Siti Archeologici
Catania
- L’Anfiteatro Romano, databile al II secolo, è rimasto sotterrato fino al Settecento, quando il Principe di Biscari ne incoraggiò gli scavi, e oggi se ne può visitare una piccola parte nei pressi di Piazza Stesicoro. Si ipotizza che fosse uno tra i più grandi anfiteatri in Sicilia, con una capienza di oltre ventimila persone e fu costruito interamente con la pietra lavica del Vulcano poi rivestita con marmo. Secondo alcune fonti pare fosse teatro delle Naumachie, ossia le battaglie navali che avvenivano dopo il completo riempimento con l’acqua. Su un architrave è ancora visibile l’iscrizione Amphitheatrum Insigne impressa nella pietra.
- L’Acquedotto Romano percorreva molti paesi dell’hinterland etneo e la sua datazione è attestabile all’età di Augusto grazie al ritrovamento di una iscrizione su lapide riportante i nominativi dei Curatores aquarum, lastra visibile ancora oggi presso il Museo di Castello Ursino. Secondo gli scritti del Principe di Biscari la struttura subì parecchi danneggiamenti, primo tra tutti quello dovuto all’eruzione lavica del 253. Ben presto cadde in disuso, soprattutto dopo l’eruzione vulcanica del 1669 che lo ricoprì per gran parte, a eccezione di alcuni frammenti visibili nei territori comunali limitrofi.
- Foro Romano: della struttura restano pochi frammenti visibili all’interno del cortile di San Pantaleone. Originariamente era costituito da più edifici con la funzione di magazzino che circondavano un’area centrale, il forum per l’appunto. Oggi si notano i resti di un arco d’ingresso, alcuni ambienti adiacenti e i residui di una parete in opus reticulatum, tecnica edilizia tipica del periodo romano.
- Terme Achilliane: si tratta della struttura termale costruita in città intorno al V secolo a.C. e della quale rimangono solo poche porzioni nella parte sotterranea della Cattedrale. La datazione è certa e attestata da un’iscrizione su lapide visionabile presso il Museo di Castello Ursino. Oggi sono visitabili una parte del Tepidarium, area destinata al rilassamento grazie al riscaldamento dell’aria ricreato con bacini d’acqua calda e sistemi di canalizzazione e una parte del Frigidarium composto da alcune vasche utilizzate per l’incanalamento e il raffreddamento dell’acqua. Tutta l’area era decorata con stucchi, ancora perfettamente osservabili nel Settecento e che oggi in gran parte appaiono sbiaditi.
- Mausoleo Romano del Carmine: fu realizzato nel II secolo d.C. in un’area con funzione di necropoli. L’edificio si trova oggi all’interno dell’ex Convento del Carmine ed è fruibile dal pubblico. Per anni è stato erroneamente attribuito alla tomba di Stesicoro sulla base degli studi del Libertini poi smentiti dagli storici a lui succeduti. La struttura fu costruita con la tecnica dell’opus coementicium, ossia l’utilizzo, tipico in epoca romana, del cementizio mischiato con pietrisco e ghiaia. L’interno è a camera unica e possedeva una volta a botte e delle aperture laterali con funzioni di illuminazione. Gli scavi degli ultimi anni eseguiti attorno all’area hanno portato alla luce la presenza di un adiacente monumento funerario collocato in posizione inferiore rispetto a questo.
- Teatro Romano: la tradizione popolare lo identifica come il teatro Greco ma il suo riconoscimento è stato per secoli dubbio e poco limpido. Nel corso dei secoli l’area è stata oggetto di ristrutturazioni e ampliamenti: Augusto ne fece ricostruire la cortina sostituendo l’originaria pietra arenaria con la pietra lavica, l’imperatore Adriano ne abbellì gli interni con iscrizioni, statue, bassorilievi e plinti raffiguranti vittorie sui barbari e con un proscenio rivestito in marmo. Dopo la caduta dell’Impero, la struttura venne abbandonata per essere utilizzata nel periodo dell’Alto Medioevo come magazzino e per abitazioni civili.
