Covid-9, stop a ordinanze in contrasto con norme statali. Come faranno De Luca e Abbate?
Una circolare del ministro degli Interni vieta ogni difformità (torna possibile per esempio anche in Sicilia l’attività motoria individuale nei pressi dell’abitazione) e ne affida il controlli ai prefetti
(28 marzo 2020)
Il ministero dell’interno sbarra la strada a presidenti di regione zelanti e a sindaci scenici e pittoreschi. E così, solo per fare qualche esempio, Cateno De Luca a Messina dovrà rientrare nelle ‘catene’ delle direttive nazionali e Ignazio Abbate a Modica dovrà contenere certe sue tentazioni che lo hanno diagnosticato infetto da ‘ordinanzite’ acuta. E anche Musumeci dovrà adeguarsi perché, nell’ambito oggetto di specifica normativa nazionale, non potrà derogare dalle disposizioni nazionali come ha fatto per esempio vietando ogni attività motoria individuale anche nei pressi della propria abitazione.
Il nuovo corso è contenuto nella nuova circolare del ministro dell’Interno che vieta a Regioni e Comuni di emanare provvedimenti in contrasto con le norme statali. Ai prefetti il controllo.
Il Governo punta all’uniformità su tutto il territorio nazionale delle misure restrittive per evitare i contagi da coronavirus. Lo aveva annunciato il premier Giuseppe Conte illustrando l’ultimo decreto legge n.19 entrato in vigore il 26 marzo e adesso il ministero dell’Interno ha pubblicato le istruzioni operative per gli Enti locali: in pratica i sindaci non potranno emettere ordinanze in contrasto con le norme statali.
La circolare è già operativa ed è online sul sito del ministero. Il documento – che ha valore di direttiva del ministro alle proprie articolazioni amministrative sul territorio – contiene le indicazioni per la corretta applicazione del decreto legge fornite dal Viminale ai prefetti, nella loro qualità di uffici territoriali di governo, coinvolti in primo piano nella gestione dell’emergenza.
Tra i punti evidenziati dalla circolare, firmata dal capo di Gabinetto del ministro Matteo Piantedosi, c’è “il potere del prefetto, introdotto dall’articolo 1, comma 3, del decreto legge, di imporre, per la durata dell’emergenza, lo svolgimento delle attività che non sono oggetto di provvedimenti di sospensione in base alla nuova normativa, e delle quali sia assolutamente necessario assicurare l’effettività e la pubblica utilità”.
“Questo potere – ricorda la circolare – va esercitato dopo una prudente valutazione dei presupposti, ancora di più nel segno della “delicata funzione di contemperamento tra l’esigenza di garantire la continuità di servizi di pubblica utilità e il rispetto della libera iniziativa individuale, tanto che la norma stessa ha previsto espressamente la necessità della preventiva e informale consultazione delle parti sociali interessate”.
In tale quadro “è altresì stabilito che, nell’ambito delle misure di cui all’art. 1, comma 2, le Regioni e i Comuni potranno dispone prescrizioni più restrittive rispetto a quelle statali, esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza che le stesse possano in alcun modo incidere sulle attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale”.
“Si segnala, inoltre – prosegue la circolare – la disposizione che precisa che i sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali. Tale ultima norma recepisce la ratio dell’articolo 35 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, che viene, dunque, abrogato”, conclude la direttiva.
Da qui, dunque, il divieto imposto dal Governo per i sindaci ad andare oltre i limiti restrittivi stabiliti dal decreto legge a livello nazionale, che non possono essere oltrepassati, come accadrebbe se le ulteriori prescrizioni di qualche Comune dovessero contrastare con quelle stabilite dal decreto legge. In tal caso esse non avrebbero validità per cittadini, negozi e imprese. Il compito di controllare ed assicurare il rispetto di queste prescrizioni spetterà ai prefetti dislocati in ciascuna provincia d’Italia.