“I nostri imprenditori sono degli eroi”: intervista al Presidente di Confagricoltura Ragusa
Numeri, problemi e punti di forza del settore: ne abbiamo parlato con Antonino Pirrè, da tre anni alla guida della confederazione, che dice: "Mi piacerebbe che il prossimo presidente fosse una donna"
(16 febbraio 2019)
“Come facciano i nostri imprenditori a stare sul mercato è quasi un miracolo. Non abbiamo infrastrutture, i costi di produzione e quelli della manodopera sono più alti che altrove, i disciplinari molto più severi, la crisi ci ha distrutto, calamità naturali e virosi sono sempre dietro l’angolo. Sono, semplicemente, degli eroi”. Parola di Antonino Pirrè, che da tre anni guida Confagricoltura Ragusa e che, quando mancano pochi mesi alla scadenza naturale del suo mandato, incontriamo negli uffici del capoluogo ibleo dal quale osserva e monitora l’andamento delle aziende iblee. “In questi anni, – dice – mi sono dedicato alle imprese, per cercare di capire quello che serve per ‘aggredire’ al meglio i mercati, e sono arrivato alla conclusione che non si può prescindere dal binomio formazione / informazione. Conoscere è fondamentale, per questo abbiamo avviato una collaborazione con uno studio legale e un ente che si occupa di finanziamenti europei diretti, e abbiamo organizzato un ciclo di seminari per spiegare come impostare i progetti per accedere ai bandi. Il canale tradizionale dei bandi indiretti, ossia gestiti dalla regione, ha subìto una brusca frenata a causa di una serie di ricorsi, e tante aziende che aspettavano i soldi sono rimaste bloccate. Ma noi non possiamo aspettare, c’è bisogno di liquidità nell’immediato, e da qui l’apertura ai bandi europei, che hanno tempi certi e permettono di programmare”.
560 coltivatori diretti, 110 imprenditori agricoli, 730 ditte tra società semplici e SRL, 70 cooperative. Eccola, in numeri, la realtà di Confagricoltura Ragusa, che aiuta imprese con fatturati annui di milioni di euro a dirimere questioni contrattuali e a risolvere problemi di varia natura, a cominciare da quelli con le banche, i cui rubinetti restano chiusi. “Abbiamo elaborato un software – spiega Pirrè – che permette, sulla base dei dati del fascicolo aziendale del produttore, di fornire informazioni alla banca sia della situazione attuale che in chiave prospettica, chiedendo di fare una convenzione per supportare le imprese dotate di questo strumento ad avere più facilmente accesso al credito, ma per ora è tutto bloccato. In più, i siciliani hanno insito un orgoglio che difficilmente li porta a chiedere aiuto. Dimostrazione ne è il fatto che, da un anno circa, abbiamo stipulato un accordo con i dottori commercialisti di Ragusa per accedere a tutti quei sistemi che permettano di evitare fallimenti, aste ed espropri, per bloccare tutte le procedure e i meccanismi che possono attivarsi quando ci si trova in difficoltà finanziarie. Consapevoli del fatto che le aziende più sono piccole più sono sole e vulnerabili, abbiamo messo a disposizione uno studio legale che esamina le pratiche, ma in un anno solo un’azienda si è rivolta a noi per capire come uscire da una situazione difficile. Significa che tutte le altre stanno bene? Non credo”.
Il rapporto ISMEA-SVIMEZ sull’agricoltura del Mezzogiorno ci dice che il 2017 è stato un anno difficile per l’agricoltura italiana, ma il Sud ha avuto una performance migliore rispetto a quella del Centro-Nord. All’aumento del Valore Aggiunto agricolo nel 2017 ha contribuito, infatti, soprattutto il Sud, con 13 miliardi e 178 milioni di euro (+6,1% rispetto al 2016, a fronte del +2,5% nel Centro-Nord). Male il settore del vino (-14% della produzione), dei cereali (-11,7%), della frutta (-6,15), con particolare riferimento alle mele (-18,2%). Bene l’olio che ha fatto segnare un +17,3% dopo un 2016 molto critico. Per il presidente Pirrè è la conferma che le nostre aziende hanno una marcia in più, e che nulla potrebbe più fermarle se solo ci fosse il Ponte sullo Stretto, che permetterebbe di risparmiare qualche centesimo al kg, e se tutto il gap infrastrutturale venisse colmato. “In questi anni di crisi ci siamo trasformati – continua Pirrè – ma la manodopera si è mantenuta costante perché, a fronte di molte aziende che hanno chiuso, tante altre hanno aperto e sono ora anche più grandi. Dovrebbero, però, capire l’importanza di strutturarsi e mettersi insieme, e questo è un altro grosso limite. Noi, come Confagricoltura, siamo da sempre disponibili a fornire contributo e assistenza per la costituzione di forme aggregative e abbiamo anche organizzato diversi incontri sulle reti d’impresa, ma per adesso i risultati non sono esaltanti”.
Il risultato, o meglio, il bilancio dei suoi tre anni da Presidente?