- Odeon: si tratta dei resti di un teatro minore rispetto a quello più grande a esso adiacente. Si ipotizza che servisse per l’esecuzione delle prove degli spettacoli che si tenevano nel teatro principale. Secondo le ricostruzioni possedeva la classica forma semicircolare e poteva contenere circa 2.000 spettatori.
- Necropoli: la zona sepolcrale, datata intorno al IV secolo a.C., comprendeva la parte periferica della città fuori dalla Porta di Jaci. Molti i resti di monumenti funerari, tra i quali anche delle urne con iscrizione dei nominativi in latino.
- Ipogeo Modica: si tratta del mausoleo a forma circolare di villa Modica, probabilmente strutturato su due piani dei quali resta integro solo quello inferiore composto da quattro nicchie ad arco per la sepoltura. Pochi resti si intravedono della cornice in terracotta che segnava il passaggio tra i due livelli.
- Ipogeo Quadrato: si tratta di un sepolcro di età imperiale riferibile al II secolo d.C. e visitabile presso l’ex giardino del convento di Santa Maria di Gesù. Quel che ne resta è una struttura dalla forma rettangolare costruita in parte con la tecnica del coementicium e in parte con quella dell’opus incertum. La parte occidentale dell’edificio è formata da una camera quadrata originariamente coperta con volta a botte, comprendente delle nicchie e una celletta rettangolare. Nel Medioevo la struttura venne utilizzata per la tumulazione dei monaci del convento.
- Terme dell’Indirizzo: è una struttura inglobata da un edificio religioso, nello specifico il convento carmelitano di Santa Maria dell’Indirizzo. Della costruzione originaria si possono visitare una decina di stanze, tra le quali si riconoscono il calidarium e il frigidarium, nonché una grande sala a base ottagonale ricoperta da cupola. Nel sotterraneo erano costruiti dei condotti per il transito dell’aria calda. La datazione si attesta intorno al II secolo d. C.
- Stipe Votiva di Piazza San Francesco: negli anni Sessanta durante gli scavi per la rete fognaria della città si portarono alla luce una serie di frammenti di ceramiche donate in voto alla dea Demetra. I resti sono databili nell’arco di tempo che va dal VII al IV secolo a.C. e comprendono coppe, vasi, statuette raffiguranti la dea e piatti.
Necropoli greco-ellenistica, Aci Castello: è stata riportata alla luce negli anni Cinquanta in occasione degli scavi per l’edificazione di una scuola. Le fonti attestano che si tratta di un’area sepolcrale utilizzata sin dall’età del Bronzo. I ritrovamenti consistono in qualche frammento di ciotole, una piccola testa di divinità, qualche lucernario e due contenitori per ostie colorati.
Parco archeologico e Terme di Santa Venera al Pozzo, Aci Catena-Acireale: il Parco archeologico della Valle dell’Aci è un sito di notevole importanza che ha come fulcro l’area archeologica di Santa Venera al Pozzo. La zona è di pertinenza del comune di Aci Catena, ma si trova di fatto al confine con il territorio acese, tant’è che la sorgente sulfurea che vi trova origine è utilizzata dalle moderne terme acesi. Secondo la tradizione popolare in tale luogo fu decapitata Santa Venera nel periodo delle persecuzioni cristiane e la sua testa venne gettata nel pozzo. Il parco attualmente comprende nove ettari di terreno all’interno del quale si possono notare i resti di un impianto termale di epoca romana costruito con diversi ambienti tra loro collegati (Tepidarium, Frigidarium, Calidarium), il pozzo per l’approvvigionamento dell’acqua e alcune fornaci utilizzate per la realizzazione di ceramiche e vasellame. Nell’area delle Terme sono stati rinvenuti anche i resti di un piccolo tempio dedicato alla dea Venere, dei frammenti di un mosaico e una vasca esterna utilizzata come piscina o allevamento ittico. Poco distante dalle terme, si nota la presenza di un edificio, databile al 280 a.C., utilizzato nel IV secolo d.C. come industria di produzione di ceramiche: all’interno delle sue stanze, difatti, gli scavi hanno riportato alla luce frammenti di vasche, oggetti in coccio, vasi a vernice rossa e anfore oltre a parecchie monete appartenenti a varie epoche, da quella greco-ellenistica, a quella romana fino a quella bizantina e medievale.
