Identita Monterosso Almo

Amministrazione

SINDACO

Salvatore Pagano

In carica dal: 13/06/2022

Deleghe:

Bilancio, Sport e Spettacolo Sviluppo economico personale

Sito istituzionale

www.comune.monterossoalmo.gov.it

Giuseppina Carnibella

Deleghe:

Risorse educative, Cultura-Politiche giovanili e femminili

Mariano Dibenedetto

Deleghe:

Servizi Sociali

Concetta Giaquinta

Deleghe:

Vicesindaco, Territorio-Ambiente ed Ecologia, Politiche del Turismo, Beni Comuni-Partecipazione Programmazione

Giacomo Mazzarello

Deleghe:

Agricoltura, Politiche forestali, Protezione civile, Viabilità esterna, Viabilità interna, Lavori pubblici, Verde pubblico

Monterosso Almo, il più alto Comune della Provincia

ll Parco Naturale di Calaforno, area boschiva di rara bellezza, si estende nella zona dei Monti Iblei. L’itinerario si sviluppa attraverso un paesaggio ricco di vegetazione tipicamente mediterranea rappresentata dal Pino d’Aleppo e dal Platano. Il parco si estende tra gli splendidi borghi di Monterosso e Giarratana. All’interno del Parco è altresì possibile visitare il Lago artificiale di Santa Rosalia. In un contesto naturalistico di grande suggestione, nidificano numerose specie di uccelli tra le quali il corvo imperiale (Corvus corax), il gheppio (Falco tinnunculus) e il nibbio reale (Milvus milvus). All’interno di un folto bosco che gli fa da cornice, si trova il piccolo santuario medievale intitolato alla santa dei palermitani, nata nel 1130 e morta nel 1166. Nell’area sono presenti: la Grotta dei Santi e dei Dinàri. Si tratta di un sito archeologico di valore assoluto, per quanto poco celebrato. La Grotta dei Santi è un complesso religioso, risalente alla tarda età del rame (oltre 3.000 a.C.), costituito da due costruzioni sepolcrali ipogeiche (relativo a costruzioni sotterranee, realizzate all’interno di  cavità naturali), una delle quali successivamente trasformata in chiesa rupestre. Di altissimo valore storico ed artistico è l’abside, ricavata nella roccia, finemente affrescata in epoca bizantina. Il complesso architettonico si sviluppa secondo una struttura sequenziale ed irregolare di 35 camere circolari di circa 2-3 metri che si snodano per più di 100 m. Poco distante si trova la grotta dei Denàri, così chiamata per via di una leggenda che la vuole nascondiglio di mirabolanti tesori, ritrovabili solo mediante la conoscenza di formule magiche rituali.

Toponomastica – Le prime notizie riguardanti il nome, Monte Iohalmo, risalgono all’epoca normanna quando il borgo fu ceduto dai Conti di Ragusa alla Chiesa siracusana. L’odierno nome di Monterosso si deve invece al Conte Enrico Rosso, signore del borgo e sposo della figlia di Federico Chiaramonte.

Origini – La zona fu abitata sin dalla preistoria, come dimostra il ritrovamento della necropoli di Calaforno e di Monte Casasia. Sulla strada Vizzini-Monterosso, si trovano infatti le grotte dei Santi con alcuni affreschi bizantini, adibite a scopi funerari, sono state successivamente abitate nel periodo delle persecuzioni cristiane. Anche se mancano fonti documentarie scritte, è probabile che nei secoli quest’area, al pari del territorio circostante, sia passata attraverso la dominazione greca e romana. Attestazioni scritte, invece, si hanno a partire dal periodo bizantino (VI/IX secolo d.C.). Il paese nacque con scopi difensivi, come aggregazione di abitanti provenienti da diversi villaggi della zona, vessati da ripetute invasioni e razzie. Durante la dominazione normanna, nel 1168, Monterosso appartenne al Conte di Ragusa, Goffredo. Risale a questo periodo una prima formulazione del nome del paese: Monte lohalmo. Nel secolo seguente il borgo passò al conte Enrico Rosso, signore di Cerami, il quale costruì, presso contrada Casale, un castello del quale oggi si è persa ogni traccia. In seguito alle nozze di Enrico con la figlia di Federico Chiaramonte, il paese entrò a far parte della Contea di Modica e la cittadina prese il nome di Monterosso. Dopo la caduta dei Chiaramonte, intorno all’anno 1393, la contea passò nelle mani di Bernardo Cabrera, il quale, assetato di potere, portò il borgo alla rovina. Fallite le sue ambizioni di ottenere la corona di Sicilia, fu costretto a pagare un forte debito e per questo vendette il piccolo feudo. Nel 1693 Monterosso fu quasi completamente distrutto dal violentissimo terremoto che sconvolse tutta la Sicilia orientale. Solo pochi ruderi rimasero integri quali la cappella di S. Antonio e il Mulino Vecchio. A quell’epoca, Monterosso sorgeva per lo più nelle contrade di S. Venera, Utra, Mulino Vecchio, S. Antonio il Vecchio e Grazia, nella quale si trovava una chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie. Di questa chiesa esiste oggi una cappella in memoria della tragedia, mentre nelle contrade di Mulino Vecchio e di Santa Venera sono ancora presenti dei resti delle vecchie chiese. Il paese fu ricostruito ancora più in alto, nel corso del ‘700, in quella che è ancora oggi la sua posizione geografica.

