Carola Rackete non ferma la Sea Watch. “Sfida tra Capitani” nelle acque di Lampedusa
"So cosa rischio - ha twittato -ma i 42 naufraghi a bordo sono allo stremo. Li porto in salvo". La Guardia di Finanza intima l'alt, ma la nave va avanti. Salvini furioso: "Sbruffoncella"
(26 giugno 2019)
“Basta, entriamo. Non per provocazione, per necessità, per responsabilità”. Così dal profilo twitter, la Sea Watch 3 ha annunciato l’intenzione di entrare nelle acque territoriali italiane e di forzare il blocco dopo 14 giorni di attesa, speranza, tavoli istituzionali e agonia. La comandante Carola Rackete ha aggiunto: “Ho deciso di entrare in porto a Lampedusa. So cosa rischio, ma i 42 naufraghi a bordo sono allo stremo. Li porto in salvo”. In due settimane, lamenta la ONG, “nessuna soluzione politica e giuridica è stata possibile, l’Europa ci ha abbandonati. La nostra Comandante non ha scelta”. La Guardia di Finanza e la Guardia Costiera hanno raggiunto la nave e intimato l’alt, ma l’imbarcazione va avanti scortata ed è ora proprio davanti alle coste dell’isola.
La situazione è rapidamente precipitata dopo la decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) di rigettare il ricorso avanzato da Carola Rackete e da alcuni dei migranti proprio per ottenere l’autorizzazione allo sbarco sulle coste italiane. “Sono disperati. Si sentono abbandonati. – aveva twittato nelle ultime ore la ONG – Ci hanno detto che la vivono come una negazione, da parte dell’Europa, dei loro diritti umani”.
L’organizzazione rischia adesso il sequestro della nave e una multa fino a 50.000 euro in base al decreto sicurezza bis. “Nessuna istituzione europea – ha aggiunto Johannes Bayer, presidente di Sea Watch – vuole prendersi la responsabilità e sostenere la dignità al confine dell’Europa nel Mediterraneo. Questo è il motivo per il quale ci siamo assunti la responsabilità per conto nostro. Entriamo nelle acque italiane dato che non è rimasta più nessuna altra opzione per assicurare la sicurezza dei nostri ospiti, i cui diritti fondamentali sono stati violati per un tempo sufficientemente lungo. La garanzia dei diritti umani non deve essere condizionata ad un passaporto o ad alcuna negoziazione Ue”.
Di tutt’altro genere le parole con le quali, ieri, il Viminale aveva commentato la decisione della Corte di Strasburgo. “Anche la Corte Europea conferma la scelta di ordine, buon senso, legalità e giustizia dell’Italia: porti chiusi ai trafficanti di esseri umani e ai loro complici. Meno partenze, meno sbarchi, meno morti, meno sprechi. Indietro non si torna” ha detto il Ministro dell’Interno Matteo Salvini. “Sappia che l’autorizzazione allo sbarco non c’è, schiero la forza pubblica, il diritto alla difesa dei nostri confini è sacra e pagherà fino in fondo” ha, invece, detto Salvini pochi minuti fa, definendo la Comandante Rackete “una sbruffoncella”, annunciando che non consentirà alla Sea Watch di approdare a Lampedusa e aggiungendo: “Se in Europa esiste qualcuno ora li dimostri, se c’è governo ad Amsterdam con un po’ di dignità lo dimostri”.
La notizia sta spaccando letteralmente l’opinione pubblica. Da un lato chi plaude al coraggio di Carola Rackete, che starebbe mettendo al primo posto la difesa della vita umana, dall’altro chi ne critica aspramente l’operato, parlando di una persona sprezzante delle regole di uno Stato che non è neanche il suo, con il solo scopo di creare un caso politico e un incidente diplomatico. I migranti, infatti, scrivono, avrebbe potuto portarli anche in un Paese più vicino o in un’altra nazione europea.
Valentina Frasca