Tempio romano di Capo Mulini, Acireale: presso il borgo marinaro di Capo Mulini, frazione di Acireale, è possibile visitare i resti di un tempietto romano risalente al I secolo d.C.
Città sicula del Mendolito, Adrano: A otto chilometri dell’odierna Adrano sono stati ritrovati i resti della città sicula del Mendolito, la quale sviluppò una raffinatissima civiltà del bronzo. La città colpisce soprattutto per la sua grande estensione (ottanta ettari) e oltre la cinta muraria, le porte e le tracce di capanne, presenta anche una necropoli dalle caratteristiche sepolture a cupoletta. L’insediamento era già noto a Vito Amico fin dal XVIII secolo e tuttavia l’importanza della località si svelò agli studiosi soltanto alla fine dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento. Dall’area del Mendolito proviene il celebre Efebo, una statuetta bronzea raffigurante un banchettante, piccolo capolavoro dell’età arcaica (530 a.C.) e il famoso blocco in arenaria, oggi conservato presso il Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi di Siracusa, recante il più lungo e importante testo siculo finora conosciuto, ancora di controversa interpretazione e databile alla seconda metà del VI secolo a.C. Oltre alla città del Mendolito, numerosissimi e di rilievo sono anche gli altri siti archeologici individuati nel territorio del comune. Nei pressi di contrada Buglio è stata localizzata la polis greca fondata da Dionigi il Vecchio nel 400 a.C. Imponenti sono i resti del muro di cinta e della cittadella dove gli scavi hanno messo in luce tra l’altro un’abitazione dotata di un pregevole pavimento.
Numerosissimi sono i siti archeologici che si trovano nella zona compresa fra Bronte, Maletto e Maniace. Di particolare importanza sono alcune cellette sepolcrali risalenti ai Siculi, i quali cacciati da Catania dai Greci vennero a stabilirsi nel versante occidentale dell’Etna. Di questa presenza, oltre alla famosa città del Mendolito, posta tra Bronte e Adrano e lungo il corso del Simeto, si notano numerose cellette sepolcrali sparse nel territorio. Notevoli sono anche le Grotte dette della Saracena, site a poca distanza dal Castello Nelson; i vicini resti dell’antica città di Maniace e il sito di contrada Tartaraci che presenta insediamenti abitativi e necropoli di età greca e romana.
- Gli scavi di Sant’Ippolito si trovano a circa 4 km a nord-est rispetto all’abitato moderno. La presenza di manufatti, nota fin dal XIX secolo, sollecitò gli scavi condotti da Paolo Orsi nel 1928. Questi rivelarono la presenza di due villaggi di epoca neolitica e calcolitica e furono altresì individuate tracce abitative databili fino al VII secolo a.C., epoca dell’arrivo nella zona della colonizzazione greca. Il villaggio neolitico, rinvenuto su un pianoro del pendio orientale, lambito da un piccolo corso d’acqua, restituì fondi di capanne, resti di focolari, frammenti di asce e punte di freccia in pietra, frammenti ceramici del tipo detto di Stentinello, decorati con semplici motivi geometrici incisi o impressi. La necropoli del villaggio comprendeva alcune tombe a forno, scavate sul pendio dal lato opposto del corso d’acqua. Sulla cima del colle si insediò, nell’età del Rame, un secondo villaggio, più esteso del precedente, che sembra essere rimasto attivo fino all’età del ferro. Vi è stata identificata, dall’archeologo Luigi Bernabò Brea, una facies culturale databile tra il 2.000 e il 1.800 a.C., che avrebbe preceduto quella di Castelluccio e che ebbe rapporti con il mondo egeo e anatolico. Il sito ha restituito una tipica produzione di ceramica, ceramica di Sant’Ippolito, dipinta con motivi di linee e triangoli in colore scuro su fondo giallo-rossiccio. I reperti del sito sono conservati nel Museo archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa, a Caltagirone presso il Museo della ceramica e nella sezione archeologica dei Musei civici.