Sono molto soddisfatto, e mi piace definirmi un volontario che, con grande piacere, si dedica a questa organizzazione, la quale mi ha permesso di crescere, conoscere tante gente, aiutare. Purtroppo, non siamo riusciti ad intervenire nelle logiche di mercato, perché mi sono scontrato con una realtà nella quale le nostre aziende, sebbene grandi e importanti, sono briciole nel mare magnum di uno mondo economico caratterizzato da pochi compratori e tanti venditori. Domanda e offerta non sono proporzionate e mi piacerebbe, prima della fine del mandato, riuscire a dare più forza alla domanda, rendere i miei associati più potenti davanti alla GDO. Per questo, ad esempio, stiamo pensando a dei consorzi per unire l’offerta dei produttori delle carrube e per mettere in contatto i produttori di grano con qualche importante pastificio, come è stato fatto in Puglia, ma purtroppo qui non abbiamo grosse realtà industriali e non si può stipulare questo contratto di filiera.
In Sicilia, secondo gli ultimi dati di UnionCamere, su un totale di oltre 25 mila aziende condotte al femminile, il settore agricolo si posiziona, con il 29%, al terzo posto, dopo i servizi e le attività socio-sanitarie. E’ una tendenza che notate anche nel Ragusano?
Certamente. Abbiamo tante donne che rivestono un ruolo fondamentale nella loro azienda, e nel nostro direttivo siamo in otto e ci sono 3 donne. Non per fare retorica, ma hanno veramente una marcia in più, e per questo ho parlato con la presidente di Confagricoltura Donna Sicilia, Maria Pia Piricò, del fatto che mi piacerebbe che il prossimo presidente provinciale a Ragusa fosse una donna. Presto ci sarà un incontro che verterà proprio su questo.
Fruit logistica: a Berlino, dal 6 all’8 febbraio, si è dato appuntamento, come ogni anno, tutto il mondo dell’ortofrutta. Com’è andata?
La Sicilia è stata presenta con uno stand di 357 metri quadrati, 6 Consorzi di Tutela (Pomodoro di Pachino, Arancia Rossa di Sicilia, Arancia di Ribera, Carota di Ispica, Uva di Mazzarrone e Uva di Canicattì) e 12 Organizzatori di Produttori, che annualmente muovono un fatturato che si aggira tra i 300 e 400 milioni di euro. E’ la più importante vetrina mondiale, con 3.000 espositori provenienti da 90 Paesi, e devo dire che è andata molto bene sia in termini di presenze allo stand che di contatti con i buyers. Un nostro associato ha anche ottenuto il premio come migliore stand a livello nazionale. A Ragusa stanno trovando terreno fertile molte nuove produzioni e si sta facendo tanta sperimentazione, ma siamo ‘zoppi’ per via di tutti i problemi già elencati. A Berlino, però, sappiamo spiccare sempre.
A proposito di innovazione, come sta andando il settore bio?
Il biologico continua ad attirare, è un settore remunerativo nonostante costi di produzione più alti e mille problemi. E’ un mondo a parte, che quasi sempre si sposa con l’etica, e dimostrazione ne è il fatto che una nostra associata di Ispica, Natura Iblea, nel 2017 ha avuto il riconoscimento come terza azienda agricola in Italia per welfare, premio poi vinto lo scorso anno perché ha messo su una serie di iniziative, come le borse di studio per i figli dei dipendenti, che hanno riscosso un grande successo. Ad aprile siamo stati insieme a ritirare il premio, ed è stato doppiamente emozionante: non solo perché c’erano aziende di vari settori e non solo agricole, ma anche perché quasi tutte si collocavano da Roma in su. A proposito di etica, inoltre, mi piacerebbe ricordare che, dopo gli scandali per gli abusi sulle donne rumene nelle campagne, come confederazione abbiamo stilato un protocollo di legalità che abbiamo diramato alle nostre aziende, chiedendo il rispetto dei diritti umani, di non attuare discriminazioni di alcun genere e di rispettare il lavoro minorile.
Continuando a parlare di etica, una sua valutazione sulla legge sul caporalato?
Abbiamo preso parte a molti incontri in Prefettura incentrati su questa problematica. La legge è giusta nelle sue motivazioni, perché va a colmare un vuoto legislativo e stabilisce pene certe non solo per il caporale ma anche per il datore di lavoro (che non sempre coincidono e che non può non sapere quello che accade nella sua azienda) ma, purtroppo, non ha stabilito delle direttive precise, i contorni del reato non sono ben definiti, le norme non si prestano ad interpretazioni univoche e questo incute timore negli imprenditori, perché ci sono tante piccole cose che possono sfociare in una denuncia.
Abbiamo parlato di ponte sullo Stretto, e il vostro parere è positivo. Cosa ne pensate, invece, delle Zes e dell’area cargo a Comiso?
Siamo favorevoli a tutte le strutture e le infrastrutture che possono aiutarci a collegarci col mondo. E non è vero, in riferimento al cargo al Pio La Torre, che nessuno ne usufruirebbe perché i costi di trasporto sarebbero insostenibili. Le aziende sicuramente lo affiancherebbero al gommato e non solo perché i costi sarebbero simili, ma anche perché si potrebbe finalmente pensare di spedire ed esportare in altri continenti che, al momento, non raggiungiamo o sfioriamo appena.
In chiusura, c’è un invito, un messaggio che vorrebbe indirizzare ai nostri lettori?
Un appello ai consumatori più che altro: scegliete siciliano, fate il sacrificio di spendere qualche centesimo in più, ma garantite il successo alle nostre produzioni. Guardate le etichette, leggetele bene, capite quello che comprate, i nostri sono i prodotti più controllati e sicuri che potete trovare sugli scaffali. Tutelerete così non solo la vostra salute, ma anche la nostra economia.
Valentina Frasca