Identita Scicli
Amministrazione
SINDACO
Mario Marino
dal 27/06/22
Sito istituzionale
www.comune.scicli.rg.it
Ignazio Bruno Mirabella
Deleghe:
Ced – Ecologia – Igiene Pubblica e ambientale – Tributi
Emilia Arrabito
Deleghe:
Controllo interno di gestione – Sviluppo economico – Suap – Turismo – Agricoltura – Sviluppo di comunità – Finanziamenti europei
Scicli, la perla del Barocco siciliano
Il sito rupestre di Chiafura: situato sul fianco del colle di San Matteo, occupa uno spazio che va dalla valle di San Bartolomeo sino alla sommità del monte ove si ergono la torre normanna, detta Castellaccio, e il Castello Dei tre Cantoni. Si compone di una serie di grotte e cave disposte su gradoni ai lati della montagna, generalmente dotate d’un piccolo fazzoletto di terra all’entrata e alcune fabbricazioni in muratura, di epoca contemporanea, direttamente aderenti alle pareti rocciose. L’origine del nome è oscura e di non facile identificazione. Potrebbe derivare dalla corruzione di una frase in cui l’unico elemento chiaro risulta essere il fora finale, come ad indicare un quartiere fuori dalla cinta muraria della città. Tra il V-VII secolo d.C., in epoca bizantina, fu sito funerario, successivamente subì un processo di incastellamento, fra l’VIII ed il XV secolo, nacque un quartiere urbano e l’area venne fortificata. Nel corso del IX secolo, si diffuse il fenomeno del Troglodismo (l’uso di abitare in caverne naturali) probabilmente a seguito della conquista araba (864/865) e dell’arrivo di popolazioni dal Nord Africa. Tale fenomeno si acuì sotto la dominazione normanna (dal 1091) con l’arrivo di immigrati da aree trogloditiche dell’Italia meridionale. Il centro abitativo continuò a crescere fino al XV secolo quando, anche se lentamente, l’abitato cominciò ad estendersi a valle. Il quartiere mantenne un’importanza strategica per tutta l’età moderna sino al 1700, periodo nel quale tale area va marginalizzandosi rispetto allo sviluppo urbano della città. Tra l’800 e gli inizi del ‘900 si verifica un progressivo e inesorabile degrado di questi luoghi, abitati oramai da gruppi emarginati della società cittadina tanto che, le condizioni economiche, sociali e igienico-sanitarie dei suoi abitanti, fanno di Chiafura un insediamento fuori dal tempo. Nel maggio del 1959, su iniziativa dei giovani del Movimento Culturale Vitaliano Brancati, a spese e su invito del PCI locale, vennero a visitare questi luoghi alcuni intellettuali tra i quali Renato Guttuso, Carlo Levi e Pier Paolo Pasolini. Quest’ultimo così descrive l’esperienza: “Chiafura era una specie di montagna del Purgatorio, con i gironi uno sull’altro, forati dai buchi delle porte saracene, dove la gente ha messo un letto, delle immagini sacre, dei cartelloni di film alle pareti e lì vive ammassata, qualche volta con il mulo. Si tratta di un rustico agglomerato troglodito, composto da cento bocche che si aprono nel lato sinistro del colle di S. Matteo. Le grotte furono abitate fino agli anni ’50 e per tale motivo furono oggetto di denunzie e di lotte sociali a livello nazionale. L’insieme delle grotte ha una visione veramente suggestiva, ma sono anche una testimonianza del sottosviluppo e dell’emarginazione del Meridione”.
La fornace Penna. Situata sul litorale sciclitano, tra Sampieri e Marina di Modica, precisamente in contrada Pisciotto, la fornace fu edificata tra il 1909 e il 1912 dall’ingegnere Ignazio Emmolo che, con l’appoggio del barone Penna, avviò una società di costruzione di materiale edile. Grazie alla sua ubicazione, poteva godere di un facile attracco, dovuto al fondale abbastanza profondo, della vicinanza alla ferrovia e ad una sorgente locale per l’approvvigionamento di acqua, nonché della cava di argilla a non più di 200 metri. Decine di operai vi hanno lavorato per oltre un decennio producendo laterizi esportati in tutti i paesi del mediterraneo prima che, un rovinoso incendio, la rendesse inutilizzabile e l’incuria umana la lasciasse al suo destino. Lunga 86 metri, era composta da sedici camere disposte ad anello, ornata da una ciminiera di oltre 40 metri d’altezza. Oggi ne resta un rudere ma allo stesso tempo uno splendido esemplare di architettura industriale, suggestivo nella sua decadenza. Ha fatto da sfondo ad alcuni episodi della serie de “Il Commissario Montalbano”.
