Mafia nigeriana, 19 fermi al Cara di Mineo
Le indagini della Squadra Mobile di Catania hanno permesso di ricostruire struttura e ruoli del sodalizio, caratterizzato dalla suddivisione sul territorio italiano in gruppi, con competenza su specifiche porzioni del territorio, in particolare individuando la cellula operante a Catania e provincia
(28 gennaio 2019)
Colpo alla mafia nigeriana. La polizia ha azzerato una cellula che aveva base al Cara di Mineo.
La banda di spacciatori di cocaina e marijuana operava in tutta Italia, ma aveva la base nel Catanese. 19 i fermi operati, su delega della Dda della Procura di Catania. Le indagini sono state condotte dalla Squadra Mobile di Catania e hanno portato alla scoperta di scontri tra gruppi rivali per il controllo delle comunità straniere presenti all’interno del Cara.
I fermati sono accusati, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso denominata “Vikings” o “Supreme Vikings Confraternity”, con l’aggravante dell’essere armata e finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, detenzione, trasporto e cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina e marijuana, con l’aggravante dell’aver commesso il reato avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p. e al fine di agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso denominata “Vikings” e violenza sessuale aggravata.
“Le indagini condotte dalla Squadra Mobile di Catania – si legge nel comunicato stampa inviato dalla Questura – hanno permesso di ricostruire struttura e ruoli del predetto sodalizio caratterizzato dalla suddivisione sul territorio italiano in gruppi, con competenza su specifiche porzioni del territorio, in particolare individuando la cellula, operante a Catania e provincia, con base operativa presso il Cara di Mineo (CT), dedita a commettere un numero indeterminato di delitti contro la persona, in materia di stupefacenti e contro il patrimonio, imponendo la propria egemonia sul territorio, opponendosi e scontrandosi con gruppi cultisti rivali al fine di assumere e conservare il predominio nell’ambito delle comunità straniere presenti all’interno di quel centro di accoglienza, creando un forte assoggettamento omertoso. Nel corso delle indagini – scrivono gli inquirenti – sono stati intercettati dei rituali dai quali emergeva la fedeltà dei sodali alla confraternita”.