Olu, schiavo e prigioniero per vent’anni: Ragusa Proxima racconta la sua storia
"Quando lo abbiamo conosciuto il ragazzo appariva visibilmente provato, con un sonno disturbato da continui incubi legati alle minacce dello stregone"
(3 dicembre 2020)
E’ stata celebrata ieri dalla cooperativa Proxima Ragusa la Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù. Nel mondo sono più di 40 milioni le vittime di sfruttamento. “Una piaga ancora presente, purtroppo – sottolineano da Proxima – di cui non possiamo tacere. E lo facciamo rendendo noti i contorni della vicenda
umana di un nostro assistito, ovviamente preservandone la privacy, per fare capire a tutti che stiamo parlando di una questione drammaticamente attuale”. La storia è quella di un ragazzo nigeriano, Olu, il nome è di fantasia, che, dopo essere stato venduto dal padre, all’età di cinque anni, ad un jujuman, una sorta di stregone, è stato assoggettato a quest’ultimo attraverso la pratica di un rituale e di un giuramento che, se rotto, avrebbe provocato la morte di Olu. Il ragazzo è rimasto schiavo e prigioniero del jujuman per 20 anni, non ricevendo alcuna istruzione. Era costretto a svolgere tutti i lavori domestici e quelli necessari alla manutenzione dell’abitazione. Il suo alloggio una piccola rimessa fuori dalla casa, senza servizi igienici e senza letto. Olu è riuscito a fuggire grazie all’interessamento di un uomo di un villaggio vicino. Ha dunque intrapreso un viaggio, assieme a due connazionali, per sfuggire alle ripercussioni dello stregone. Attraversa il deserto e arriva in Libia dove
lo arrestano. Qui passa quattro mesi in carcere e subisce numerose torture di cui porta ancora i segni soprattutto agli arti inferiori. Un libico, dopo avere dato del denaro alla polizia, riesce ad ottenerne la custodia e lo impiega come operaio, senza alcuna retribuzione ovviamente, nella raccolta delle olive. A Olu, comunque,
nonostante tutto, la situazione stava bene in quanto era di molto migliorativa rispetto ai 20 anni precedenti. Il libico, però, dopo un anno, gli propone di farlo partire per l’Italia dove arriva con un barcone. Olu dice di non avere pagato alcuna somma per il tragitto fatto. Il jujuman, non appena Olu torna ad entrare in possesso
di una utenza telefonica, cosa di cui non aveva avuto la disponibilità in Libia, riesce a raggiungerlo, non si capisce come, e gli rammenta l’obbligo di versargli delle somme di denaro al fine di saldare il debito contratto con lo stesso a causa del suo acquisto, pena la morte. Olu, intimorito dalle minacce, riesce ad inviare al jujuman una somma di 75 euro.
“Quando lo abbiamo conosciuto – sottolineano da Proxima – il ragazzo appariva visibilmente provato, con un sonno disturbato da continui incubi legati alle minacce dello stregone. Oggi tutto questo sembra lontano anni luce. Perché, per fortuna, il ragazzo ha frequentato un corso di alfabetizzazione, di informatica di base e di sartoria ottenendo delle certificazioni. Si è quindi iscritto al Centro per l’impiego di Ragusa e ha compilato la dichiarazione di disponibilità immediata al lavoro. Inoltre, ha seguito il corso di formazione teorico e pratico di
orto sociale realizzato all’interno dei progetti della cooperativa. E a seguito di ciò ha sottoscritto un contratto a tempo determinato e part time con una cooperativa agricola come bracciante agricolo. Occorre aggiungere che, prima di tutto ciò, è stato sostenuto da un percorso psicologico che gli ha permesso di ritrovare un
equilibrio psico-fisico per riuscire poi a fare il resto e integrarsi. No, la schiavitù, purtroppo, ancora nel XXI secolo, non è stata abolita. E serve la sensibilizzazione di tutti per compiere importanti passi avanti verso l’unica direzione possibile: l’affrancamento e la consapevolezza di sé”.