Toponomastica – Le origini del toponimo sono incerte ma secondo molti studiosi è da riferire al termine siclis, uno degli appellativi utilizzati per indicare i Siculi, famosi popoli del mare che gli egiziani chiamavano Sheklesh. Un tempo, di fatti, il paese era identificato con il nome di Scicla.
Origini – Alcuni scavi archeologici, come quelli di Grotta Maggiore, situata vicino all’Ospedale Busacca, testimoniano che i primi insediamenti umani nella zona risalgono al periodo neolitico e sono databili tra il III millennio e il XVIII secolo a.C. (età del rame e del bronzo). La conformazione territoriale ricca di cave e grotte carsiche ha favorito, nei secoli, la nascita di numerosi insediamenti rupestri. Si ricordano infattil’insediamento tardo bizantino del VII secolo d.C. sito in località Castellaccio, l’insediamento rupestre bizantino (VIII secolo d.C.) e medievale (X-XI secolo d.C.) in località Chiafura. La presenza greca è testimoniata da ritrovamenti archeologici, quali i resti di un abitato greco presso la foce dell’Irminio. Vi sono tracce della presenza cartaginese a cui fa seguito la dominazione romana, nel III sec a.C., epoca in cui la città divenne una decumana, soggetta al tributo della decima. Con la caduta dell’impero romano, Scicli fu costretta a fare i conti con le incursioni barbariche. Sotto la dominazione bizantina si avviò un processo di fortificazione del territorio. Dopo un lungo assedio,nell’864 la cittadina finì sotto il controllo degli Arabi che apportarono un notevole benessere economico. Si assistette ad un rifiorire dell’agricoltura, grazie a nuove tecniche di coltivazione, allo sviluppo del commercio soprattutto marittimo. Si fa risalire all’anno 1091 il passaggio di Scicli al dominio normanno per opera di Ruggero I d’Altavilla.
Alla battaglia, avvenuta nella Piana dei Milici, è legata la leggenda della Madonna delle Milizie. Si narra che la battaglia finale fu vinta dai Cristiani per l’intercessione della Vergine Maria scesa su un bianco cavallo in vesti di gloriosa guerriera e brandente una lunga spada a difesa di Scicli.
Nella località in cui ebbe luogo la battaglia venne costruita la chiesetta della Madonna dei Milici e, ogni anno, viene ricordata con la Festa delle Milizie, una delle principali attrazioni folkloristiche di Scicli. I nuovi governanti introdussero il sistema feudale, Scicli fu assimilata alla diocesi di Siracusa e ottenne il titolo di città demaniale. Nel 1194, anche Scicli, come l’intera isola, passò sotto il controllo degli Svevi che continuarono una politica di sviluppo favorendo il prosperare dell’economia. La casa teutonica conservò il proprio potere sino al 1266 quando le conquiste di Carlo I D’Angiò diedero inizio al periodo angioino, caratterizzato dal malgoverno e dalla condotta parassitaria dei dominatori nei confronti della Sicilia, considerata mera terra di conquista e fonte di ricchezze da sfruttare. Un tal stato di cose diede origine a un grave malcontento che nel 1282 sfociò nella celebre rivolta dei Vespri Siciliani. Scicli insorse contro le guarnigioni francesi del luogo cacciandole e ponendosi sotto la protezione di Pietro III d’Aragona. Durante la successiva dominazione aragonese l’abitato entrò a far parte della Contea di Modica, feudo di Federico Mosca (1283-1296), dei Chiaramonte (1296-1392), dei Cabrera (1392-1480) e degli Enriquez-Cabrera (1481-1742). Scicli fu anche sede di una delle dieci circoscrizioni militari della Contea, denominate Sergentizie. Il XVII secolo resta nella memoria per alcuni tra gli eventi più catastrofici per la città di Scicli e non solo. Spostatasi dal colle alla pianura, la città si sviluppò in estensione e in popolazione, sino a raggiungere le 11.000 unità ma, nel 1626, un’epidemia di peste uccise il 60% della popolazione sciclitana con conseguenze devastanti, negli anni a venire, sul piano economico-sociale. Nel 1687, la città fu rimessa in ginocchio da un’enorme invasione di cavallette che distrusse i raccolti. Il secolo si chiuse con un evento epocale per tutta l’isola: il grande terremoto del 1693 che a Scicli causò la morte di circa 3.000 persone e rase al suolo gran parte della città. Nel corso del XVIII secolo, la città venne interamente ricostruita secondo i canoni dell’architettura barocca. Dal 1734 la storia di Scicli, cambiò ancora una volta i propri interpreti con l’inizio della dominazione borbonica.
