Identita Comiso

Amministrazione

SINDACO

Maria Rita Annunziata Schembari

In carica dal: 31/05/2023

Deleghe

Pubblica istruzione, Attività e Beni culturali, Rapporti con il cittadino, Aeroporto, Urbanistica, Politiche giovanili

Sito istituzionale

www.comune.comiso.rg.it

Roberto Cassibba

Deleghe:

Lavori Pubblici, Patrimonio, Edilizia Residenziale Pubblica, Efficientamento energetico, Implementazione delle Zone Economiche Speciali (Z.E.S.), Piano Insediamenti Produttivi (P.l.P)

Giuseppe Alfano

Deleghe:

Vicesindaco e Assessore Politiche per lo sviluppo economico e il commercio, Ambiente e decoro urbano, Depuratori, Servizi cimiteriali

Salvatore Romano

Deleghe:

Politiche sociali e della famiglia. Politiche del volontariato

Giuseppe Arezzo

Deleghe:

Bilancio e Programmazione, Tributi

Dante Di Trapani

Deleghe:

Affari Generali e Legali, Polizia Municipale e viabilità, Urbanistica, Politiche del personale

Giuseppina Cubisino

Deleghe:

Pubblica Istruzione, Pari opportunità

Giovanni Assenza

Deleghe:

Servizi Tecnici e Tecnologici, Transizione digitale, Sport, Spettacolo

Comiso, Città della Pace

La Pagoda della Pace costruita tra il 1994 e il 1998 è un edificio bianco alto circa 16 metri, con una cupola rotonda ed un pinnacolo al suo vertice. Fu realizzata in un punto di intersezione tra la faglia africana e quella europea, per il suo valore energetico e, di fronte alla base militare statunitense, per il valore simbolico e politico. Uno dei pochissimi templi buddisti mai realizzati in Europa, fu voluto dal monaco buddista giapponese Gyosho Morishita che vive in una stanzetta accanto al Tempio e allo stupa, come faro di pace in una terra, la Sicilia, martoriata dalla mafia e in una città, Comiso, luogo di istallazione di una base militare e strumento di guerra. Morishita giunse a Comiso negli anni ’80 nel periodo delle proteste contro l’istallazione della base missilistica USA. Da allora sognò un luogo dal quale potesse irradiarsi la pace per tutto il bacino del mediterraneo a partire da una terra crocevia di cultura e umanità. La pagoda ha ancora un grandissimo valore simbolico ed è anche luogo di accoglienza per i migranti che vogliono pregare o dialogare. Due gli eventi principali: la festa dei fiori o Anniversario della Nascita del Budda la prima o seconda domenica di Aprile; la festa della Pace o Anniversario della Costruzione della Pagoda, ogni prima domenica di Luglio.

La Riserva naturale Pino d’Aleppo è un’area naturale che si estende per 3.000 ettari, tra riserva e preriserva, ricadente nei territori di Comiso, Vittoria e Ragusa, comprende la parte finale del fiume Ippari al limite sud occidentale dell’altipiano ibleo. Istituita nel 1990 su iniziativa della regione Sicilia con l’obiettivo di salvaguardare e tutelare le formazioni residue autoctone di Pinus halepensis (varietà di Pino proprio dell’area mediterranea) e di ricostituire la pineta nelle aree a gariga (associazione di arbusti risultante dalla degradazione della macchia) degradata per l’azione dell’uomo. Si tratta di una zona densamente popolata da numerose specie come il coniglio, la volpe, la donnola, l’istrice e varie specie di volatili come il verzellino, il merlo, il cardellino. Oltre agli ultimi esemplari di Pinus halepensis, allo stato spontaneo, è possibile trovare l’orchidea selvatica, della quale sono presenti più di trenta specie, fra queste la rara Ophrys exaltata. Presenti anche l’olivastro, il carrubo, la palma nana, la quercia spinosa e la ginestra bianca. Il sottobosco è ricco di specie tipiche della macchia mediterranea quali il lentisco (Pistacia lentiscus), l’ilatro (Phillyrea latifolia), l’alaterno (Rhamnus alaternus), nonché sporadici esemplari di terebinto (Pistacia terebinthus), corbezzolo (Arbutus unedo), calicotome (Calicotome spinosa), timo (Thymus capitatus), rosmarino (Rosmarinus officinalis), erica (Erica multiflora). Un piccolo paradiso incontaminato da non perdere.

 

Toponomastica – Il nome della città sembra avere origini incerte e molteplici. Si tende a identificare l’odierno insediamento con l’antica città siracusana di Casmene, e la denominazione col termine greco Κώμη (villaggio). Durante la dominazione romana ricorre il termine Jhomisus, modificato in Comicio, in epoca bizantina. Alcuni studi propendono invece per un’origine araba, quindi Kom (collina). Nel 600 d.C. appare il nome Ihomisus Casmenarum, con chiaro riferimento all’antica Casmene. Una più certa documentazione risale al periodo normanno e riporta per la prima volta il nome odierno di Comiso. In dialetto si usa il termine Còmisu.

