Fava, dalle Iene a Comiso non un’intervista ma un’aggressione. E la registrazione finisce alla Procura di Ragusa
Ecco il contenuto della registrazione
(12 febbraio 2020)
Sarà la Procura di Ragusa a dovere esaminare la denuncia inquietante presentata da Claudio Fava, presidente della commissione antimafia dell’Ars, il quale domenica sera a Comiso – ha riferito – è stato avvicinato in un albergo “da un giornalista delle Iene che mi ha proposto un’intervista sul caso Antoci. Intervista che ho concesso di buon grado (pur non essendo mai stato avvertito della loro visita). Ma la sedicente “intervista” si è rivelata subito essere altro: 84 minuti di mobbing violento nelle forme, falso nei contenuti, minaccioso nei toni. Nella forma si è trattato – prosegue Fava – di una calunniosa aggressione che non prevedeva alcuna domanda ma solo provocazioni (“Avete dato al miccia ai mafiosi…”, “avete messo in bocca ai testimoni…”, “avete masciariato…”, “avete scritto solo stronzate…”). Nella sostanza, l’operazione appare come un’autentica intimidazione, un avvertimento a non occuparci più di questa vicenda”.
Così si è espresso Fava in una conferenza stampa nella quale ha fatto sapere di avere inviato la registrazione audio dell’intervista alla Procura di Ragusa e alla Dda di Catania.
Il ‘colloquio’ tra l’inviato delle Iene e Fava attiene alla vicenda dell’attentato all’ex presidente dell’ente Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci e ai tanti dubbi che sono emersi in proposito e dei quali si è occupata la Commissione Antimafia regionale presieduta da Fava. Su quell’attentato si sono stagliate delle ombre anche in relazione alla morte di due poliziotti avvenuta successivamente e per cause ufficialmente estranee ma che ha suscitato dubbi e interrogativi. Fava è stato investito da un ciclone di accuse e polemiche per avere dato corso a domande di verifica e approfondimento in relazione non solo al caso-Antoci ma anche a quello costituito dalle denunce, da parte del giornalista Paolo Borrometi, di minacce, aggressioni e progetti di attentati nei suoi confronti.
Di seguito è riportato il contenuto delle registrazioni:
Senza commenti.
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CALUNNIOSO. Si accusa la commissione antimafia di aver manipolato le audizioni “facendo dire”
La commissione antimafia non “mascaria”. Tanto meno Antoci. Indicato nella relazione come vittima qualunque sia verità di quella notte: “Bersaglio della mafia nelle prime due ipotesi, strumento inconsapevole di una messa in scena nella terza” (pag.143)
Falso. Le dichiarazioni del dott. Gabrielli sono del 7 febbraio 2019 e non hanno nulla a che fare con la relazione della Commissione Antimafia, approvata il 2 ottobre 2019.
Falso. Esiste un paragrafo intitolato “La modalità mafiosa dell’agguato” in cui si riportano testualmente e per esteso le conclusioni del Gip (pag. 17 e nota 21).
L’interesse della Commissione e del suo Presidente, con buona pace della formulazione calunniosa di questa domanda, è specificato nell’introduzione della Relazione: “E’ stato questo, e solo questo, lo spirito della nostra indagine. Certamente non celebrativa nei toni, ma urgente, rigorosa e necessaria per il rispetto dovuto, al di sopra di ogni altro bene, alla verità Qualunque essa sia”.
FALSO. La relazione, nelle conclusioni, afferma che “delle tre ipotesi formulate il fallito attentato mafioso con intenzioni stragiste appare la meno plausibile”. (pag.143)
VERO. La relazione riporta le dichiarazioni di Manganaro e di Granata, rese dinnanzi all’A.G. (pagg.118-120), che dicono di non aver visto i lampi del fucile.
“Voi avete il coraggio di dire che non ci sono le telefonate” (25’.36”, file 2)
FALSO. La relazione riporta testualmente le dichiarazioni del vicequestore Manganaro che parla di “miliardi di telefonate” (pag.74). Riporta l’interrogatorio dell’assistente Granata che al PM dice di non aver fatto alcuna telefonata (pag.75). Riporta le dichiarazioni dell’assistente Proto che dice di aver fatto una sola telefonata ad un collega (pag.76)
FALSO. La relazione riporta tutte le dichiarazioni degli auditi (Manganaro, Antoci, Santostefano, Proto, Calì) in cui si parla di presenze sospette in ben due capitoli, “Le tensioni durante la cena” (pagg.41-47) e “Le vedette mafiose (pagg.47-54)
La relazione (che non “attacca” Antoci ma lo considera, semmai, vittima in ciascuna delle tre ipotesi – pag.147) è stata approvata all’unanimità con il voto favorevole dei rappresentanti di tutte le forze politiche presenti nell’Ars. Né “attacchi” né “politica”.
Falso. La Commissione Antimafia si è recata a Messina ed ha ascoltato il procuratore Maurizio De Lucia, il Procuratore Aggiunto Vito Di Giorgio e il Procuratore Generale Vincenzo Barbaro (pag.3)
VERO. L’episodio è riferito dal sindaco Calì in audizione.
FALSO. Sono stati dati al dottor Antoci i resoconti integrali delle audizioni ostensibili, quelle non coperte da segreto o non acquisite dall’A.G.
Nessuna fake. Lo conferma in audizione alla Commissione l’allora capo della squadra mobile di Messina Anzalone: “Fu una codelega. Ricordo che fu oggetto di discussione la partecipazione o meno del personale del commissariato, compreso il dirigente, alle indagini…”. Sull’opportunita di codelegare le indagini anche al commissariato di S.Agata di Militello, in audizione l’ex questore di Messina Cucchiara risponde CUCCHIARA: “Presidente, è una domanda che andrebbe posta all’autorità giudiziaria, mi mette in difficoltà con questa domanda…”. PRESIDENTE: “Le chiedo allora se le è capitato in altri casi”. CUCCHIARA: “Raramente. Forse mai.” (pagg.85-86)
FALSO. Come recita la relazione nell’introduzione “Nessun anonimo, ovviamente, è stato preso in alcuna considerazione, mai letto né acquisito”.