Scicli contemporanea – Sotto i Borboni, entrò a far parte della circoscrizione di Siracusa e riprese una lenta ricostruzione dei propri edifici, della propria economia ed identità. Arrivò all’appuntamento con la storia, nel 1861, come una nuova realtà del nascente Stato italiano. Nel 1927 insieme ai comuni del circondario di Modica, entrò a far parte della nuova Provincia di Ragusa. Il vero decollo economico della cittadina, si ebbe solo intorno agli anni ’60 del XX secolo grazie all’introduzione delle tecniche di coltura in serra.
Centro storico – Presenta un impianto medievale costituito da un affascinante snodo di vie che accolgono le tipiche case rosa di Scicli. Via Francesco Mormino Penna è il cuore del centro storico, vi si affacciano palazzi nobiliari settecenteschi quali Palazzo Spadaro, Palazzo Bonelli, Palazzo dei Conti ed edifici sacri come la Chiesa di San Giovanni Evangelista, la chiesa di San Michele e la chiesa di Santa Teresa.
Architettura Religiosa
- Chiesa di San Bartolomeo Apostolo: edificata all’inizio del XV secolo, sopravvisse al terremoto del 1693. L’interno, costituito da un’unica navata a croce greca, si rifà allo stile tardo barocco; appare ricco di stucchi, decorazioni e affreschi fra i quali si distinguono quelli incentrati su episodi della vita di San Bartolomeo. Una delle caratteristiche principali della chiesa è la presenza di un antico presepe composto da ventinove statue alte un metro. La facciata, risale ai primi dell’Ottocento.
- Chiesa di San Michele: di struttura trapezoidale, di chiara impronta settecentesca, con un’abside a semi ellisse ed una volta a guscio di noce. Presenta delle decorazioni in stucco ottocentesco in stile neoclassico.
Chiesa di San Matteo: simbolo di Scicli e chiesa Madre fino al 1874, è posta sul colle di San Matteo, sito della città vecchia. È l’edificio ecclesiastico più antico della Città, alcuni storiografi ne fanno risalire la fondazione all’epoca paleocristiana, altri alla dominazione normanna. Di certo esisteva durante il Medioevo nello stesso sito una grande basilica a tre navate con un alto campanile collocato a sud, dietro alle absidi; l’attuale pianta dovrebbe rispecchiare per sommi capi quella medievale: tre navate a cinque campate che sfociano in un ambiente centrico formato dal transetto e dalle tre absidi rettangolari. - Chiesa di Maria Santissima della Consolazione: la Cupola e l’abside sono di costruzione tardo barocca e Rococò ma la struttura è la stessa che resistette al terremoto del 1693 e risale al 1600 circa. Di notevole rilievo sono le pavimentazioni, le decorazioni intarsiate, gli stalli lignei ottocenteschi e il grande organo settecentesco.
- Chiesa di Santa Maria La Nova: l’assetto attuale della chiesa è ottocentesco. Sia il piano di stuccatura che l’impianto monumentale dell’edificio risentono dello stile in voga al tempo. La chiesa apparteneva all’arciconfraternita di Santa Maria La Nova, erede, alla fine del ‘500, dell’ingentissimo patrimonio che costituiva l’eredità di Pietro Di Lorenzo detto Busacca. L’intero complesso è incredibilmente denso di sculture, pitture e reliquie di grande interesse per antichità e pregio. Annesso all’edificio ecclesiale il cosiddetto giardino di San Guglielmo con l’omonima Chiesetta e il tronco del cipresso che la tradizione vuole piantato dal santo. Nel 1878, nell’archivio dell’Arciconfraternita di S. Maria La Nova di Scicli, furono scoperti antichi preziosi manoscritti, tra i quali i Codici Sciclitani.
