“Per non mangiarsi il futuro”: il manifesto del Fipe di Ragusa contro la concorrenza sleale
La Federazione italiana pubblici esercizi, aderente a Confcommercio, esorta le istituzioni ad avviare un percorso di riforma del sistema normativo al fine di arginare il fenomeno
(28 maggio 2019)
Anche la Fipe di Ragusa ha aderito al manifesto “Per non mangiarsi il futuro” con cui la Federazione italiana pubblici esercizi aderente a Confcommercio esorta le istituzioni ad avviare un percorso di riforma del sistema normativo al fine di arginare i fenomeni di concorrenza sleale nel settore della somministrazione di alimenti e bevande. La federazione si è impegnata ad assumere tutte le iniziative politiche e giuridiche a garanzia del buon funzionamento del mercato a tutela della salute e della sicurezza dei consumatori. “Il manifesto – sottolinea il presidente di Fipe Ragusa, Maurizio Tasca – è stato inviato al vice primo ministro Di Maio, al vice primo ministro Salvini e al ministro Centinaio, unitamente alla lettera di accompagnamento a firma del presidente Stoppani”. Il manifesto intende portare all’attenzione dei ministri competenti la necessità di avviare un ripensamento della normativa inerente gli operatori che a vario titolo si occupano di ristorazione, al fine di arginare una crescente incertezza normativa con conseguente concorrenza sleale nel settore e tutelare i milioni di consumatori che ogni giorno mangiano fuori casa.
“Ogni giorno, nelle scelte politiche – prosegue Tasca – si incentivano settori che effettuano di fatto somministrazione, senza essere sottoposti alle stesse regole che si applicano alla ristorazione e ai pubblici esercizi in generale. Ci riferiamo agli operatori del settore agricolo, ai circoli privati, al terzo settore, ai negozi di vicinato, agli home restaurant, allo street food, etc. Perché se non ti chiami “pubblico esercizio”, non importano i servizi igienici, la presenza di spazi per il personale, gli ambienti di lavorazione idonei, la maggiorazione sulla Tari e il rispetto delle normative di pubblica sicurezza. La disparità di condizioni non genera nel mercato soltanto concorrenza sleale, ma finisce per impoverire il mercato stesso nel momento in cui le attività di ristorazione chiudono, magari per reinventarsi in esercizi più semplici, dove tagliare i costi del servizio e di preparazione, con effetti immaginabili sulla qualità del prodotto, sui rischi alimentari dei consumatori, sull’occupazione del settore e l’attrattività delle nostre città”.
Tasca conclude: “Non chiediamo meno regole: chiediamo che vengano applicate le stesse regole per la stessa professione, anche a tutela e a salvaguardia dei 10 milioni di clienti che ogni giorno frequentano i pubblici esercizi. Non chiediamo meno concorrenza: auspichiamo, anzi, che ce ne sia sempre di più, ma per migliorare il mercato, non per renderlo più fragile. Non chiediamo privilegi o corsie preferenziali: chiediamo alle istituzioni più attenzione e un tavolo, promosso dai ministeri competenti, con la partecipazione dei diversi attori della filiera, che apparecchi una visione strategica complessiva e consapevole per il settore. I sottoscrittori di questo appello hanno fatto degli investimenti qualitativi e del rispetto delle regole, un punto di merito e uno stimolo per migliorare la qualità del settore, tutelando le scelte di milioni di consumatori. È così che vogliamo difendere la categoria, quella delle imprese della ristorazione: salvaguardando il contributo che offre all’economia italiana, un contributo di varietà e, soprattutto, di qualità, tratto distintivo del Food in Italy che tutti conosciamo. E amiamo”.
Comunicato stampa