Origini – I primi insediamenti umani lungo l’arco collinare ibleo risalgano all’epoca neolitica. Testimonianze dei primi villaggi siculi sono riscontrabili presso le grotte di Cava Porcaro, del Monterace, Monteracello, Monte Tabbuto e Cozzo Apollo. Le maggiori testimonianze risalgono tuttavia ai secoli successivi, durante le dominazioni greca e romana. Di quest’ultima rimane l’importante ritrovamento, nei pressi della fonte Diana, di un mosaico pavimentale risalente al II secolo a.C.; sembra che il luogo fosse stato popolato dagli abitanti fuggiti da Kamenai, distrutta durante la spedizione punitiva romana del console Marcello nel 212 a.C. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (V secolo d.C.), l’area fu occupata da Vandali, Goti e successivamente dai Bizantini che, con la fondazione della villa di Comicio, diedero vita al primo complesso abitativo dell’attuale comune. Il consolidamento urbano si ebbe durante l’epoca araba (827 d.C.), quando l’abitato prese il nome di Jhomiso (sorgente d’acqua); fu un periodo di grande prosperità, di evoluzione delle tecniche agricole e di sviluppo commerciale. Nacque il sistema di recinzione dei muri a secco, ancora oggi tipici del territorio ibleo. La successiva dominazione normanna (1091) e poi quella sveva e angioina, non lasciarono un apprezzabile contributo, salvo un vero e proprio passaggio di consegne. Nel 1296, durante la dominazione aragonese, il villaggio fu concesso in feudo a Federico Speciario da Messina che diede impulso alla costruzione di un castello. La Comiso medievale si arricchì di strade, edifici religiosi e grandi costruzioni civili. Nel 1393 il feudo entrò a far parte dei possedimenti della Contea di Modica, prima appartenne alla famiglia Cabrera ed in seguito alla famiglia Naselli (1453); quest’ultima lo governò fino al 1816. Sotto i nuovi feudatari il paese conobbe un’amministrazione all’avanguardia per quei tempi, in grado di stimolare la modernizzazione ed il dinamismo economico del territorio: i Naselli concessero in enfiteusi vari appezzamenti del feudo, fecero largo ricorso alla concessione di franchigie ed all’abolizione dei vincoli doganali. Furono edificate numerose chiese, conventi, monasteri, una Corte Giuratoria, con sede nel Castello Naselli. Nel 1571 si ebbe l’elevazione di Comiso da “Baronia” a “Contea”.

La leggenda del CONTE ASSEDIATO: Un non meglio precisato conte di Comiso, in una non meglio precisata era, non si sa da chi e perché, assediato in questo suo castello e con lui tutta la città. Un assedio lungo che preoccupava non poco il signore, dato lo scarseggiare delle provviste e l’impossibilità di rifornirsi. Il conte trascorreva le notti insonni, agitate da mille pensieri dolorosi, e passeggiava, passeggiava per gli anditi bui del maniero, in preda ai più tristi presentimenti. Le notti passavano insonni e fra mille presagi nefasti ma una notte giunse al castello un anziano prelato, un vescovo, a giudicare dai paramenti, il quale fermandolo, mentre gli si manifestava per il patrono S. Biagio, vaticinava la fine di quel tristo assedio, a condizione che il giorno dopo il Conte digiunasse e seguisse un certo suo consiglio. “Ebbene io digiunerò, come voi volete; ma che consiglio potete darmi, padre mio, – esclamò il conte spaventato da quella visione inaspettata – se ho tentato tutti i mezzi suggeriti dall’arte bellica, per districarmi da un assedio così tenace e macerante, che mi ha ridotto all’impotenza?” “Sentimi – rispose il vecchio Vescovo -, va nel sotterraneo che sai e di lì portati fuori. Nell’aperta campagna vicina t’imbatterai in un pastorello carico di ricotta calda, fattela vendere tutta. Quando poi ritornerai qui, gettala a poco per volta dal torrione agli assedianti, e vedrai che l’assedio sarà tolto”. Ciò detto, sparì. Il conte, che era molto pio, non lasciò inascoltato il consiglio, e l’indomani, infilato il lunghissimo e buio sotterraneo, non si fermò finché non riuscì fuori in piena campagna, per la quale, giusto allora, passava davvero il predetto pastorello con un carico di ricotte, diretto non si sa dove. Lo chiamò, gliele richiese tutte e, pagategliele lautamente, se ne tornò per la stessa via al castello. I suoi cortigiani e la famiglia, i quali erano non poco meravigliati della sua lunga assenza, allorché se lo videro davanti stanco e trafelato, e per giunta carico di tutta quella roba, non seppero che cosa pensare. Ma compresero il tutto, quando il conte, dopo comandato al trombetta di suonare sul campo degli assedianti il segno della resa, si diede a buttare su gli accorsi quelle ricotte a una a una, invitando il loro duce a venire a prendersi il resto, se ancora ne desiderava. Il che, avendo alla buon’ora persuaso questi e i suoi dell’impossibilità di prendere la torre per fame, lo indusse a togliere l’assedio. In tal modo castello e paese furono salvi. E poiché, dopo che il feudatario ebbe narrato a tutti dell’apparizione avuta, si vide manifesto in quell’avvenimento un segno straordinario della possente protezione del patrono S. Biagio.