- Convento dei Cappuccini: il complesso si estende fra le pendici delle rocciosa collina della Croce e l’altura argillosa della Bastita. Il convento fu costruito annesso a quella che era la chiesa di S. Agrippina. Il culto della santa si trasferì poi nella chiesa di San Giuseppe dove ancora rimane una bellissima statua del Quattrocento (di probabile scuola gaginiana) dedicata alla Santa.
- Complesso della Croce: di origini tardo medievali, custodisce tra le sue vecchie mura due antichi chiostri porticati; l’interno della chiesa, rimodulato nel Settecento con un ciclo di stucchi bianchi, conserva ancora numerose lapidi e sepolcri medioevali. La facciata, sobria ed elegante, è impreziosita da un portale con archivolto gotico catalano, da tre stemmi (quello dell’Università di Scicli, quello degli Enriquez e quello dei Cabrera) e da una porzione di cornice che apparteneva al rosone.
- Convento di Sant’Antonino: fu realizzato fra il 1514 ed il 1522
- Complesso del Carmine: ha uno stile tipicamente Rococò. L’impianto architettonico ad aula unica, è definito da un ciclo di stucchi monocromi attribuiti allo stuccatore palermitano Gianforma. La corte presenta due statue collocate all’interno di nicchie settecentesche. La pavimentazione geometrica è a ciottoli.
- Chiesa di Santa Lucia: databile intorno al 1500-1550, sorge sul colle di San Matteo.
- Chiesa di San Guglielmo (ex Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola): fu annessa al collegio dei gesuiti nel ‘700; è la Chiesa Madre della città dal 1874, anno del trasferimento della Matrice dalla Basilica di San Matteo.
- Chiesa di San Giovanni Evangelista: la facciata concavo-convessa a tre ordini rivela influssi borrominiani. L’interno a pianta ellittica è sormontata da una cupola. Gli stucchi e le decorazioni dell’interno sono del secolo XIX.
- Chiesa di San Giuseppe: si trova nel quartiere omonimo; l’interno è settecentesco e custodisce la statua lignea di S. Giuseppe, laminata in argento e quella gaginiana di S. Agrippina
- Chiesa di Santa Teresa: la facciata rivela tracce della tradizione architettonica precedente il terremoto del 1693. L’interno tardobarocco è uno dei più ricchi della provincia per gli stucchi, le tele, le sculture, le pavimentazioni a tarsie bianche e nere.
Architettura Civile
- Palazzo Beneventano: edificato nel XVIII secolo, è uno dei gioielli dell’architettura tardo barocca siciliana. Caratteristici i mascheroni “irriverenti” che adornano i due monumentali prospetti legati da un notevole cantonale. In cima a questo, svetta lo stemma coronato dei Beneventano decorato da due teste di mori, ormai uno dei simboli della Città. È stato inserito nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO.
- Palazzo Fava: è uno dei primi, monumentali palazzi barocchi della ricostruzione; notevoli le decorazioni tardo barocche del portale d’onore e dei balconi su piazza Italia, raggiunge l’apice del genio nell’unico balcone su via san Bartolomeo ornato di grifoni, mostri di ascendenza medievale e manieristica e svariate teste di moro.
- Palazzo Spadaro: chiaro esempio dell’evoluzione stilistica e del cambio di gusto dal tardo barocco alla raffinata e ricercata cultura rocaille. Situato in Corso Mormino Penna, ha un prospetto concavo. L’ingresso principale presenta un’elegante scalinata a due rampe detta “a tenaglia” opera del capomastro Giorgio Vindigni di Modica, con magnifiche decorazioni scultoree e pittoriche dai colori vivaci. Sulla rampa di destra è collocato un dipinto su tela realizzato tra il 1926 e il 1930 da Raffaele Scalia (pittore nativo di Avola che si ispira alla pittura della seconda metà dell’800), raffigurante una donna e tre bambini con la mano tesa per chiedere l’elemosina (La povertà) mentre dalla parte opposta della scala v’è un altro dipinto, dello stesso autore, raffigurante una madre con due ragazze nel pieno della tranquillità familiare (la ricchezza). Non a caso le scalinate erano adibite alla servitù, la prima, e alla famiglia Spadaro, la seconda.
- Palazzo di Città (Municipio): in stile neorinascimentale, fu costruito nel primo Novecento nei luoghi dove sorgeva il monastero delle Benedettine, annesso alla chiesa di San Giovanni Evangelista.
