L’Albergo diffuso arriva anche ad Alessandria della Rocca: se avete case inutilizzate, potete farvi avanti
Entro il 10 dicembre, i cittadini del piccolo centro agrigentino guidato dal sindaco Giovanna Bubello, possono presentare presso l’Ufficio protocollo il modulo relativo alla manifestazione di interesse e l’inclusione di immobili di proprietà privata in una rete ricettiva nel centro storico
(6 novembre 2019)
Dopo Santo Stefano Quisquina arriva anche ad Alessandria della Rocca (entrambi in provincia di Agrigento) l’Albergo diffuso. Nei giorni scorsi è stato pubblicato l’avviso pubblico sulle piattaforme social e sul sito del comune. Entro il 10 dicembre i cittadini del piccolo centro agrigentino guidato dal sindaco Giovanna Bubello, possono presentare presso l’Ufficio protocollo il modulo relativo alla manifestazione di interesse e l’inclusione di immobili di proprietà privata in una rete ricettiva nel centro storico. Punto di riferimento di questo progetto è l’architetto Giuseppe Adamo, consulente per lo sviluppo turistico del comune, al quale è possibile chiedere informazioni tramite il numero 347-5963469.
Ma cos’è l’Albergo diffuso? Sul sito ufficiale dell’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi si legge “è una tipologia di recente diffusione in Italia ed Europa, nata dall’idea di utilizzo a fini turistici delle case vuote ristrutturate coi fondi del post terremoto del Friuli (1976). Il modello di ospitalità “albergo diffuso” è stato messo a punto da Giancarlo Dall’Ara, docente di marketing turistico ed è stato riconosciuto in modo formale per la prima volta in Sardegna con una normativa specifica che risale al 1998”. In parole povere, i cittadini interessati, i quali sono in possesso di case vuote inutilizzate nel centro storico o – comunque – non molto distante da esso, possono metterle a disposizione dell’ente (nel nostro caso il comune) che ne cura l’organizzazione. La gestione di più stabili vicini tra loro deve essere unitaria e in grado di fornire i sevizi standard di tipo alberghiero. L’albergo diffuso, infatti, risponde a determinati criteri e requisiti, quali: la gestione in forma imprenditoriale e professionale, la preesistenza dei suddetti edifici, la presenza di locali adibiti a spazi comuni per gli ospiti, l’omogeneità dei servizi, l’identità definita e uniforme della struttura, la presenza dell’albergo diffuso all’interno di una comunità ospitante e la sua integrazione con essa e con il territorio circostante.
Come recita il comunicato del comune “la volontà di promuovere la realizzazione di un’ospitalità diffusa è una priorità per la valorizzazione turistica del centro abitato”, “per realizzare tale obiettivo, è necessario il concorso e la partecipazione di tutti i cittadini delle unità immobiliari”. Sono soprattutto i piccoli centri a prediligere questa nuova soluzione turistica, grazie alla quale tutto il centro cittadino diventa un “paese albergo”. Essa si integra con il borgo esistente senza la necessità di dover creare nuove strutture da adibire allo scopo e unisce le potenzialità già presenti nel territorio in questione contribuendo a coniugare la valorizzazione dello stesso e la lotta contro il suo spopolamento. Inoltre, se opportunamente integrato in una gestione complessiva dell’accoglienza turistica può diventare un punto di snodo a cui possono fare riferimento gli esercizi commerciali.
Da qualche decennio stiamo assistendo alla diffusione di una tipologia di accoglienza turistica che interessa, in particolar modo, i piccoli centri cittadini. Un esempio è il cosiddetto “turismo esperenziale” grazie al quale i visitatori vengono catapultati nel quotidiano dei gesti e delle attività tipici del borgo che stanno visitando. Non si tratta più semplicemente di girare per le strade mentre la guida al seguito con voce asettica e apatica recita “alla vostra destra potete ammirare…” “alla vostra sinistra è presente…”. Nel caso dell’albergo diffuso, protagoniste diventano le vecchie case ormai vuote e senza vita degli antenati o di coloro che ormai da tanto tempo si sono trasferiti chissà dove. Esse possono finalmente riaprire i battenti e, dopo aver tolto la polvere dai mobili o dal giradischi o dai vecchi servizi in porcellana e aver ricollocato il solito centrino all’uncinetto sulle spalliere di divani e poltrone, riprendono luce e vita per accogliere gente pronta a scoprirne odori e colori.
Maria Concetta Bellavia