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Coronavirus, tanti medici per l’eparino-terapia: anche in Sicilia evidenze scientifiche della nuova strategia-lampo

Nostre testimonianze da vari Covid Hospice dell’isola. Non basta la scomunica di Burioni: ora non ha di fronte i gruppi social di genitori dei compagni di scuola e di calcetto

(14 aprile 2020)

Da giorni migliaia di medici si scambiano informazioni sulla loro esperienza nella trincea anti-Covid condividendo le valutazioni contenute in una lettera di un cardiologo di Pavia bollata come fake e circolata sui social. Possibile che l’autore di quella lettera non sia un cardiologo e non sia di Pavia (soprattutto se ha preferito non esporsi pubblicamente) ma una cosa è certa. Tanti medici – veri, in carne e ossa, e in prima linea nell’emergenza – ne condividono l’assunto e stanno cercando di costruire una rete per poi, quando ve ne saranno le condizioni, esprimere pubblicamente un punto di vista e suggerire una strategia.

Il tema è quello dell’uso di antinfiammatori e anticoagulanti per combattere il virus appena entra nell’organismo dei contagiati, piuttosto che riporre ogni possibilità – spesso tardiva – sul versante respiratorio. Centrale in questa terapia d’attacco-lampo al Covid-19 sarebbe l’eparina, fluidificante del sangue che previene la formazione di coaguli sanguigni anomali, in quanto sono i trombi gli alleati più preziosi di questo coronavirus-killer, secondo le rilevazioni degli specialisti italiani dopo le prime autopsie effettuate sui cadaveri infetti.

La – vera o presunta – lettera del cardiologo di Pavia è stata bollata come fake, con sentenza ‘immediatamente esecutiva’ in diretta fb e sulle tv a reti unificate, da Roberto Burioni, virologo e docente dell’Università Vita-San Raffaele, quella galassia di ospedali, centri scientifici e affari fondata da Luigi Maria Verzè, il presbitero-imprenditore condannato per corruzione e abuso edilizio, incriminato per vari reati fino al crac da oltre un miliardo di euro della sua ‘creatura’, folgorato da Silvio Berlusconi fin suoi primi affari del mattone, al punto da avere definito un ‘dono di Dio’ la sua successiva ‘discesa in campo’.

Dunque per Burioni solo sciocchezze. Ma il punto non è la veridicità formale di quella lettera, bensì il suo contenuto. Sul quale convergono da settimane migliaia di medici, anche negli ospedali siciliani.

Lo abbiamo verificato, consultando diverse fonti e ottenendo il convincimento della fondatezza della tesi.

E’ scandagliando il corpo umano che anatomopatologi, su suggerimento di altri specialisti come cardiologi e neurologi, hanno fatto una scoperta che potrebbe cambiare lo scenario: “Il problema principale non è il virus –  ci spiega da Palermo un medico stimatissimo di lunga esperienza – ma la reazione immunitaria che distrugge le cellule dove il virus entra. Il problema è cardiovascolare, non respiratorio. I pazienti vanno in rianimazione per tromboembolia venosa generalizzata, soprattutto, ma non solo, polmonare (sono attesi infatti anche gli esami autoptici sul cervello). Molti morti, anche quarantenni avevano una storia di febbre alta per 10-15 giorni non curata adeguatamente. L’infiammazione ha distrutto tutto e preparato il terreno alla formazione dei trombi. Non era facile capirlo perché i segni delle microembolie apparivano sfumati, anche all’ecocardio.

La ‘scomunica’ di Burioni, forte della sua popolarità, ha smontato forse l’identità del cardiologo pavese, ma non la concretezza e la fondatezza di quegli argomenti.

“In molti Covid Hospice  – ci dice un altro medico di indiscussa autorevolezza, in servizio in un’altra struttura sanitaria dell’isola – il Clexane, un’eparina antitrombotica, viene usato regolarmente da giorni perché tutti ne hanno visto gli effetti positivi. Se si riporta tutto alla prima fase dell’ingresso del virus nell’organismo e nella scelta di una terapia d’attacco per questa via, il problema acquista tutt’altra valenza rispetto a come lo abbiamo conosciuto finora.

Ma questa prospettiva deve fare i conti con la forza mediatica di Burioni, campione di follower, mezzo milione, tre volte i contagiati in Italia (e a loro deve dedicare il suo tempo di virologo) e con all’attivo centomila visite al mese sul sito web medical fact che lo celebra come inventore di una ‘lingua nuova, all’incrocio tra Scienza e social media’.

Scienza, appunto. Burioni, appunto, è un medico che spesso presenta ovvietà di medico come proprie folgoranti intuizioni.