- Palazzo Veneziano-Sgarlata: palazzo del tardo ‘700, si affaccia su via Mormina Penna come tipica dimora dell’alta nobiltà cittadina, con un grande portone centrale, sovrastato dal balcone che echeggia autorità. Si tratta di una costruzione caratterizzata da una rigida struttura geometrica addolcita da una serie di decorazioni floreali, capitelli e mascheroni.
- Palazzo Bonelli: costruzione molto sobria, di metà ottocento, ha all’interno una serie di pregevoli decorazioni, una ricca mobilia e alcuni dipinti novecenteschi del maestro Scalia.
- Palazzo Conti: costruzione di fine ottocento dall’aspetto neoclassico, si caratterizza per una certa sobrietà pur piacevolmente armoniosa nel disegno geometrico.
- Palazzo Papaleo: si tratta di una struttura creata dalla fusione di due diversi edifici con stili architettonici diversi e ben distinguibili.
Sono presenti altri edifici e monumenti storici di rilevanza culturale: Villa Penna; Fornace Penna.
Siti Archeologici
- Il Castellaccio di cui rimangono pochi ma maestosi resti sulla cima rocciosa del colle di San Matteo. Si tratta di un torrione, probabilmente il mastio di un complesso fortificato più ampio e articolato andato perduto per via del progressivo sfaldamento dei costoni rocciosi sui quali era costruito.
- Il Castello dei Tre Cantoni è posto a difesa dell’unico fronte non dirupato e quindi naturalmente protetto della città antica, quello orientale, verso Ispica. Si erge su un profondo fossato che divide il territorio urbano intra moenia dalla campagna; un bastione quadrilatero fa da zoccolo all’intera struttura rinforzata agli angoli da ulteriori torri; sulla sommità sono ancora visibili e visitabili le fondazioni di una torre triangolare di età antica che dà il nome al complesso. A occidente su una terrazza calcarea si apre la cosiddetta piazza d’Armi che sovrasta i resti del vicino Castellaccio.
- Sito della Grotta Maggiore datato fra l’Età del Rame e l’Età del Bronzo antico (III-II millennio a.C. – XVIII-XV secolo a.C.)
- Necropoli in contrada Ronna Fridda. Sono distinguibili una necropoli preistorica del Bronzo medio (XIV sec. – XII sec.) e una necropoli cristiana del IV sec. d. C.
- Cancellieri è un sito del periodo greco classico, databile dal IV al II sec. a.C. Include una fattoria greca del IV sec.
- Chiafura è una vasta area di interesse archeologico, storico, ed etnoantropologico situata nelle immediate adiacenze del centro urbano di Scicli occupante il fronte meridionale del colle di San Matteo, già sede della città vecchia.
La principale risorsa economica della cittadina è costituita dall’agricoltura. La serricoltura si è sviluppata lungo l’intero litorale, dando vita a fiorenti aziende. Le produzioni più importanti sono quelle dell’olio, del vino, degli agrumi, degli ortaggi e dei fiori. Il turismo, soprattutto negli ultimi anni, ha fatto registrare un notevole balzo in avanti, favorito dalla bellezza del barocco locale riconosciuto e tutelato a partire dal 2002 dall’Unesco, e dal ritorno d’immagine offerto dalla fortunata serie del Commissario Montalbano, frutto della penna dello scrittore agrigentino Andrea Camilleri.
Evoluzione demografica – Agli inizi del 1600, Scicli contava una popolazione di circa 11.000 abitanti drasticamente decimata dall’epidemia di peste, dalla successiva invasione delle cavallette e dal terremoto del 1693. Ci vollero quasi due secoli prima che la città tornasse a registrare, nel 1861, una popolazione di 10.288 abitanti. All’inizio del novecento invece, la crescita si fece esponenziale fino a raggiungere, nel 1901, i 16.220 abitanti e i 24.390 appena vent’anni dopo (1921). Una decisa flessione, chiaramente riconducibile alla crisi economica mondiale, fu registrata negli anni ’30, post crisi del ’29, registrando un calo di popolazione fino al minimo dei 21.827 nel 1936. La crescita ha avuto un andamento costante per tutto il dopoguerra toccando picchi rilevanti nel 1961 con 23.539 e i 24.565 del 1981. A partire dal 2003-2004, l’incremento demografico inizia a risentire del fenomeno migratorio e dell’arrivo quindi di cittadini stranieri, con un picco incrementale che nel 2013 ha toccato le +1.112 unità, per una popolazione complessiva di 27.033.