- Monte San Mauro è un sito archeologico situato a sud ovest della città di Caltagirone. Comprende cinque colli disposti a ventaglio sulle vallate dei fiumi Signore e Maroglio su cui si insediò un centro abitato dell’età del bronzo. Il centro indigeno venne occupato alla fine del VII secolo a.C. da coloni greci dediti all’agricoltura e al commercio. Sul terzo colle è stata ipotizzata la presenza dell’acropoli: vi si trova infatti un ampio edificio, scoperto nel 1904 da Paolo Orsi e già esistente nel IX secolo a.C., che era probabilmente una residenza principesca sicula in seguito riutilizzata dai coloni greci). Paolo Orsi individuò inoltre lungo il ciglio settentrionale e nord-occidentale del colle un sistema difensivo costituito da tratti di mura intervallati dalla roccia naturale. Sulla cima del colle sono state anche rinvenute strutture ellittiche pertinenti ad abitazioni indigene (una datata tra la seconda metà dell’VIII e la prima metà del VII secolo a.C.). Sulle pendici del terzo colle, è stato in seguito rinvenuto un nucleo abitativo della prima metà del VI secolo a.C., di cui si ipotizza la distruzione in occasione della spedizione antisiracusana del tiranno di Gela, Ippocrate (tra il 498 e il 482 a.C.). Tre le necropoli databili intorno al VII-VI secolo a.C. riportate alla luce nell’area.
Sito archeologico di Monte Iudica e Monte Turcisi, Castel di Iudica: dalle ricerche finora effettuate si deduce che il centro indigeno di Monte Iudica, già presente nella seconda età del ferro, ebbe una grande espansione nella seconda metà del VI secolo. Oltre all’insediamento abitativo, ai piedi dell’altura è stata riportata alla luce una necropoli caratterizzata da tombe di tipo “alla cappuccina” e databili tra il VI e il V secolo a.C. Altri importanti reperti ivi rinvenuti sono dei grandi pithoi risalenti all’epoca classica, un sarcofago e uno scheletro di donna con bambino, all’incirca del V secolo a.C. Il sito di Monte Turcisi è rinomato invece per la presenza di un Phrourion, ossia di un presidio greco fortificato a scopo militare e costruito sulla sommità del Monte con la duplice funzione di controllo e di difesa del territorio circostante.
Alcuni scavi archeologici in contrada San Nicola, nei pressi del fiume Alcantara, hanno portato alla luce tombe, palmenti, fortini e altri reperti che testimoniano come l’intera valle fosse densamente popolata nel neolitico e soprattutto nell’età del bronzo. Molte grotte scavate nell’arenaria erano adibite ad abitazione o a tombe, come quelle di contrada Pietra Pizzicata, dove è ancora visibile un villaggio preistorico degli antichi castiglionesi che dovettero spostarsi sul colle dell’odierno paese minacciati da altri popoli.
Parco Archeologico di Occhiolà, Grammichele: sito archeologico in cui sono stati rinvenuti i resti di insediamenti databili all’età del Bronzo. La visita è strutturata in percorsi già definiti, immersi in uno splendido ambiente naturalistico, dai quali è possibile osservare i ritrovamenti e usufruire di aree attrezzate per una pausa nella natura.
