Quattro casi in una settimana, la violenza sulle donne non va in vacanza
“La violenza di genere non ha orari né stagioni, – spiega l'avvocato Daniela La Runa – e con l’arrivo dell’estate sappiamo che dobbiamo prepararci ad affrontare molte più emergenze del solito, ad agosto in particolare"
(19 luglio 2019)
Tre interventi di assistenza su attivazione del Codice Rosa e uno su richiesta dei Carabinieri: è il bilancio della settimana, durante la quale le operatrici del Centro antiviolenza Ipazia di Siracusa sono intervenute in emergenza. Quattro casi che si aggiungono alle accoglienze “ordinarie” (anche quelle non si interrompono) svolte presso la sede del Centro in viale Teracati. Nell’immaginario collettivo, estate è sinonimo di relax ma, a giudicare da questi dati, l’amara constatazione è che per certe cose non è mai tempo di vacanze.
Ormai onnipresente nella cronaca quotidiana del nostro Paese, la violenza sulle donne mantiene due principali costanti in ogni stagione: in primo luogo essere perpetrata nella maggior parte dei casi tra le mura domestiche da mariti e compagni delle vittime, in secondo luogo svilupparsi in linea esponenziale nel tempo, con schemi standardizzati la cui evoluzione ha sempre lo stesso iter, dapprima il peggioramento dei maltrattamenti e poi nei casi più gravi la morte delle vittime. Un iter che si ripete all’infinito con le stesse modalità, come ci spiega l’avvocata Daniela La Runa, presidente del Centro antiviolenza, e che addirittura in estate peggiora, come testimoniano i casi affrontati dalle volontarie in modalità h24. “La violenza sulle donne non ha orari né stagioni, – spiega La Runa – poi, purtroppo, con l’arrivo dell’estate sappiamo che dobbiamo prepararci ad affrontare molte più emergenze del solito, ad agosto in particolare. Questa settimana ne abbiamo seguite quattro, oltre a quelle in calendario presso il Centro, si tratta di donne tra i 20 e i 30 anni, provenienti dal Codice Rosa dell’Asp e una su segnalazione dei militari dell’Arma”.
In questi casi come operate?
Quando una donna si reca in pronto soccorso e vengono rilevati segni di violenza si attiva il codice rosa e alla vittima viene presentato l’elenco dei centri antiviolenza presenti sul territorio. In seguito alla segnalazione dell’Asp. quindi noi ci operatrici ci rechiamo in ospedale per dare accoglienza alla donna. Le offriamo consulenza psicologica e legale e valutiamo il rischio che corre, in base al vissuto e alla sua testimonianza, per stabilire se sia necessario il rifugio in un luogo protetto.
Tra i casi che avete seguito durante questa settimana è capitato di rifugiare le vittime?
In un caso ci eravamo attivate ma poi la signora non ha voluto procedere con la denuncia quindi non potevamo procedere.
Che riscontri avete dai casi che state seguendo, è cambiato qualcosa negli ultimi tempi?
No, le modalità sono sempre le stesse, si acuiscono con il caldo. Forse aumenta l’insofferenza, probabilmente le tensioni dei maltrattanti diventano maggiori e quindi la stagione influisce nel peggioramento della situazione.
Riscontrate un aumento delle denunce, una maggiore consapevolezza delle donne nel chiedere aiuto?
Sostanzialmente, per quello che è il mio lavoro, devo dire di no.
Quindi c’è ancora ritrosia o paura a denunciare di subire violenza?
Purtroppo si, anche perché quello che vogliono principalmente le vittime è essere messe in sicurezza e fare in modo che lui smetta. In tutto questo intervengono una serie di elementi, come il pensiero di affrontare un processo, che per loro diventa molto stressante. E poi c’è un’ulteriore deterrente: molte donne hanno ancora la paura di perdere i figli se denunciano.
In questi casi cosa si fa?
Se non c’è la collaborazione immediata delle donne da questo punto di vista, noi possiamo fare l’accoglienza e dare il supporto psicologico, stargli a fianco ma poi fattivamente non le possiamo aiutare .
Diamo qualche consiglio a chi legge, cosa fare se si subisce violenza?
Innanzitutto rivolgersi ad un centro antiviolenza perché possiamo spiegare alla donna che strumenti ha a disposizione per difendersi, quali sono i suoi diritti, perché come abbiamo visto tra le maggiori paure c’è ancora quella di perdere i figli. In questi casi spieghiamo loro che la denuncia non comporta in automatico la sottrazione dei figli, anzi questi vengono messi in sicurezza e questa cosa dalle donne è molto apprezzata. Poi non dimenticate che il compito di un Centro antiviolenza è proprio offrire sostegno alle donne. Spesso capita che le vittime non abbiano nessuno o addirittura vengano allontanate dal nucleo familiare, perché c’è ancora quella mentalità per la quale la famiglia va preservata sempre e comunque. Ecco, in tutti questi casi noi torniamo a dire a tutte le donne che non sono sole, noi ci siamo per loro.
È importante anche rivolgersi alle forze dell’ordine?
Certamente, anche perché è palese ormai che la violenza quando si è scatenata non si ferma spontaneamente, anzi c’è sempre un escalation in peggio, quindi è opportuno che queste donne chiedano aiuto. Io dico sempre che <<si aiutino da sole>> perché innanzitutto è importante maturare l’idea di avere diritto all’aiuto, perché se non lo fanno loro non lo può fare nessuno al loro posto. Poi chiedere aiuto concretamente, perché parlarne soltanto non porta a niente, anzi peggiorerà le cose. L’importante è che loro capiscano che si sono altre donne pronte ad aiutarle, è proprio questo che abbiamo detto ad una delle vittime che abbiamo assistito questa settimana durante una delle quattro emergenze. Eravamo in tante davanti a lei, psicologhe, avvocate, operatrici dicendole, “lo vedi quanta gente si sta muovendo per te, lo vedi che non sei sola?” e questo è il messaggio che vogliamo far passare, il resto dipende da loro e dalla volontà di far finire le violenze definitivamente.
Nadia Germano Bramante