Etnie e minoranze – A Scicli è presente una nutrita popolazione straniera composta, ad oggi, di circa un migliaio di persone. I principali gruppi etnici sono quello magrebino, con in testa cittadini di origine tunisina, e quello dell’Europa dell’est, maggiormente albanesi.
Musei – Museo della cucina iblea; Museo del costume; Grotte – Museo “A rutta di Ron Carmelu”, sito rupestre di Chiafura; Presepe artistico dei fratelli Marineo, grotta di Santa Maria La Nova; Presepe artistico della famiglia Caruso.
Biblioteche – La Biblioteca Comunale C. La Rocca venne istituita il 16 marzo 1960 e ha sede nei ristrutturati locali dell’ex carcere di Scicli.
Teatri – Teatro Italia, sito in Piazza Italia.
Sacro e Profano – La festa più sentita dalla popolazione è quella della Madonna delle Milizie, patrona della città, che si svolge durante l’ultima settimana di maggio. La rappresentazione teatrale del sabato, che rievoca la cacciata dei Mori dall’isola, è il momento più caratteristico della ricorrenza. Altro appuntamento importante è quello della Cavalcata di San Giuseppe, in programma a metà marzo; si tratta di una processione guidata da cavalieri in sella a cavalli bardati a festa, che culmina nell’accensione di falò nella varie piazze della cittadina. Al termine della cerimonia, sul sagrato della chiesa di San Giuseppe è offerta una cena a base di prodotti locali. La Festa del Cristo Re prevede una processione durante la domenica di Pasqua. Natale a Scicli: nel quartiere storico di Scicli, la Cavuzza di San Guglielmo, si svolge il tradizionale presepe vivente, immerso in una vallata con una fitta vegetazione di fichi d’India. La Sagra della Seppia di Donnalucata si svolge a marzo in concomitanza ai festeggiamenti per san Giuseppe. Negli ultimi anni è stato istituito il Marzo a Scicli, Mese della Cultura, che prevede un cartello fitto di eventi che variano dall’arte con mostre, estemporanee di pittura, al cinema con cineforum organizzati dalle associazioni culturali, al folklore con le feste di primavera. La Sagra del Pomodoro di Sampieri si svolge l’1 maggio, in tale occasione viene anche allestita una fiera dell’artigianato a cui prendono parte numerose aziende provenienti da tutta Italia. Basole di Luce festival: si tiene nel mese di agosto. Il suo nome vuole magnificare la luce riflessa sulle basole delle vie del centro storico; l’evento prevede una serie di manifestazioni di carattere culturale, con spettacoli musicali, teatrali e di intrattenimento incentrati sul confronto tra le etnie e i popoli. Carnaluvaru ra Stratanova: il Carnevale da anni viene festeggiato in Corso Umberto, prevede manifestazioni, sketches in maschera, sfilate e carri allegorici. Taranta Sicily Fest: festival di musica popolare che si tiene nel mese di agosto.
Nella cucina tradizionale sciclitana è riscontrabile l’uso di aglio, cannella, chiodi di garofano, vaniglia, caciocavallo, carrube, ranza (crusca), maiorca e maiorchino, mandorle, miele, mosto, semi di finocchio, pomodoro, prezzemolo, sugna ,scorza di agrumi, tuma, zafferano. Fra i piatti salati ricordiamo: ‘Mpanate e Pastizza, principi della tavola natalizia; ‘Nciminate, pane tradizionale cotto rigorosamente nel forno a legna, anticamente realizzate con la farina di crusca; ‘Nfigghiulate, grandi sfoglie ripiene di ricotta, riso, uova, formaggio, pomodoro, anch’esse tipiche della tradizione natalizia; Pasta che Simigni, minestra con legumi ed erbe spontanee condita con olio, pepe e formaggio; Fave pisciate, fave messe a mollo in acqua, fatte asciugare al sole e poi cotte al forno; Cuoddu chinu, collo di gallina o di pollo ripieno di riso, frattaglie, uova sode, formaggio, pepe; Sangieli, sanguinaccio cotto con aromi dentro budella di maiale; I Maccarruna ri San Guglielmo, pasta di grano duro realizzata a mano e modellata mediante appositi “pettini”, la loro origine è molto antica, risalente al XV secolo; Miliddi, pasta di pane cotta a forma di grandi grissini, anticamente