Grotte di Marineo, Licodia Eubea: da queste grotte sono emersi resti di natura preistorica quali incisioni e graffiti sulle pareti raffiguranti animali e simbologia solare. Una delle grotte era sede di una sorgente della quale ancora oggi è possibile notare la bocca oltre ai resti di una sorta di incanalamento delle acque. I simboli solari sulle pareti portano gli studiosi a credere che il sito fosse adibito alla devozione del sole (il che era tipico dell’epoca del Rame). Ancora da segnalare a Licodia Eubea il Castello Santapau, un Castello di origine medievale ma costruito sul sito dove precedentemente si collocava una costruzione di difesa di epoca bizantina e i resti di alcune importanti necropoli: Necropoli Vigna della Signora (databile al 450 a.C.), Necropoli di Fossa Quadara (abitata già in epoca preistorica) e la Necropoli della Piazzisa (risalente al V e IV secolo a.C.).
Dosso Tamburaro, Militello in Val di Catania: sito archeologico che ospita resti di un insediamento dell’età del Rame (III millennio a.C.) e di una necropoli coeva con alcune tombe a pozzetto.
Piano Casazze, Mineo: l’area risulta abitata sin da epoca antichissima, sin dalla prima Età del Bronzo. Al suo interno sono state ritrovate delle tombe a grotticella tipiche dell’Età del Ferro, oltre a resti di abitazioni databili all’epoca bizantina e a frammenti di edifici sacri, probabilmente santuari. Ancora da segnalare in contrada Madonna del Piano la Necropoli di Mulino della Badia risalente al X secolo a. C. e i resti di Castello Ducezio, la fortezza appartenuta a Ducezio ma probabilmente già abitata in precedenza e dove si tenne il matrimonio tra Costanza e Federico III d’Aragona.
Terme Romane, Misterbianco: si tratta dei resti di un acquedotto romano datato tra il II e l’VIII secolo d. C. Non si hanno molte notizie certe, ma sembra plausibile che il sistema servisse, oltre che come zona termale, anche per incanalare le acque della sorgente di Santa Maria di Licodia verso la città di Catania. In base ad alcune ricostruzioni fatte sui reperti ancora oggi visibili, pare che si trattasse di un edificio di notevole pregio che disponeva di uno spogliatoio e di vari ambienti destinati per il bagno in acqua fredda (Tiepidarium), tiepida e calda (Calidarium), tutti riccamente decorati con mosaici e marmi. Segnaliamo inoltre in Contrada Pezza Mandra una grotta all’interno della quale sono stati rinvenuti resti di ossa umane, alcuni utensili da lavoro e attrezzi per la caccia riferibili al periodo del Neolitico.
Eremo di Santa Febronia, Palagonia: Di grande valore è l’eremo di Santa Febronia, una basilica rupestre costruita intorno al VI/VII secolo d.C. e sulla cui parete di fondo è scavata un’abside a semicerchio che racchiude un altare. L’abside è impreziosita da alcuni resti di dipinti murali raffiguranti il Cristo Pantocratore, il Martirio di Santa Febronia, patrona della città e Sant’Agata e il peccato originale. Il dipinto più importante, tuttavia, si trova nella calotta dell’abside e rappresenta Cristo fra la Madonna e un Angelo. L’eremo presenta anche un particolare fosso a “T”, che costituiva i colatoi usati per trattare i corpi dei monaci morti, così da praticare una sorta di mummificazione.
Dalla zona di Pietralunga, in prossimità del Simeto, provengono una serie di ritrovamenti archeologici, soprattutto vasi, monete e manufatti. Al periodo romano risalgono anche un imponente arco, in seguito ristrutturato, e un’intera necropoli, scoperta nel 1990, dove è stato rinvenuto un reperto di eccezionale valore. Si tratta di un coperchio funerario in cotto di epoca paleocristiana con incisi sopra i segni cristiani del pesce e della Trinità. Non mancano neanche resti di infrastrutture romane, come un acquedotto che da Santa Maria di Licodia, attraversando Paternò, raggiungeva il capoluogo etneo. Probabilmente l’acquedotto è stato realizzato durante il periodo augusteo e quindi dovrebbe risalire al I secolo dopo Cristo.