Lucca Sicula ha la sua panchina rossa, per dire no alla violenza sulle donne e al femminicidio
Questo è anche il titolo del convegno organizzato dal Comune e dal Senato della Repubblica, in collaborazione con lo Sportello antiviolenza “Fenice” del Tribunale di Sciacca
(27 novembre 2019)
Un tavolo composto da professionisti di grande spicco ha animato il dibattito di sabato scorso presso Palazzo Locascio, a Lucca Sicula. “Panchina rossa contro il femminicidio. Parliamone” è il titolo del convegno organizzato dal Comune e dal Senato della Repubblica in collaborazione con lo Sportello antiviolenza “Fenice” del Tribunale di Sciacca. Questo incontro, ha precisato il sindaco Salvatore Dazzo, “è stato voluto fortemente dalla quota rosa della mia amministrazione”. Al cospetto di un nutrito pubblico, tra i quali erano anche presenti il Capitano della Compagnia dei Carabinieri di Sciacca e l’Ispettore della Questura di Agrigento, e coordinati dal giornalista Calogero Parlapiano, hanno preso la parola il senatore Rino Marinello; la vice presidente della Commissione d’Inchiesta sul Femminicidio, la senatrice Cinzia Leone; il presidente della Camera Penale del Tribunale di Sciacca, l’avvocato Antonino Augello; la responsabile dello Sportello antiviolenza “Fenice” del Tribunale di Sciacca, la dott.ssa Elina Salomone; la psicologa Alessandra Maniscalco e lo psichiatra Paolo Libassi. All’evento hanno preso parte anche alcuni studenti dell’Istituto comprensivo Roncalli.
Dopo il dibattito, i presenti si sono spostati presso lo spiazzale sul quale si affacciano la scuola, il parco giochi e la palestra comunale dove è stata scoperta una panchina di colore rosso a memoria delle vittime di femminicidio e per ribadire il proprio “No” alla violenza contro le donne.
Sono state due ore interessanti quelle passate all’interno del palazzo settecentesco, durante le quali ognuno dei relatori ha parlato di femminicidio e di violenza sulle donne dal punto di vista delle proprie competenze professionali. Tali interventi hanno più volte ribadito il fatto che la violenza sulle donne è un fattore culturale che coinvolge tutte le classi sociali. Il primo passo da fare nel senso della prevenzione è parlarne: parlarne con i giovani nelle scuole, parlarne in famiglia, parlarne con chiunque e in ogni occasione. Negli ultimi anni il fenomeno della violenza sulle donne è in crescita, ma questo dato in tal caso non è allarmante in quanto è direttamente proporzionale all’aumento delle denunce. Grazie alla nuova legge “Codice rosso” le donne che decidono di denunciare il proprio maltrattante si sentono più tutelate nei diritti anche da una maggiore celerità dei tempi giudiziari. Tuttavia, ancora tanto c’è da fare. Come ha affermato l’avvocato Augello, “dobbiamo creare sempre più le condizioni affinché la donna possa sentirsi ancora più tutelata in seguito alla denuncia” e, inoltre, non dobbiamo sottovalutare il ruolo importante dell’avvocato, il quale “ascolta senza giudicare”. Bisogna agire soprattutto sulla cultura. Risale a poche ore fa la pubblicazione da parte dell’Istat dei dati relativi a quella che è stata definita dalla senatrice Leone “una piaga sociale”. È aberrante leggere che se la donna al momento della violenza, era ubriaca o drogata oppure vestiva in maniera non del tutto sobria, potrebbe aver provocato lei stessa il fatto o, almeno in parte, potrebbe essere stata consenziente. Allo stesso modo, scioccante è leggere, sempre tra i risultati della ricerca Istat, che se tra le donne il primo motivo alla base di una violenza di coppia è il fatto che l’uomo considera la compagna come un oggetto di proprietà (84,9%), per gli uomini, invece, è l’abuso di sostanze stupefacenti o di alcool (74%), come se fosse quasi un’attenuante.