Medici sono coloro che, a cestinaia, stanno mettendo in pratica l’esperienza della strage prodotta dal coronavirus. Un’esperienza concreta dalla quale ricavano l’insegnamento che bisogna agire prima con antinfiammatori e anticoagulanti e nessuno morirà mentre, quando il virus è già entrato da tempo nell’organismo e vive incontrastato, intubatori, ventilatori e rimedi respiratori spesso non bastano.

E così torniamo al contenuto della lettera del ‘cardiologo di Pavia’ e alle tante testimonianze raccolte tra coloro che medici lo sono, non meno di Burioni. Che se ha avuto buon gioco, giustamente, contro i ‘non pari grado’ dei ‘no vax’, su questo nuovo fronte il riconoscimento delle sue certezze che liquidano come sciocchezze ogni opinione diversa dalla sua se lo deve guadagnare sul campo. Il suo gioco gli può riuscire facilmente quando da medico, come egli stesso rivendica ad ogni intercalare, parla a non medici. Totalmente diversi sono questo caso e questo tema. ‘Se ne faccia dunque una ragione’ (copyright del suo nuovo supertifoso Matteo Renzi) se in questo caso non deve armeggiare sui social con il gruppo dei genitori dei compagni del proprio figlio a scuola o della squadra di calcetto.

Adesso, conta solo il merito dei fatti. E tanti medici – in alcuni casi lo abbiamo verificato direttamente – sono fermamente convinti che il cocktail che potrebbe sconfiggere definitivamente il morbo è costituito da anti-infiammatori (la letteratura scientifica, soprattutto cinese, affermava fino a metà marzo, che non bisognava usarli) e anti-coagulanti, una miscela che potrebbe farci tornare molto presto alla normalità. La nostra – spiegano gli ambienti della ricerca – è la più ampia casistica mondiale, poiché i cinesi hanno pubblicato praticamente quasi nessun report sulle autopsie. Ma gli studi sono comunque agli albori. Gli anatomopatologi hanno chiesto di procedere soprattutto per investigare i decessi di pazienti relativamente giovani, e altrimenti sani, aggiungendo quanti più dati possibili circa la data di esordio dei sintomi, le eventuali comorbilità, le terapie effettuate, il sistema di supporto di ossigeno, il passaggio in terapia intensiva, per capire quanto ci sia di pregresso nei polmoni disastrati esaminati e spiegarsi alcuni reperti anomali. Ma le terapie a base di eparina, di fatto in corso da qualche giorno, anche prima del via libera dell’Agenzia italiana del farmaco, hanno acceso l’entusiasmo. “Non vorremmo sembrare eccessivi – chiariscono i ricercatori – ma crediamo di aver dimostrato la causa della letalità del Coronavirus. Se così fosse non servono le rianimazioni e le intubazioni perché innanzitutto devi sciogliere, anzi prevenire, queste tromboembolie. Serve a poco ventilare un polmone dove il sangue non arriva. L’efficacia del trattamento terapeutico, poi, ci induce a ritenere che sia questo il motivo principale per cui in Italia le ospedalizzazioni si riducono, in Sicilia in misura maggiore della media. Sta diventando una malattia curabile a casa”.
Il prossimo passo sarà quello di adottare ufficialmente i protocolli terapeutici già seguiti. Anche in Sicilia, da Palermo, a Messina, a Catania, a Ragusa un gruppo di medici sta preparando un documento da sottoporre agli organi istituzionali e alle Autorità sanitarie. «La causa principale dell’aggravamento di una parte dei pazienti, fino a rendere necessario il ricovero nelle terapie intensive, sembra in effetti essere una attivazione potente del sistema coagulativo del sangue. In poche parole sembrerebbe che il virus scateni una reazione infiammatoria piuttosto intensa da parte dell’organismo, che a sua volta produrrebbe un danno delle cellule che rivestono i piccoli vasi sanguigni. Il danno, né più né meno di quando ci procuriamo una ferita, scatena la reazione coagulativa del sangue. Naturalmente, essendo il virus diffuso in larghe parti del nostro organismo, il tutto determinerebbe una microtrombosi diffusa. Le terapie in atto sembrerebbero fornire già ottimi risultati, che sarebbero ancora più importanti se questa terapia fosse instaurata precocemente, all’inizio del decorso. Già in molti ospedali si sta iniziando ad operare in tal senso e la pratica si sta diffondendo anche a livello territoriale perché i pazienti con i sintomi iniziali della patologia da Covid-19 potrebbero tranquillamente essere seguiti a domicilio riducendo drasticamente sia il numero dei ricoveri sia soprattutto l’incidenza di quelle severe complicanze che portano il paziente in terapia intensiva e spesso a morire».

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