Minacciata dal ‘coronavirus’, la Regione siciliana scopre i suoi poteri speciali mai esercitati
L'ordinanza di ieri è stata notificata a tutti i prefetti e ai questori delle nove province, oltre che ai sindaci dei 390 comuni
(9 marzo 2020)
Tra i tanti effetti anomali del ‘coronavirus’ c’è anche quello della riscoperta di certe competenze speciali della Regione siciliana di fatto mai esercitate.
Se un’ordinanza come quella emanata ieri da Musumeci, che con propria determinazione ha rinforzato le misure rispetto a quanto previsto nelle regioni prive delle aree critiche circoscritte a 26 province italiane – tutte le 12 della Lombardia ed altre 14 comprese in quattro regioni (Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte e Marche) – ha pochi precedenti, c’è un aspetto che ricorre per la prima volta: è il ricorso al secondo comma dell’art 31 dello Statuto che conferisce al presidente della Regione il potere di disporre delle forze di polizia in caso di necessità.
E infatti l’ordinanza è stata notificata a tutti i prefetti e ai questori delle nove province, oltre che ai sindaci dei 390 comuni.
L’aspetto più importante delle norme contenute nell’ordinanza è l’obbligo di ‘autodenuncia’ di chi arriva in Sicilia da una delle 26 province ora contrassegnate con l’alert critico ‘arancione’ (dopo la prima ristretta delimitazione delle zone rosse del Lodigiano e del comune veneto di Vò Euganeo), obbligo sanzionato con le pene previste dall’art. 650 del codice penale, e la chiusura di palestre, piscine, altri centri di aggregazione, nonché musei, siti e parchi archeologici, gallerie d’arte, ecc…