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Giro d’Italia, Damiano Caruso: “Mai avrei pensato di chiudere secondo”

Il ciclista ragusano racconta così la sua emozione

(31 maggio 2021 -Giro d’Italia – Damiano Caruso)

“Oggi mi ritrovo qui, al secondo posto, chi l’avrebbe mai pensato. È qualcosa di incredibile”. Sono queste le parole del ciclista ragusano Damiano Caruso ai microfono di Rai Sport dopo aver chiuso al secondo posto il Giro d’Italia. “La crono l’ho fatta forte – continua – perché è sempre meglio farla in maniera concentrata ma senza prendere rischi. Me la sono goduta nell’ultimo chilometro. Se sono qui è anche merito della mia famiglia”. Sabato scorso Damiano Caruso ha vinto in solitaria la sua prima tappa del Giro d’Italia, mettendo al sicuro il secondo posto in classifica generale. La sua prova nella 20ma tappa del Giro da Verbania all’Alpe Motta è stata entusiasmante ed è finora la più bella della sua carriera. Il neo campione racconta così la sua emozione: “Ho pensato a mille cose negli ultimi 200 metri: la fatica delle tre settimane di Giro, tutto il lavoro fatto per arrivare a questo punto e fatto da tutto il team, ho pensato a me stesso. Oggi ho realizzato un sogno, penso di essere l’uomo più felice del mondo in questo momento. Mi sono sempre reputato un ottimo professionista e corridore. Ma mai un campione, non ho mai vinto in quel modo, ho fatto tantissimi piazzamenti, forse centinaia. Ma oggi ho avuto la mia giornata da campione“.

I suoi successi in sella alla bici

Sesto alla Coppi & Bartali, decimo al Giro del Trentino, quinto a quello dell’Appennino: questi i piazzamenti, tra marzo e aprile 2010, del 22enne Damiano Caruso al debutto nel professionismo con la maglia della dimenticata Stacplastic.

Metà dei corridori che arrivarono davanti a Caruso sono stati successuvamente placcati dall’antidoping. Mentre di altri si fatica a ricordare i nomi. Damiano, il gregario, ha corso quattro stagioni nella Liquigas, prima italiana poi americana, quattro con gli americani della Bmc, tre con gli emiri del Bahrain. Ha servito almeno dieci capitani, giocando il ruolo dell’ultimo o penultimo uomo in salita e quello del «mulo» in pianura. Tirare il leader fino a sfinirsi, passargli le borracce quando ha sete, incoraggiarlo se è in crisi, staccarsi solo quando hai dato tutto, arrivare al traguardo dopo le premiazioni per ricominciare il giorno dopo. Il tutto moltiplicato per due grandi giri a stagione.

Fedelissimo sulla strada e nei lunghi ritiri in altura, Caruso ha però sempre rifiutato di trasferirsi con i suoi leader a Lugano o Montecarlo per far comunella in allenamento e sfruttare i benefici fiscali. Le sue occasioni (8° al Giro del 2015, 9° alla Vuelta l’anno prima, 10° al Tour due anni fa) le ha sempre avute quando i suoi capitani si sono infortunati o sono andati alla deriva. A quel punto Damiano si incollava ai primi in salita e pian piano, implacabile, risaliva la classifica.

In questo Giro è partito addirittura come terzo uomo, ma Landa si è rotto e Bilbao staccato irrimediabilmente quando la classifica era ancora molto corta. L’occasione della vita si è presentata a 33 anni. “A quel punto – confessa il siciliano – mi sono chiesto se puntare alla classifica o a una vittoria di tappa. Qualcuno mi ha suggerito di scegliere entrambe”. E lui per fortuna ha seguito il consiglio.

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