Benvenuti all’AVIS di Ragusa, dove il dono è una missione. Roccuzzo: “Il nostro segreto? La credibilità”
Il Presidente ci illustra gli ultimi dati di questa eccellenza nazionale che tutti ci invidiano, e ci spiega come ha visto nascere e cambiare la cultura della donazione in Italia
(29 novembre 2018)
C’è una realtà tutta ragusana che quest’anno ha spento 40 candeline e che, forte dei numeri, è diventata un’eccellenza nazionale di cui andare fieri, anche perché a renderla unica e speciale non sono poche persone, ma migliaia di normalissimi cittadini che vivono nel capoluogo ibleo e sparsi in provincia. Persone come tante, ma sensibili e attente come poche, che hanno sposato la causa dell’AVIS e, nel corso dell’anno, adempiono al loro “dovere” morale di donare il sangue, gratuitamente e in forma anonima.
In tanti parlano del “caso Ragusa” e della sua straordinarietà. Mentre in altre regioni, da nord a sud, la percentuale dei 18enni neo iscritti si aggira sul 10%, a Ragusa supera il 50, e proprio qui ha sede una delle due banche nazionali dei gruppi sanguigni rari, l’altra è a Milano. Tutti guardano alla piccola isola felice iblea come ad un esempio, ma cosa è successo in questo lembo di terra, all’estrema periferia sud dello Stivale, per diventare tanto generosa?
Abbiamo cercato di capirlo parlando con Paolo Roccuzzo, Presidente di Avis Ragusa dal marzo 2017 e donatore dal lontano 1973, quando a Ragusa l’Avis non esisteva ancora (sarebbe arrivata 5 anni più tardi, il 23 ottobre 1978). “Vivevo ed insegnavo in provincia di Cuneo – ricorda – e ho deciso di diventare donatore dopo aver visto un servizio in tv in cui si parlava della talassemia in Sicilia e Sardegna. Davanti alle immagini di quei bambini con un costante bisogno di sangue, e che difficilmente sarebbero vissuti abbastanza da diventare uomini, mi sono chiesto nel mio piccolo cosa potessi fare. Ho cominciato a donare il sangue quando lo si comprava da chi lo vendeva per bisogno, senza neanche sapere se quella persona fosse in salute”.
Da quel momento, il Presidente Roccuzzo la cultura della donazione l’ha vista nascere, crescere, cambiare. “Prima c’era la cultura dell’emergenza – racconta – col rischio collaterale di perdere vite umane; poi siamo passati alla fase in cui i parenti donavano solo per le persone care che ne avevano bisogno, fino ad arrivare ad oggi”.
Oggi, con 10.512 donatori e oltre 15.000 donazioni effettuate nel 2017, circa 1200 al mese. Una vera azienda, con 14 dipendenti regolarmente assunti e che, essendo capofila, ha anche le responsabilità del coordinamento e del mantenimento dei livelli nelle varie Avis e nei centri di raccolta della provincia, affinché ovunque vengano garantiti gli stessi standard di sicurezza igienico – sanitaria e la medesima qualità dei servizi.
Ricco il calendario degli eventi per festeggiare questi 40 anni di generosità e impegno. Sabato 20 ottobre, l’Auditorium “Saro Digrandi” si è trasformato in una grande salone di rappresentanza con trentasei bandiere di tutte le nazioni presenti, per accogliere i donatori e le loro famiglie provenienti da nazioni europee, africane, asiatiche ed americane. Il 16 e 17 novembre, invece, si è svolto il primo Convegno Nazionale dedicato alla Persona Responsabile delle Unità di Raccolta Associative. Le Associazioni hanno individuato 47 Persone responsabili, e l’Avis Comunale di Ragusa ha organizzato questo corso destinato proprio a loro. A Ragusa, per due giorni, si sono dati appuntamenti i maggiori rappresentanti del mondo della donazione e della sanità in Sicilia e in Italia, e la domanda sorge spontanea: come abbiamo fatto? “Grazie alla serietà, alla coerenza e alla credibilità dei nostri dirigenti – spiega Roccuzzo – persone giuste al posto giusto che, negli anni, hanno capito che il dono del sangue, per statuto, doveva essere volontario, gratuito e anonimo. L’ultimo aspetto è il sigillo di un autentico dono, perché chi riceve il sangue non avrà un debito di riconoscenza nei confronti di nessuno. Se, invece, sapesse da chi arriva, se lo potrebbe porre come dovere morale, e sbaglierebbe, in quanto il diritto alla salute è sancito dalla Costituzione. Siamo sempre stati dinamici – continua – e questo ci ha permesso anche di crescere da un punto di vista scientifico e sociale. Non ci limitiamo alle donazioni, ma lavoriamo nelle scuole, organizziamo tornei, rispondiamo alle domande dei ragazzi, li facciamo venire qui. L’improvvisazione non esiste, abbiamo raggiunto un livello tale che dobbiamo solo mantenerlo, garantendo qualità e professionalità. Dimostrazione ne è anche il fatto che da almeno 15 anni abbiamo smesso di chiedere contributi agli enti pubblici e siamo stati i primi in Sicilia, nell’aprile 2017, a firmare la nuova convenzione triennale con l’ASP che stabilisce i rapporti tra le due realtà e regolamenta tutti gli aspetti legati al sangue.