Lo stemma di Monterosso è rappresentato da un lupo accanto ad una torre merlata, proprio a indicare la struttura fortificata del borgo e la folta presenza di lupi nella zona. Durante la dominazione spagnola, la cittadina fu conosciuta anche come Lupia o Casal Lupino.

Monterosso contemporanea – Divenne comune libero dopo la formale abolizione del feudo da parte del governo borbonico, con la costituzione del 1812 e andò a far parte del Regno d’Italia nel 1861. La cittadina è divisa in due parti, quella superiore e quella inferiore, conseguenza della conformazione territoriale sulla quale si modella. La cosa, nel corso del tempo, ha determinato anche delle divisioni campanilistiche. A causa di un sostanziale isolamento, va oramai costantemente spopolandosi da più di un secolo, tuttavia, forse proprio grazie a questa caratteristica, mantiene un fascino unico e senza tempo.

Centro storico – E’ costituito dalla grande piazza centrale dedicata a San Giovanni dove si affacciano il Municipio del Paese, Palazzo Cocuzza, la Chiesa di San Giovanni Battista.

Architettura Religiosa

  • Basilica di San Giovanni Battista: una struttura ecclesiastica esisteva già nel XVI secolo. Nel 1593, è documentata infatti l’esistenza del quartiere San Giovanni, sviluppatosi molto probabilmente attorno alla chiesa consacrata al culto. In un documento datato 19 novembre 1596, si fa esplicita menzione della chiesa di San Giovanni Battista in merito all’intenzione di trasferirvi alcune reliquie. Risalgono al 1651 alcune descrizioni dettagliate fatte dall’arcivescovo Giovanni Antonio Capobianco, in visita alla Basilica. Riguardano: l’altare maggiore, gli altari dei Santi Cosma e Damiano, dell’evangelista San Giovanni, di San Giuseppe, l’altare del battesimo di San Giovanni, di Santa Caterina, di San Gregorio o delle anime del Purgatorio, l’altare della Pietà, di Santa Maria Maddalena e l’altare di Santa Maria dei Pericoli. Il terremoto del 1693 non distrusse la Chiesa che riportò solo alcuni danni. L’opera di ristrutturazione avvenne lungo il corso del 1700, portò alla realizzazione della seconda chiesa di San Giovanni Battista e della statua di Santa Maria dei Pericoli, datata 1741, opera dell’illustre maestro Cultraro di Ragusa.
  • Chiesa matrice di Santa Maria Assunta. Risale circa all’anno 1000 ed è menzionata in un diploma del 1168 a favore del Vescovo Riccardo della diocesi di Siracusa. La chiesa Matrice sotto il titolo dell’Assunzione, in precedenza era dedicata a S. Nicolò. La Chiesa è in stile neogotico con riferimenti romanici, rimase intatta in occasione del devastante sisma del 1693. Contiene alcune pregevoli ed antiche opere d’arte quali: il fonte Battesimale, risalente alla costruzione della Chiesa; un’acquasantiera, databile XI secolo, raffigurante il leone e l’ariete con la colonnina del V secolo dichiarata monumento Nazionale; un crocifisso ligneo del 1400; due Acquasantiere del ‘200; tre tele settecentesche dell’Annunciazione, una raffigurante S. Biagio e una di Santo Spiridione.
  • Chiesa di Sant’Antonio Abate. Monumento nazionale, struttura di stile tardo barocco. Al suo interno si trovano preziose opere pittoriche come la pala d’altare del martirio di San Lorenzo, una tela raffigurante il battesimo di Costantino e la Madonna del Carmelo.

