Dalla Sicilia, regione meno colpita, parte il no all’esame di maturità a scuola. Eppure in una stanza avremmo al massimo 9 persone
Al 17 giugno saranno aperti anche bar e ristoranti, si potrà andare dovunque, sia pure rispettando le distanze, ma c’è chi non vuole l’esame dal vivo. La vera ragione: l’età degli insegnanti italiani, i più vecchi d’Europa
(28 aprile 2020)
La Sicilia è tra le regioni meno colpite dal Covid ma è dalla Sicilia che parte, per motivi di sicurezza sanitaria, la contestazione della scelta del governo di far tenere a scuola i colloqui per gli esami di maturità. Secondo i promotori di una lettera-appello, sarebbe troppo rischioso. Mentre tutti i giorni si va al supermercato, in edicola, in farmacia, in banca, alla posta – e, il 17 giugno, quando partiranno gli esami, praticamente in ogni negozio e in ogni luogo – non sarebbe possibile che uno studente possa entrare in una stanza per sostenere il colloquio dinanzi ai pochi membri di una commissione! Incredibile, ma vero.
Sono già trecento, fra prof e medici, i firmatari di una lettera, inviata alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, per dire no all’ipotesi del colloquio orale della maturità in classe al tempo del coronavirus. La lettera, scritta da una docente del liceo classico “Garibaldi” di Palermo e da una pediatra dell’ospedale dei Bambini della stessa città, in poche ore ha raccolto adesioni anche nel resto d’Italia. «Ci sono ragioni di sicurezza sanitaria – dice Chiara Insinga, professoressa del Garibaldi che con Maria Cristina Maggio, pediatra dell’ospedale dei Bambini, è promotrice della lettera – ma anche ragioni tecnico-organizzative che destano molte preoccupazioni, non soltanto nel mondo della scuola, ma anche fra i medici. Ci sono pareri contrastanti sul tema della sicurezza sanitaria, non possiamo avere la certezza che la situazione sia davvero sotto controllo».
Ma c’è chi la pensa diversamente. «Se l’andamento della diffusione del virus lo consente – dicono altri docenti e dirigenti scolastici – gli esami in presenza, scaglionando le presenze, si possono fare. L’esame di Stato è una sorta di rito che a distanza perderebbe il suo valore. Già il percorso è stato mutilato dall’emergenza, almeno con i dovuti accorgimenti si salvi l’orale. In un’aula ci saranno al massimo 9 persone. E con la distanza di sicurezza e i dispositivi la cosa è fattibile. Gli esami poi saranno a fine giugno. C’è ancora tempo. Saranno gli scienziati a decidere». Qualcuno propone l’esame in presenza, ma con degli accorgimenti. «Didatticamente l’esame in presenza ha un valore diverso ma ci sono delle criticità, quindi si potrebbe, per esempio, fare partecipare parte delle commissione da remoto, soprattutto se ci sono dei docenti avanti negli anni e con problemi di salute, la stessa cosa si potrebbe fare con i ragazzi, in modo da ridurre al minimo la presenza a scuola». Anche fra gli studenti c’è chi non rinuncerebbe all’orale davanti alla commissione. «È stato un anno travagliato e difficile. Sarebbe importante, come prova di vita, sostenere l’esame in presenza».
Intanto, ieri, la lettera del fronte del no è partita. C’è la motivazione sanitaria, ma anche altre ragioni. «L’esame in presenza ha caratteristiche completamente diverse rispetto alla didattica a distanza che i nostri alunni stanno praticando negli ultimi mesi, questo rischia di metterli in grande difficoltà, parliamo di ragazzi stremati da due mesi di isolamento sociale. I dirigenti scolastici dovrebbero farsi carico delle misure di sicurezza, ma magari saranno commissari d’esame altrove e non saranno presenti. E se ci dovessero essere tante defezioni fra i professori per motivi di salute, come si farebbe a sostituirli in poco tempo?».
Fra i dirigenti c’è chi pone il problema della responsabilità. «Come dirigente sarei io responsabile, ma senza la possibilità di fare i tamponi a tutti, come si fa?»,. E poi c’è il tema dei professori in avanti con gli anni e con patologie croniche e allo stesso tempo di ragazzi magari non in perfetta salute che in quel caso dovrebbero davvero sostenere l’esame a distanza. «I docenti italiani, i più anziani d’Europa – si chiedono i firmatari nella lettera – quali garanzie avrebbero di tutela della propria salute?». Entro dopodomani tutte le scuole devono formare le loro commissioni d’esame.