Orate a tutta forza, dalla Sicilia a Malta: ci abbiamo riso su, ma ora un’azienda sta per chiudere
Il forte maltempo di fine febbraio ha distrutto le gabbie di allevamento della Acqua Azzurra, a Pachino. I danni sono stati talmente ingenti che si sta per calare la saracinesca, mandando a casa un centinaio di lavoratori
(14 marzo 2019)
Non era la prima volta che accadeva, e quando le grosse orate, pochi giorni fa, hanno iniziato a finire a chili nelle reti dei pescatori siciliani molti hanno sorriso pensando a guadagni facili, altri hanno fatto scorta per mesi spendendo meno della metà e altri ancora non riuscivano a credere ai propri occhi. Dalla costa siracusana a Scoglitti e Malta, dove, addirittura, i pesci sono finiti sul lungomare e sulle auto. Scene da film, mentre infuriava la tempesta. In realtà, però, c’era ben poco da ridere perché tutto quel pesce proveniva da un’azienda e il danno è stato così enorme che adesso Acqua azzurra, questo il suo nome, è pronta a gettare la spugna.
La fortissima ondata di maltempo abbattutasi il 23 e 24 febbraio sulle provincie di Siracusa e Ragusa, con mareggiate e raffiche di vento superiori a 90 km/h sul litorale a sud est dell’isola, ha fatto volar via tetti e spezzato alberi, ma a subire le conseguenze peggiori è stato lo storico impianto di contrada Vulpiglia, a Pachino, da 25 anni in servizio e divenuto un’eccellenza nel settore dell’acquacoltura. Devastati gli impianti in acqua, con il danneggiamento di gran parte delle gabbie di allevamento.
(Ecco cosa è successo a Malta)
Si parla di danni per circa 20 milioni di euro e della questione sono già stati investiti il presidente della Regione, Nello Musumeci, gli assessori al Lavoro, Antonio Scavone e all’Agricoltura e Pesca, Edy Bandiera; adesso si attende il passaggio alle Commissioni Attività produttive e Lavoro all’Ars. Sul tavolo la vertenza riguardante il futuro dei 98 lavoratori di Acqua azzurra, (52 con contratto a tempo indeterminato e 46 a tempo determinato, ma a pieno regime di produzione si è arrivati anche a 115-120 lavoratori), ai quali la direzione dell’Azienda è intenzionata a far pervenire la lettera di licenziamento. Maggiormente colpite dalle mareggiate di febbraio le gabbie di allevamento del pesce a mare, su 34 ne sarebbero rimaste integre solo 5 o 6, praticamente più di 1500 tonnellate di pesce fuoriuscito ed andato perso nella tempesta. Un’ulteriore sentenza, ma questa volta senza appello, ai danni dall’azienda Acqua Azzurra, già fortemente provata dai danni del maltempo nella stagione 2013-2014.
Per i prossimi mesi lo stabilimento di produzione e lavorazione a terra dovrebbe continuare a smaltire quanto salvato dalla furia del maltempo, ma per entrare nuovamente nel ciclo produttivo ci vorrebbero almeno 24 mesi, quel che è certo è che restano non più di centoventi giorni per completare le ultime formalità e chiudere. Al momento, infatti, l’altra certezza è che l’azienda non potrà permettersi nemmeno di pagare l’ultimo stipendio maturato. “L’azienda ha ragione perché il danno l’ha avuto, specialmente a mare, dove comunque qualcosa è rimasto, ma non si può pensare di chiudere improvvisamente – spiega Giovanni Brancato, tecnico di avannotteria con 23 anni di servizio alle spalle – consideri che qua con le vasche siamo in piena produzione e se nel giro di 24 ore non si presentasse nessuno i pesci morirebbero. Avremo un incontro la prossima settimana con la direzione per capire le sue intenzioni, ma da un primo incontro fatto anche con il sindacato non ci è sembrato che avessero intenzione di tornare indietro. Prima della tempesta, – spiega ancora Brancato – eravamo a pieno regime con la produzione, gli stipendi erano regolari, ma adesso, con decine di milioni di danni e i debiti comunque già presenti, capisco che sia difficile ripartire. Nel passato abbiamo avuto brutti periodi, nel 2012 è capitato che la proprietà ci abbia rimesso di tasca propria, e ne siamo sempre venuti fuori, ci siamo rialzati. Da due-tre milioni di danni ti riprendi, ma 18 sono veramente troppi. Nonostante questo, io credo nella società e spero che abbia la volontà di ripartire, ma se non sarà aiutata non potrà avere la forza per farlo”.
Dallo stabilimento a terra agli impianti a mare, però, la musica cambia parecchio, e ce lo racconta Santo Denaro, sommozzatore con 20 anni di servizio. “La situazione non è bella, sia dal punto di vista economico che dei rapporti con i lavoratori. Certo, il danno è stato ingente e senza aiuti l’azienda licenzierà anche quelli a tempo indeterminato. Qui è andato perso l’80% del prodotto, e consideri che questo coinvolge anche i lavoratori dell’indotto che ruota attorno a questa produzione”.
Se l’azienda volesse andare avanti con i licenziamenti come vede il suo futuro?
“A 48 anni non ci sono certo tante prospettive, né a Pachino né in Sicilia, onestamente non so quale siano per me le prospettive, ancora me lo sto chiedendo, anche perché questo so fare e lo faccio da sempre”.
Avete pensato di inscenare azioni di protesta?
“In realtà, è come se ancora non riuscissimo a crederci, anche perché abbiamo superato altri momenti di crisi e quindi siamo speranzosi e fermi ad aspettare questa benedetta lettera. Sono convinto che se questa azienda dovesse chiudere, e dovesse nascere, nel frattempo, un’altra di società, finiremo tutti a casa e la nuova impresa farà le sue scelte che, secondo me, non saranno le assunzioni a tempo indeterminato”.
A riassumere la situazione è il segretario Flai CGIL Domenico Bellinvia. “Servono 8-10 milioni di euro per convincere l’Acqua Azzurra a non chiudere. Da quello che sappiamo, l’azienda si sta già muovendo per sollecitare l’aiuto del Governo regionale (già incontrato il presidente Musumeci) e nazionale. Noi, invece, abbiamo chiesto di incontrare le Commissioni regionali al Lavoro e alle Attività produttive. La prima perché, da qui a 24 mesi, l’azienda andrà a regime ridotto e si dovranno cercare soluzioni per sostenere i lavoratori; nel contempo, però, bisognerà studiare delle misure nei confronti dell’azienda. Dopo il riconoscimento dello stato di calamità naturale, con una legge ad hoc si potrebbe programmare un alleggerimento erariale, con lo sblocco delle cartelle e la rateizzazione delle imposte. Dopo l’audizione in commissione Lavoro e Attività Produttive ci rivedremo con la dirigenza dell’Acqua Azzurra per capire le sue intenzioni”.
La posta in palio è alta e Bellinvia non ne fa mistero. “Non dimentichiamo che se quest’azienda chiude – conclude – non sarà un dramma solo per i lavoratori (circa 100 famiglie), ma coinvolgerà a cascata tutto l’indotto legato ad essa (altri 150 nuclei familiari) e quindi l’intera economia della città di Pachino”.
Nadia Germano Bramante