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La morte di Giovanni Mormina, la sorella: “abbiamo il diritto di sapere cos’è accaduto”

Giovanni è stato trovato morto a Pozzallo nel giugno 2016. Troppe ombre sulla vicenda e aspetti anche inquietanti, a partire da un audio trovato in segreteria dalla mamma, ma il giudice ha archiviato

«Non posso pensare che tutto sia finito così e che mio fratello non potrà mai avere giustizia». A parlare è Sara Mormina, sorella di Giovanni, un ragazzone morto a Pozzallo nel giugno del 2016. Nel novembre del 2019, il Gip presso il Tribunale di Ragusa ha archiviato il caso ritenendo che non ci siano responsabilità di terze persone per la morte di Giovanni. Eppure, come fanno notare anche i legali della famiglia Mormina, si tratta di una vicenda che presenta ancora troppe ombre e tanti misteri mai del tutto chiariti.

Sara Mormina con il fratello

I fatti: Intorno alle ore 15 del 26 giugno 2016, i carabinieri della Stazione di Pozzallo intervengono in una abitazione ubicata nel centro della città marinara, su indicazione degli operatori del 118 intervenuti poco prima sul posto per soccorrere un giovane. Il ragazzo in questione era Giovanni Mormina, allora 31enne, ma quando sono arrivati sul posto, gli operatori sanitari non hanno potuto fare altro che constatare il decesso. Un comunicato dell’epoca dei carabinieri (che nei verbali precisano che Mormina era già noto alle forze dell’ordine per un episodio legato all’uso di stupefacenti), parlava di morte dovuta ad overdose, un aspetto che non va giù ai familiari i quali ritengono sia frutto di una conclusione affrettata in quanto il quadro clinico venuto fuori dall’autopsia è più complesso e, per certi aspetti, rimane in parte da chiarire. Nell’abitazione in cui è stato trovato il cadavere di Giovanni Mormina era domiciliata una donna che, in quel periodo, la abitava insieme ad un figlio e un nipote residenti in Francia. «Mio fratello – ricorda Sara – aveva una piccola azienda agricola e quel giorno aveva avuto dei proventi frutto della vendita di prodotti ortofrutticoli, ma quella sera portò con sé solo 40 euro (questo è un dettaglio importante per la ricostruzione della vicenda ndr). Quello con cui è uscito, tra l’altro, non era un suo amico, ma i due si erano incontrati nel pomeriggio e stranamente questa persona ha insistito perché mio fratello uscisse con lui». Da quando ha lasciato l’abitazione, in una contrada di Ispica, i familiari non hanno avuto più notizie di Giovanni. «Capitava – ricordano – che a volte nei weekend beveva qualche bicchiere in più e quindi, responsabilmente, preferiva dormire dai suoi amici, per questo non ci siamo allarmati quando non è rincasato». Sin dalla prima mattina, però, la mamma inizia a chiamare Giovanni che però non risponde.

Una telefonata sospetta

Due giorni dopo la morte del giovane, la mamma di Giovanni trova in segreteria una chiamata dal numero del figlio. L’audio non è del tutto comprensibile, si sentono delle persone parlare, ma non si sente la voce di Giovanni. Dalla ricostruzione fatta dai familiari, si percepiscono delle parole come “buttalo nella macchina”. Sin dalle prime battute, dopo il ritrovamento del cadavere, i carabinieri mettono sotto torchio gli abitanti della casa che rendono dichiarazioni discordanti. Secondo una prima, sommaria, ricostruzione degli inquirenti, Giovanni quella sera incontrò la persona con cui doveva uscire alle 23, i due iniziarono un giro dei locali e, secondo alcune testimonianze, Giovanni continuava a pagare per tutti e due. I due rientrarono a casa intorno alle 5 del mattino, e Giovanni chiese di poter dormire a casa del conoscente che gli offrì ospitalità facendolo accomodare sul divano. Quando la mattina la mamma dell’uomo con cui era uscito Mormina  scese per la colazione, trovò questo ragazzo che dice di non aver mai visto prima, che dormiva e russava forte, quando però verso le 13 prova a svegliarlo, Giovanni non risponde, così chiama il figlio che stava dormendo nella sua camera. Riguardo i racconti discordanti sul rientro e sul risveglio della persona che quella sera è uscita con Giovanni, vi sono anche delle testimonianze e perfino delle riprese delle telecamere di video sorveglianza che smentiscono le dichiarazioni degli abitanti di quella casa. Inoltre, intorno alle 7:30, dei testimoni hanno visto la macchina di Giovanni girare per le vie di Pozzallo, chi la guidava? Il medico legale ha stimato che la morte di Mormina sia avvenuta intorno alle 10 del mattino per shock cardio respiratorio. Insomma, per sintetizzare, secondo il Pm quella sera Giovanni Mormina avrebbe ingerito un mix di droga e alcool. Ma ci sono troppe incongruenze fatte anche rilevare dai legali della famiglia Mormina, Marco Romagna e Silvia Sapienza. Giovanni Mormina è morto intorno alle 10, ma i soccorsi sono stati chiamati intorno alle 13:45, cosa è accaduto in questo frangente? Come può essere che nessuno si sia accorto che stava male? Una seconda perizia legale chiarisce che Mormina è morto per insufficienza respiratoria sieroemorragica, una circostanza che porta la vittima a dimenarsi e richiedere aiuto, che provoca quella che in gergo si chiama “fame d’aria”. A chiamare i soccorsi, tra l’altro è stato un vicino di casa. Perché? I due legali si sono appellati all’archiviazione sottolineando le incongruenze del caso e chiedendo una più approfondita perizia medico-legale, ma anche di risentire altri testimoni. Nel corso delle indagini, tra l’altro, il conoscente di Giovanni Mormina ha dichiarato di aver perso il cellullare, per i legali della famiglia del 32enne recuperare i tabulati del traffico sarebbe stato fondamentale per ricostruire i movimenti che l’uomo ha fatto quella notte, movimenti ricostruiti in parte dai testimoni e da alcune immagini che lo hanno ripreso in una panineria a cadere droga ad altri giovani. I legali fanno notare anche che con 40 euro Giovanni, che tra l’altro ha pagato anche per la persona che è uscita con lui, non avrebbe potuto ingerire una quantità di superalcolici tale da provocare una insufficienza respiratoria sieroemorragica. Le richieste degli avvocati, però sono cadute nel vuoto.

Le minacce sui social

Peraltro, l’intera vicenda è anche stata arricchita da contorni inquietanti come i messaggi postati su facebook indirizzati alla famiglia di Mormina «Aspettiamo l’inizio del processo pezzi di merda, spero che va tutto bene senno poi inizio a tagliarvi le teste a tutti e tre». O ancora le raccomandazioni del padre della persona coinvolta che consiglia di non parlare al telefono oppure di farlo in lingua francese. «È chiaro – conclude Sara Mormina – che quella mattina qualcosa in quella casa è successo, e non ci stiamo che mio fratello passi per assuntore abituale di droghe e di alcol. Come molti ragazzi della sua età, amava uscire con gli amici, ma non era un drogato. Nel corso del procedimento sono emerse una serie di contraddizioni evidenti, di racconti smentiti dai testimoni, ma il Giudice ha deciso di chiudere in fretta il caso. Per questo non mi do e non mi darò mai pace. Mio fratello merita giustizia.

Crlr

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