Architetture civili

  • Palazzo Cocuzza. La costruzione ha avuto inizio nel 1880 in un’area occupata in precedenza da case contadine. Si affaccia sulla Piazza S. Giovanni in pieno centro storico di Monterosso. Il progetto è dell’ingegner Sciuto. L’opera risulta difforme al progetto originale, infatti rimase incompleta la parte nord-est. La struttura ha forma trapezoidale con uno sviluppo in verticale costituito da tre livelli, con un piano terrazzato, un piano seminterrato, un piano terra al quale si accede attraverso un portale simmetrico, riccamente decorato e sormontato dallo stemma araldico. Il primo piano (o Piano Nobile), si presenta realizzato in conci di pietra aventi due diverse dimensioni, in modo da formare dei ricorsi orizzontali di particolare forma e disegno, è riccamente decorato con stucchi e dipinti. Attualmente ospita il museo Comunale.
  • Palazzo Barone Noto (o Palazzo Noto), antica residenza della famiglia Noto.  Parzialmente distrutto dal terremoto del 1693, ricostruito in un stile novecentesco.

Sono presenti altri edifici e monumenti storici di rilevanza culturale:

Osservatorio astronomico, situato all’interno della villa comunale, è dotato di un telescopio Nextar 5 della Celestron, strumento di altissima qualità in questo campo; Chiesa sconsacrata di Sant’Anna; Casa Palizzata Barone Burgio; Fontana pubblica del 1894.

Siti Archeologici

Ipogeo di Calaforno (Grotta dei Santi e dei Denàri). Complesso archeologico ipogeico risalente all’età del rame.

L’economia dell’area, grazie all’abbondanza delle acque, si avvaleva in passato del lavoro di macinazione dei mulini. Oggi vive prevalentemente di: agricoltura, nel cui ambito spiccano le coltivazioni di cereali, olive, ciliegie, nespole, mandorle, noci e fichi; allevamento di bovini e ovini, con la produzione di un ottimo formaggio pecorino. Molto importante per lo sviluppo della zona è anche il cosiddetto turismo verde, attratto dal parco di Calaforno e dal sito archeologico annesso.

Evoluzione demografica – Dal 1861 la popolazione è passata dagli iniziali 5.001 abitanti, agli 8.847 di appena un ventennio dopo (1881). Le mutate esigenze di natura strategica ed economica, la distanza dai centri principali del territorio, la scarsa qualità dei collegamenti e il conseguente isolamento sono alla base di un costante e inesorabile spopolamento che ha portato, nel 1911 a contare 6.084 residenti, scesi a 5.219 nel 1951, 4.046 nel 1971, 3.346 nel 2001, giungendo agli odierni 3.075.

Etnie e minoranze – La presenza straniera è poco rilevante, essendo residenti nel territorio comunale un totale di 36 cittadini per lo più provenienti dalla Romania.

Musei – Il Museo Comunale è ubicato in piazza San Giovanni presso il Palazzo Cocuzza.

Biblioteche – La Biblioteca comunale Giorgio La Pira, si trova in via Roma, nel pieno centro cittadino. Organizza il Concorso di poesia “Luigi Blundo” ed il Concorso “Questa storia la racconto io”

Cinema –  Monterosso Almo è stato scelto come set cinematografico da Tornatore per “L’uomo delle stelle”, da Maurizio Sciarra per “La stanza dello Scirocco”, da Emanuele Crialese per “Nuovo mondo”, da Alberto Negrini per “L’ultimo dei corleonesi”, da Michele Placido e Lorenzo Crespi, per “Fra due mondi”, da Enzo Monteleone e Alexis Sweet per “Il capo dei capi” e l’ Aula consiliare è visibile in uno spezzone del film tv il “Commissario Moltalbano”.

