducia mi ha detto d’aver letto, sul portale informatico dell’Asp, che io, mia moglie e i miei figli, eravamo tutti negativi al coronavirus e che potevamo tranquillamente tornare a lavorare in macelleria.
Inutile dire che sono scoppiato a piangere e, come me, in lacrime ho visto anche i familiari con i quali mi sono ritrovato, senza volerlo, stretto in un vigoroso abbraccio.
Rimane il vivo ricordo dell’incubo vissuto in questi ultimi giorni e il rimbombare di tutte le maldicenze di cui ho puntuali registrazioni memorizzate.
Non pretendo le scuse da nessuno ma mi chiedo:
Sarebbe troppo dire, a quanti mi hanno calunniato, d’usare lo stesso mezzo e la medesima enfasi, per diffondere il messaggio che si erano sbagliati?
Ritengo che ove lo facessero metterebbero cristianamente a posto la loro coscienza e mi eviterebbero d’azionare non volute procedure giudiziarie.
Grazie a quanti, in questa vicenda, mi sono e ci sono stati vicini”.
Faccio tanti aigurial signot Mallia, e sono davvero dispiaciuta per la sua vicenda poiché la cattiveria di una frase può ferire molto più di un coltello. È triste vedere tanta superficialità ed arroganza