Allarme incendi: un aiuto dal regolamento della Protezione Civile?
Intervista all’esperto ed ex disaster manager del Comune di Siracusa in pensione, Andrea Bisicchia, il quale spiega a Ialmo che gli incendi come quelli di mercoledì sono evitabili, adottando le necessarie misure di prevenzione
(12 luglio 2019)
Da ieri, nella zone colpite dai paurosi roghi che hanno funestato il mercoledì di fuoco appena trascorso (che potremmo senz’altro annoverare tra i giorni più caldi della stagione) oltre alla conta dei danni, con la cattura del presunto piromane responsabile degli incendi sviluppatisi tra Priolo e Melilli, si cominciano a palesare tutta una serie di criticità e responsabilità che senza dubbio hanno giocato un ruolo chiave nell’estendersi a macchia d’olio dell’incendio. Fiamme che, in altre circostanze e in condizioni di assoluto rispetto delle norme di sicurezza, avrebbero potuto rimanere strettamente circoscritte ed essere domate in poco tempo e soprattutto senza provocare danni a cose e persone. La situazione verificatasi nei territori di Priolo e Melilli non differisce molto da quella delle stesse ore alla Plaia di Catania ed in altre parti dell’isola, la concomitanza di due determinanti fattori d’innesco: l’intenzione dolosa di piromani senza scrupoli e la presenza incontrollata di sterpaglie incolte nella stragrande maggioranza dei terreni distrutti dalle fiamme.
A sollevare la questione è oggi l’esperto di protezione civile ed ex disaster manager del Comune di Siracusa in pensione, Andrea Bisicchia, che su quanto accaduto mercoledì non ha dubbi: “Non possiamo più considerare gli incendi boschivi come inevitabili e casuali eventi naturali, – spiega – e torna prepotente il concetto di complessità, ovvero di interazione tra fattori predisponenti (condizioni meteo-climatiche, morfologia del territorio e tipologia della vegetazione), cause determinanti (degrado ambientale, abbandono del territorio rurale, scarsa o nulla manutenzione boschiva) ed infine fattori di innesco (incidenti ed errati comportamenti colposi o atti incendiari volontari e dolosi)”. Per dirla in parole povere, ciò che accade e che provoca danni ingenti su tutto il territorio nazionale non solo non può considerarsi di tipo occasionale (i cambiamenti climatici sono ormai una realtà) ma, in virtù di una consolidata (e nota agli esperti del settore) sequenza di concause, gli eventi come quelli vissuti meno di 48 ore sono ampiamente evitabili adottando le necessarie misure di prevenzione previste dal regolamento di Protezione civile, strumento di cui ciascun Comune è chiamato a dotarsi. “Dati, ormai consolidati, – spiega ancora Bisicchia – raccontano un trend crescente in termini di superficie boschiva percorsa dal fuoco, di danni e vittime e di una estensione dei periodi di rischio. Infatti, quello che era per i paesi dell’area mediterranea un problema geograficamente puntale e temporalmente stagionale, sta divenendo un rischio a livello continentale (non solo Grecia, Spagna, Portogallo, Italia, ma anche Finlandia, Francia e Germania) e perdurante per tutto l’anno. In passato un incendio che distruggeva 25.000 ettari al giorno era considerato estremo. Secondo i dati odierni, gli incendi di ottobre in Portogallo hanno incenerito 220.000 ettari di foresta, un’area 22 volte più grande di Lisbona e ucciso più di 40 persone. Al loro apice, gli incendi boschivi bruciano ad una velocità di 10.000 ettari all’ora per 7 ore. E non si può usare la tecnologia per simularlo perché i modelli non possono prevedere la velocità di avanzamento del fuoco”.
Cosa si può misurare? “Dalle varie testimonianze che si sono raccolte specialmente dai vigili del fuoco si possono tirare alcuni parametri: la capacità di saltare ostacoli artificiali rilevanti (come le autostrade); l’amplificazione dei danni dovuti alla presenza diffusa di costruzioni abusive, alla nulla manutenzione boschiva, alla scarsa attenzione alla sicurezza (piani di emergenza, sistemi di allertamento, vie di evacuazione, etc…). Pensi che in Europa, negli ultimi 3 anni gli incendi hanno ucciso più persone, causando oltre 200 morti.. È ora che impariamo a convivere con loro”. Un’affermazione, quest’ultima, che farebbe pensare a una sorta di resa da parte dell’uomo nei confronti dell’ineluttabilità degli eventi, ma Bisicchia sostiene invece il contrario, riaffermando la necessità di una vera e propria rivoluzione in materia di Protezione Civile. Dobbiamo creare una cultura del rischio, – spiega – occorrono più stanziamenti a favore della prevenzione e soprattutto maggiori controlli da parte degli Enti preposti”.
Mi faccia un esempio…
Ogni anno si fanno ordinanze, come è giusto che sia, per la prevenzione degli incendi ma quelle ordinanze vanno fatte rispettare e lo si fa andando a controllare i terreni in questione. Un esempio su tutti, in viale Scala Greca ci sono quei terreni messi a disposizione dei cittadini per le coltivazioni, si fanno controlli sulla presenza di erbacce ?Dove ci sono boschi abbandonati e si scopre che sono invece di proprietà di tizio o di caio, perché non si bussa alla loro porta per chiedere conto dell’incuria in cui versa il loro terreno?! Purtroppo solo di ama il proprio terreno è così lungimirante da tagliare l’erba secca, lasciare i percorsi per far si che in caso di incendio le fiamme possano essere “tagliate” e non si propaghino in modo veloce. Le potenziali situazioni di pericolo sono ovunque, basta vedere i bordi delle autostrade, sulla Siracusa-Catania o verso Cassibile, sterpaglie a non finire ed piante cresciute a dismisura che limitano persino la visibilità, per non parlare delle piazzuole che dovrebbero essere illuminate e spesso sono al buio. Su questi temi c’è invece una mancanza di interesse e una sottovalutazione atavica che, purtroppo può solo peggiorare le cose e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti.
Lei ha lavorato in Umbria nelle fasi di ricostruzione post terremoto, cosa ha tratto da quell’esperienza?
Il principio da seguire è: prima le case e la messa in sicurezza dei cittadini e poi le strade e così via, con un sistema di stanziamenti che preveda ampiamente ogni spesa per la prevenzione.
Ma anche controlli sul territorio?
Certamente, come dicevo prima, abbiamo a disposizione le guardie ecologiche? Mandiamole a controllare i terreni incolti.
Di chi sono le competenze ?
La gerarchia in questo senso è molto semplice, le competenze sono del Prefetto, del Questore e del Sindaco, sono loro ad avere giurisdizione.
Quindi una vera e propria rete di soccorso le cui risorse di personale e mezzi interagiscono nel momento del bisogno. Questo nel caso degli incendi di mercoledì ha funzionato, almeno in parte…
Certo, ma il principio è che non deve “funzionare” solo nell’emergenza ma deve servire in fase di prevenzione delle criticità o irregolarità e repressione dei reati. La protezione civile non si occupa solo di incendi, terremoti o rischio idrogeologico, è un organo che lavora in maniera orizzontale in molti campi, ad esempio la sicurezza e la stabilità dei nostri monumenti e molto altro ancora.
Qualcuno però obietterebbe che nelle casse dei Comuni spesso non ci sono fondi per seguire tutto ciò?
Sono solo scuse, per un rischio di questo genere bisogna prevedere nel bilancio l’accantonamento dei fondi necessari, il resto è, per rimanere in tema, solo fumo negli occhi di chi non sa amministrare.
Nadia Germano Bramante