Dal Brasile a Ragusa per diventare ‘italiani’, bloccati da 4 mesi. Sono discendenti di nostri emigrati
Vite sospese tra disagi e burocrazia: senza soldi, né lavoro, costretti a restare e a ‘mantenersi’. Esclusi anche dai bonus statali perché non ‘cittadini’. Il racconto di Janaina, titolare dell’agenzia che li assiste
(17 aprile 2020)
Venti brasiliani sono bloccati da quattro mesi in vari comuni della provincia di Ragusa dove erano venuti per poche settimane, al fine di perfezionale le pratiche per chiedere la cittadinanza italiana, assistiti dall’agenzia iblea ‘Rosso passaporto’ di Janaina Traversim. Avrebbero dovuto trascorrere qui solo qualche mese. E invece, a causa del lockdown sono costretti a rimanere in casa per un periodo di tempo indefinito.
Tra loro, coppie appena sposate, giovani in cerca di lavoro, persone i cui coniugi attendono di venire in Italia e pensionati che hanno lasciato figli e nipoti in Brasile. A tutt’oggi nessuno sa quando riprenderanno i voli internazionali e quando potranno ripartire. Un’odissea che rischia di avere conseguenze drammatiche dal punto di vista psicologico ed economico.
“C’è un primo problema – spiega Janaina – di ordine meramente pratico: queste persone hanno nel nostro staff l’unico punto di riferimento sul territorio, 24 ore su 24, per qualsiasi cosa. Dal cibo agli acquisti, dalle richieste d’informazione alle necessità di ogni giorno, fino al supporto morale e all’assistenza psicologica. Per Pasqua, per esempio, la connessione internet in alcune zone ha smesso di funzionare e abbiamo dovuto prontamente fornire delle schede telefoniche perché potessero fare gli auguri ai familiari oltre oceano”.
Poi c’è un secondo problema, di natura burocratica. “Con il funzionamento degli uffici comunali a regime ridotto, le pratiche per la cittadinanza hanno subito un rallentamento notevole. Normalmente occorrono 4-6 mesi. Così non sappiamo quanto tempo potrebbe volerci”.
Collegato al precedente, è il problema economico. “Alcuni – prosegue – hanno denaro sufficiente per 4-6 mesi. Pensavano di dover rimanere senza lavorare solo il tempo necessario a ottenere la cittadinanza e che poi avrebbero trovato un impiego o che sarebbero tornati in Brasile. In realtà non possono fare nulla di tutto ciò. Anche se qualcuno volesse lavorare nei settori ancora aperti, il permesso di soggiorno per attesa di cittadinanza non glielo consente. Intanto, però, devono sostenere spese (affitto, utenze, ecc.) per un periodo più lungo del previsto. E non si sa quanto durerà. Dal momento che non sono ancora cittadini italiani, non hanno diritto a bonus o altri sussidi statali. Grazie alla sensibilità dei funzionari comunali sono stati inseriti in un elenco di soggetti che ricevono aiuti dalla Caritas e da associazioni private. Ma è poca cosa. In ogni caso, stiamo cercando di ottenere dai proprietari degli immobili una dilazione nel pagamento degli affitti». Certo, vi sono delle felici eccezioni. «Tra gli ospiti, c’è anche un architetto che ha continuato a lavorare a distanza: sta ultimando la progettazione, con altri, di un ospedale a New York”.
Ma è anche la mancanza di assistenza sanitaria a preoccupare gli ospiti brasiliani. “Finché i comuni non completeranno l’iter della residenza – afferma Janaina – i miei assistiti non avranno diritto al medico di base. Solitamente occorro 20 giorni. Al momento, con la polizia municipale (alla quale competono le verifiche sulle residenze, ndr) impegnata a far rispettare le misure del decreto governativo, i tempi si allungano indefinitamente. Per farsi prescrivere un medicinale devono contattare l’ASL che deve autorizzare la farmacia. L’ASL è oberata di lavoro e non sempre risponde in tempi celeri. Il fatto di non potersi affidare a un medico di famiglia o di non conoscere le procedure sanitarie è motivo di ansia e apprensione per i miei assistiti che spesso in Brasile godono di un’assistenza medica privata, di qualità”.
Infine, questa situazione sta creando problemi di ordine psicologico-affettivo a quei brasiliani che vedono frustrata l’attesa di potersi ricongiungere con i propri cari qui in Italia, già programmata per marzo. Per chi vive qui da solo, la famiglia è un pensiero costante. E angosciante. “In Brasile non c’è lockdown. Lì stanno ancora lavorando, nonostante il Covid-19 – spiega Janaina – Ieri, 16 aprile, abbiamo ricevuto la comunicazione che una nostra cliente, da un mese rientrata dall’Italia, è deceduta in Brasile a causa del Coronavirus. Fino a lunedì aveva partecipato alle nostre lezioni di italiano online. I familiari bloccati in Italia non hanno potuto darle l’ultimo saluto. Abbiamo subito attivato una rete di sostegno, mandando dei fiori ai parenti in Brasile”. Tutto ciò accresce la preoccupazione di chi è rimasto qui. Video chiamate e chat sono rese difficoltose dalla differenza di fuso orario tra i due paesi. Le ore 18 in Brasile corrispondono alle 23 da noi.
Questo groviglio di problemi, unito alla generale incertezza del futuro, sta causando perdita del sonno, stress, frustrazione, ansia e paura. “Cerchiamo di gestire al meglio la situazione con un’offerta di corsi online di lingua e cultura italiana, ma anche incontri digitali con psicologi, coach e perfino broker finanziari per capire come investire al meglio i risparmi in questa difficile congiuntura”.
Ma c’è anche chi ha dovuto rinunciare, almeno per quest’anno, al sogno della cittadinanza italiana. “Ad aprile c’erano 15 famiglie pronte a trasferirsi per sempre in Italia. Tra loro, anche persone che hanno lasciato il lavoro, venduto tutto, case e aziende, per venire nel nostro paese – conclude Janaina – E ora si ritrovano bloccati in Brasile, senza casa e senza più lavoro, continuando a pagare in Italia l’affitto dell’appartamento che avevano già prenotato”. Intanto, il Real – la moneta brasiliana – continua a svalutarsi rapidamente. E chi aveva messo da parte dei risparmi per trasferirsi nella terra degli avi, rischia di veder svanire il proprio sogno.