Sacro e Profano – San Giovanni Battista, festa patronale, ha origini antichissime (XII secolo circa), si celebra la prima domenica di settembre. Nei giorni precedenti la festa, arrivano gli emigrati dall’estero e la vita del paese si anima per circa una settimana. Sono giorni di spettacoli che si concludono con la festa dell’emigrato e con il Premio Aquila d’oro, per quei cittadini che, all’estero, si sono distinti per meriti lavorativi, artisti o intellettuali. La domenica, la processione con il Simulacro del Santo Patrono parte con la “nisciuta” alle ore 11.00, tra squilli di trombe, fuochi d’artificio e applausi; il simulacro è portato a spalla dai fedeli, taluni seguono la processione a piedi nudi per devozione. Due corpi bandistici accompagnano le processioni. Nel pomeriggio ha luogo la tradizionale cena, cioè la vendita all’asta dei dolci tipici preparati dalla gente e offerti al Santo, oltre ai dolci si possono notare le tradizionali forme di pane che raffigurano il volto del Santo Patrono. Il Presepe Vivente: tra gli scorci e le viuzze dell’antico quartiere della Matrice, in periodo natalizio, tornano a rivivere figure che oramai albergano nella memoria dei più anziani. I curdari, u cirnituri, u scarparu, si rimettono all’opera in una splendida rievocazione della società di oltre un secolo fa. Questa magia si rinnova annualmente in occasione del Santo Natale con il tradizionale presepe vivente. Ritorna a vivere la bottega dello scalpellino dove l’artigiano trasforma la dura pietra,  la taverna dove la musica delle fisarmoniche si armonizza con le voci degli avventori resi rubicondi dal buon vino; lungo le strade, le comàri sedute in tondo a discutere gli avvenimenti e a ricordare gli antichi detti siciliani. Scorci di vita domestica, massaie che impastano il pane, lavandaie chine sul bucato. Il percorso si conclude alla grotta della natività. L’atmosfera creata dal suono delle cornamuse, l’accuratezza dei costumi e della recitazione, creano un magico scenario che trasporta la mente e il cuore, lasciando emozioni dolci nell’anima. Festa Maria Santissima Addolorata: si celebra la terza domenica di settembre. La festa inizia alle sei del mattino con un grande scampanio e il frastuono dei mortaretti. Segue la prima Santa Messa a cui partecipano moltissimi fedeli, anche a piedi scalzi, giunti in pellegrinaggio al Santuario, dai paesi vicini. La banda percorre le strade della città e, alle ore 11, vi è l’uscita della statua, segue la processione. Numerosissimi sono i fedeli che, per voto, compiono il percorso scalzi, col cero in mano, dietro al Simulacro della Patrona. Verso le ore 16, ha inizio la tradizionale cena con la vendita all’asta di prodotti locali, i doni. Alle ore 20 la seconda processione si conclude con il ritorno in Chiesa del simulacro accompagnato dai fuochi d’artificio. Festa di Sant’Antonio Abate, protettore del fuoco e degli animali domestici. Le celebrazioni hanno luogo in gennaio, si arricchiscono del tradizionale falò in piazza Sant’Antonio e dei fuochi pirotecnici.

La cucina monterossana è molto semplice e genuina, basata sul ciclo delle stagioni e sulla tipicità della conformazione territoriale. Alcuni piatti tipici sono: U Scacciuni, varietà di pane di pasta dura, fatto con grano duro e lievito criscenti; I Marmarati e i Maretti, tipici deliziosi dolci alle mandorle; I Totò a base di mandorle, contengono il cioccolato e il torrone con aggiunta di miele e zucchero; i Pastieri sono pasticci di pasta ripieni di carne macinata di agnello o capretto, uova, formaggio e spezie; U Iaddu Chinu, pollo ripieno con carne, riso e spezie.

  • Prof. Mario Messina, nato a Monterosso Almo il 25 marzo 1954, è Specialista in Chirurgia Pediatrica e Chirurgia Gastroenterologica ed Endoscopia Digestiva; Direttore presso l’Università degli studi di Siena, Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuroscienze, Clinica chirurgica Pediatrica, Scuola di specializzazione in Chirurgia Pediatrica.
  • Mariano Giaquinta, Poeta

Come arrivare

Monterosso Almo dista circa 77 km da Catania e può essere raggiunta attraverso la statale per Siracusa, procedendo per Ragusa e seguendo le indicazioni per Vizzini, distante appena 15 chilometri da Monterosso. Il paese si trova a 37 km dall’aeroporto Pio La Torre di Comiso, aperto al traffico civile il 30 maggio del 2013, inserito nel piano regionale del trasporto aereo siciliano nel polo aeronautico orientale, insieme a allo scalo di Catania. L’antica ferrovia di Monterosso è oramai chiusa da circa 70 anni e non vi è, ad oggi, un collegamento diretto in treno. Non esiste un servizio di mobilità urbana con autobus.

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