arricchita con anice, zucchero o miele; Scacce, rotoli di finissima pasta di pane conditi con cipolla e pomodoro, ricotta e salsiccia, prezzemolo e cipolla, baccalà. Fra i dolci: Cubbaita, croccante di semi di sesamo e miele, arricchito con pezzi di mandorle e scorzette d’arancia, un dolce dalla palese derivazione araba; Cuccìa, grano fermentato cotto in acqua (o vino) e miele; Mustazzola, dolci molto originali preparati con farina, miele (o vino cotto) e mandorle, il cui nome deriva dai grandi baffi (mustacchi) dei temutissimi Turchi; Jadduzzi, piccoli involti di pasta ad “S” ripieni di miele (o mosto) e farina, coperti dalla marmara, una glassa di zucchero, albumi d’uova e succo di limone; Biancomangiare, budino realizzato con latte di mandorla, amido, zucchero e cannella, fatto raffreddare dentro apposite formelle, adagiato (nella sua ricetta originale) su foglie di limone cosparse di granelli di zucchero; Firrignozza, biscotti a forma di grandi savoiardi morbidi, realizzati con farina, amido, latte e uova, da inzuppare nel caffelatte; Cuddureddi, dolce unico e complesso, tipico del periodo della vendemmia, è realizzato dalla cottura di piccoli gnocchi di pasta (preparati rigorosamente a mano) nel mosto bollente trattato con polvere di pietra. Una volta cotti, vanno serviti in scodelle di terracotta e conditi con granella di mandorle tostate e tritate e un pizzico di cannella. Nella ricetta tradizionale si cospargeva anche dello zucchero, mentre nella versione più moderna si preferisce la scorzetta di limone; Teste di Turco, grandi bignè ripieni di crema, cioccolato o ricotta (oggi è possibile gustarli con chantilly, pistacchio, nocciola, ecc.), rappresentano forse il dolce più noto ai turisti. La loro forma rimanda alle teste mozzate dei “Mori”, una sorta di trofeo di guerra dei musulmani sconfitti, secondo la leggenda, grazie all’intervento della Madonna delle Milizie nel 1091 sulla spiaggia di Micenci.
- Giuseppe Federico Beneventano della Piana (1824 – 1880), famoso baritono
- Guglielmo Buccheri, (1309 – 1404), religioso
- Lucio Schirò, (1877 – 1961), giornalista, politico e pastore metodista
- Giovanni Cartia, (1894 – 1959), avvocato e politico
- Quintino Cataudella, (1900 – 1984), filologo, latinista e grecista
- Elio Vittorini, (1908 – 1966), scrittore
- Valentino Gerratana, (1919 – 2000), filosofo, storico
- Severino Santiapichi, (1926 – 2016), magistrato e scrittore
- Piero Guccione (1935), pittore e incisore, allievo di Guttuso
- Mario Occhipinti, (1954), politico
- Giuseppe Drago, (1955 – 2016), politico
- Max Gazzè, (1967), cantautore, bassista e attore
- Venera Padua, (1957), politica
- Vincenzo Garofalo (1960 – 1994), carabiniere insignito di medaglia d’oro al valor militare
- Orazio Ragusa (nato a Scicli, Sampieri il 13/06/1955), è stato consigliere comunale a Scicli, consigliere provinciale e capogruppo; nel dicembre 2005 si candida alle elezioni per il rinnovo dell’assemblea regionale siciliana del 28 maggio 2006. Attualmente deputato, lo è stato anche per la XIV e XV Legislatura.
Come arrivare
Scicli è raggiungibile da Catania per mezzo della Strada statale 194 Catania-Ragusa; dista 86 km da Siracusa alla quale è collegata mediante la Strada Statale 115 Siracusa – Scicli. Esistono collegamenti quotidiani in autobus a partire dalla Stazione Ferroviaria Centrale di Catania e dall’aeroporto di Fontanarossa. È raggiungibile in treno con le linee Catania – Siracusa, e Siracusa – Scicli.
La città, dista quasi 50 km dall’aeroporto di Comiso Pio La Torre, nato come aeroporto militare, è stato riconvertito all’aviazione generale civile e cargo ed è stato inserito nel piano regionale del trasporto aereo siciliano, che prevede la costituzione di due poli aeronautici: quello occidentale, costituito dagli aeroporti di Palermo e Trapani, e quello orientale, rappresentato dagli scali di Catania e Comiso. L’aeroporto è stato aperto al traffico civile il 30 maggio 2013.