Diversità di opinione ha suscitato, durante la conversazione lucchese, il tasto “uomini maltrattanti”. Da una parte la senatrice Leone ha ribadito il fatto che coloro che si sono macchiati di violenza sulla propria donna, anche nel caso di omicidio, “non vanno messi in carcere e basta; vanno rispettati nella propria dignità umana e perciò vanno aiutati e rieducati”. Sempre la senatrice, ha fatto presente le pessime condizioni delle carceri siciliane e ha dichiarato che all’interno di queste strutture i maltrattanti in questione “covano rabbia perché non sono rispettati”. Di impronta tecnica il pensiero del dottor Libassi, secondo il quale questi uomini sono malati per cui la pena da affliggere va considerata sulla base di questo elemento e devono essere coinvolte figure specifiche che possano aiutarli nelle fasi di recupero da questa “malattia”. Dall’altra parte, chiaro e preciso il punto di vista della dott.ssa Salomone: “il maltrattante non ha problemi e non è una persona malata”. A diretto contatto con storie di violenza presso lo sportello Fenice, la dottoressa ha precisato che vi sono vari tipi di violenza, da quella fisica con le botte e le percosse, a quella economica (“se mi lasci non hai un centesimo per tirare avanti e non hai neanche un posto dove stare”) e psicologica (“mio marito mi dice che sono stupida e incapace e forse lo sono davvero”). Purtroppo è anche testimone di molti casi in cui le donne, acquisendo coraggio perché esasperate, decidono di denunciare il proprio compagno, ma subito dopo si pentono e, anzi, tendono a giustificarne il comportamento e ad auto-colpevolizzarsi (“forse sono stata troppo aggressiva e l’ho provocato”).
È a questo punto, ha aggiunto la dott.ssa Maniscalco, che la donna è entrata nel circolo vizioso della violenza: l’uomo gestisce tutto quello che la riguarda e ha il pieno controllo della sua vita, ormai lei è isolata dal mondo e nel frattempo lo giustifica con “sono sua moglie e, come in tutte le coppie, mi tocca sopportarne i lati negativi”. Inoltre, c’è da tenere in considerazione anche l’atteggiamento – momentaneo – dell’uomo nel momento in cui la propria compagna decide di non sottostare più a quella situazione: per paura di essere denunciato, fa un passo indietro e diventa più docile, “cerca di assumere nei suoi confronti lo stesso comportamento che aveva in tempi passati, le aggiusta le cose che in un momento di rabbia le aveva rotto, le regala magari un nuovo cagnolino dopo che le aveva maltrattato o, addirittura, ucciso quello precedente”. Grazie alle domande rivolte dagli studenti del Roncalli alla senatrice Leone, siamo venuti a conoscenza del fatto che si sono verificati episodi di violenza anche in coppie di adolescenti dovuti soprattutto al fattore gelosia e che la maggior parte dei casi registrati in Italia hanno avuto luogo a Milano e in Sicilia. Secondo i dati della Questura riportati dal giornalista Parlapiano, l’80% delle volte la violenza è stata perpetrata da uomini italiani nei confronti di donne della stessa nazionalità e in ambiente familiare.
Spunti di riflessione potrebbe concedere l’intervento del senatore Marinello. Egli ha raccontato di essere stato molte volte in Africa in qualità di medico e che “lì la donna è considerata quasi una schiava dell’uomo, tuttavia loro parlano di «Mamma Tanzania» e questo per indicare che, nonostante la sua condizione di inferiorità rispetto all’elemento maschile, essa è al centro dell’universo, colei che dà la vita e che ha generato la terra sulla quale loro stessi camminano e che gli permette di vivere”; “è necessario avere rispetto reciproco, la donna verso l’uomo e l’uomo verso la donna”.
A dibattito concluso, la senatrice Leone si è fatta carico di presentare presso la Commissione d’Inchiesta sul Femminicidio tutte le istanze avanzate durante l’avvenuta conversazione, al fine di migliorare l’iter procedurale, di potenziare il sostegno alle vittime e gli enti di supporto sul territorio locale e nazionale.
Maria Concetta Bellavia