E tutto questo ci ha portati, unica realtà in Italia, a poter dire che agosto, ormai, è un mese come gli altri…
Agosto è sempre stato un mese critico per diverse ragioni: molti vanno in vacanza o si trasferiscono, altri soffrono il caldo e non possono donare, ci sono più incidenti. Nel tempo, siamo riusciti a sensibilizzare i donatori sull’importanza di venire da noi prima di partire, e adesso lo sentono come un dovere morale.
Punti deboli del sistema? Dove vedete ancora un margine di miglioramento?
Dobbiamo essere umili, ammettere che le criticità ci sono sempre e che tutto è perfettibile. Ad esempio, l’anno scorso in estate i nostri donatori sono stati costretti ad aspettare due ore per fare la loro donazione, perché due medici non bastavano. Il giorno dopo ho risolto assumendo un terzo medico, e da allora il problema non si è più presentato. Un’altra criticità è il non avere la donazione su prenotazione, che in altre Avis è già realtà. Da due anni, quindi, abbiamo deciso di sperimentarla il giovedì pomeriggio, dalle 15 alle 17, e abbiamo visto che iniziano a richiederla. Il donatore telefona, si riserva un posto e sa che non perderà un solo minuto. Questo vuol dire che i nostri volontari sono pronti ad un ulteriore passo in avanti, e forse l’anno prossimo incrementeremo, ottimizzando tempi e risorse. Altro punto da migliorare è quello dei servizi che offriamo al donatore, garantendogli analisi e screening gratuiti anche quando, per vari motivi, non può donare più e facendolo sentire prezioso, ad esempio dandogli il compito di portare altri donatori in Avis. Noi non abbandoniamo nessuno.
Ma in tutto questo, il SSN vi è vicino?
Si, ed essendo noi un’eccellenza nazionale ci riconosce diritti che altri non hanno. Noi, però, a dimostrazione della nostra serietà, ne facciamo un uso corretto, non un abuso. Non a caso, potremmo chiedere ai nostri volontari di donare più volte nel corso dell’anno, per aumentare i nostri numeri, ma non lo facciamo perché la loro salute e la loro tutela vengono prima di tutto.
Le nuove generazioni vengono spesso accusate di superficialità, i vostri dati cosa dicono?
Non è così, il problema è che abbiamo la tendenza a giudicare le generazioni successive alla nostra sempre come peggiori, ma è solo un problema di cultura e sensibilità. I ragazzi vanno avvicinati correttamente a determinate tematiche, per questo noi organizziamo i bus, li andiamo a prendere a scuola, organizziamo i tornei Avis Scuola grazie anche alla sensibilità e alla disponibilità di docenti e dirigenti. E oggi ne raccogliamo i frutti, perché oltre la metà dei nati nel ‘99 a Ragusa, che oggi vivono ancora qui, si sono iscritti all’AVIS: il 51,4%. Una percentuale straordinaria, nel resto d’Italia siamo intorno al 10%. Non è un problema di età, è che si deve saper parlare la lingua dei giovani e sollecitare la loro umanità.
Pronti per l’emergenza influenza?
Pronti per l’influenza come per ogni altra emergenza nel corso dell’anno. E ne approfitto per ricordare che i donatori hanno diritto al vaccino antinfluenzale gratuitamente, indipendentemente dall’età. Basta andare dal medico e mostrare la tessera.
Valentina Frasca