“Ce ne ammazzano uno al giorno”: interviene l’USB Ragusa sulla morte dell’operaio Nunzio Caggia
Più di mille morti sul lavoro, un trend in aumento già dal 2017, e in provincia di Ragusa un solo ispettore del lavoro
(1 febbraio 2023 – “Ce ne ammazzano uno al giorno”: interviene l’USB Ragusa sulla morte dell’operaio Nunzio Caggia)
Si chiamava Nunzio Caggia, l’operaio sessantanovenne di Vittoria morto sul lavoro pochi giorni fa, cadendo da un’impalcatura in via Cristoforo Colombo nella sua città natale. Il lavoratore sembrerebbe essere precipitato giù da un’altezza di otto metri. In merito alla vicenda, la Federazione del Sociale di Ragusa, in una nota diffusa agli organi di stampa ha dichiarato «Ce ne ammazzano uno al giorno e, quasi, non ci si stupisce più»! Più di mille morti sul lavoro, un trend in aumento già dal 2017 – che tiene conto, nei brevi picchi in caduta, dell’emergenza pandemica che ha letteralmente fermato per vari mesi interi settori di produzione. Tuttavia, secondo i dati raccolti da USB e Rete Iside Onlus, le morti bianche sul lavoro sarebbero almeno 1089. Nel 2023, in un solo mese, si è superata già la prima decina.
«Il governo Meloni – scrivono dalla Federazione del Sociale di Ragusa – che si spaccia per il governo delle famiglie e dell’italiano ‘’popolano’’, ha votato la nuova legge di bilancio tralasciando le voci di spesa inerenti. Lo sblocca cantieri aveva determinato la fine della classe lavoratrice dell’edilizia già nel 2019, quando la salviniana “economia dello shock” decise che una finta procedura burocraticamente più snella valeva più della vita dei lavoratori – mentre invece serviva solamente a ridurre i controlli. E non abbiamo dimenticato neppure la mediazione con i Cinque Stelle, che pur di salvare il traballante governo si giocarono i principi di legalità e trasparenza che avevano tanto osannato».
In sostanza aumenta il rischio di infiltrazioni mafiose negli appalti e aumenta lo sfruttamento dei lavoratori perché reintroduce gli affidamenti al massimo ribasso ed i subappalti liberi. Una guerra senza sosta, un conflitto in cui la classe imprenditoriale, sostenuta dai vari governi che si susseguono senza grosse differenze, costringe la classe lavoratrice ad operare tralasciando la sicurezza perché costosa. «A ciò va aggiunto il crescente uso della manodopera straniera – continuano – ovvero lavoratrici e lavoratori irregolari sul territorio italiano, impiegati in nero in diversi contesti professionali, specie quelli più rischiosi. Nel frattempo, viene completamente stracciata in UE l’idea di optare per un’azione di sanatoria per tutti coloro che lavorano, impedendo di fatto l’ottenimento di documenti, e di conseguenza la possibilità di un contratto regolare e quindi anche l’adozione delle misure di sicurezza».
In questo contesto, la provincia di Ragusa ha un solo ispettore del lavoro, una singola persona atta al controllo di 38.000 aziende presenti sul territorio. «Ci parlano di fatalità, di errore umano e problemi tecnici, oscurando di fatto le responsabilità personali della classe padronale e quelle politiche e sindacali. Tuttavia, la strage dei morti sul lavoro non è né casuale né fatale ma strutturale perché inestricabilmente connessa con il presente sistema di produzione: le cause sono l’aumento della produzione e quindi dei ritmi, il ricatto della disoccupazione e della cassa integrazione. Per il capitale, è bene semplificare le procedure, produrre con investimenti minimi, tanto ed in fretta, anche se vuol dire farlo col sangue degli operai».
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