Il benessere conosciuto dalla zona, si incrinò nel corso del XVII secolo; a partire dal 1608 infatti la popolazione diminuì sensibilmente a vantaggio della nascente Vittoria, appena fondata da Vittoria Colonna, ma soprattutto a causa di sciagure come la grande epidemia di peste del 1624 ed il terremoto del 1693. Si registrò una ripresa già dall’inizio del ‘700, quando la costruzione di chiese e palazzi signorili conferì a Comiso il suo inconfondibile aspetto barocco. Nello stesso periodo poi, ancora per iniziativa dei Naselli, nacquero le prime attività industriali come la cartiera (1729) ed i saponifici, grazie a Filippo Sallemi e Biagio Guarino che importarono l’arte dei maestri messinesi. Nel 1754, a causa di un grave dissesto economico, i Naselli furono obbligati a cedere la maggior parte delle loro fortune.

Comiso contemporanea – Con l’abolizione del feudo nel 1816, voluta da Ferdinando I di Borbone, si concluse il dominio dei Naselli. Nel 1861 i l territorio passò dal governo dei Borboni all’annessione al Regno d’Italia. Tra il 1937 ed il 1939 a Comiso fu realizzato l’Aeroporto Militare Vincenzo Magliocco che, nella primavera del 1943, venne raso al suolo dai bombardamenti alleati. Sull’onda delle rivolte del 1944 contro la chiamata alle armi di Pietro Badoglio, i moti dei cosiddetti “non si parte!”, il 6 gennaio del 1945 nacque un’esperienza unica di governo con la creazione della Repubblica Indipendente di Comiso. Per una settimana la città si organizzò autonomamente con un proprio servizio d’ordine, di salute pubblica e la distribuzione di viveri a prezzi di consorzio. L’esperienza finì quando il generale Brisotto circondò la città e minacciò di raderla al suolo. Gli anni ’50 furono caratterizzati dalla marginalizzazione di alcuni strati sociali, appartenenti soprattutto al mondo agricolo tagliato fuori dal boom economico. Emblematici gli eventi del 20 febbraio 1956, quando le forze di polizia assalirono un’assemblea di braccianti, riunitisi nel centro cittadino per protestare contro la mancanza di lavoro; nell’occasione alcuni manifestanti rimasero uccisi. Negli anni ’70 si svilupparono in tutto il mondo movimenti per la pace in contrapposizione al clima ostile legato alla guerra fredda. Il 7 agosto 1981 il governo Spadolini decise di localizzare nell’ex aeroporto di Comiso una Base Nato con 112 missili “Cruise” a testata nucleare. La città si trovò improvvisamente al centro di interessi e controversie di politica internazionale che richiamarono in loco molti degli esponenti politici nazionali. Pio La Torre intervenne più volte allo scopo di sollecitare la nascita di movimenti per la pace. Giacomo Cagnes, ex sindaco della città ed esponente di punta del PCI, si pose a guida dei movimenti locali antimissili, mentre l’amministrazione comunale, capeggiata da Salvatore Catalano, si pose a favore della decisione del governo. Il 4 aprile 1982 venne organizzata una grande manifestazione che vide confluire in città più di centomila persone provenienti da ogni parte d’Italia, appartenenti a vari movimenti pacifisti. Nello stesso anno iniziarono i lavori di costruzione della Base Nato. Il 5 maggio 1983 giunsero i primi 225 militari americani. Nell’estate dell’83 si acuì la tensione tra forze dell’ordine e pacifisti, accampatisi nei pressi dell’aeroporto; ferite decine di manifestanti, altri vennero arrestati. A livello internazionale, l’arrivo di Gorbačëv inaugurò una nuova politica di distensione e di pace tra le due superpotenze che culminò nel 1987, quando venne siglato l’accordo tra Reagan e Gorbačëv sulla riduzione degli euromissili; tale accordo prevedeva lo smantellamento di tutte le Basi europee entro i 10 anni successivi, tra queste, anche quella di Comiso. Nel 1991 l’ultima batteria di “Cruise” lasciò la città, si chiuse così un capitolo importante della storia cittadina. I riflettori nazionali tornano ad essere puntati su Comiso nel 1999, anno in cui nei locali dell’ex Base Nato vennero accolti, nell’ambito della Missione Arcobaleno, più di 5.000 profughi kosovari, sfuggiti al conflitto armato ed alla pulizia etnica in atto nel loro paese. In quell’occasione Comiso venne ribattezzata Città della Pace.

Centro storico – La città è suddivisa in due agglomerati urbani distinti, Ragusa Ibla o Inferiore e Ragusa Superiore, separati da un avvallamento chiamato Valle dei Ponti. Il primo ha mantenuto nei secoli un’originale struttura medievale ricca di scalinate, strade strette e monumenti barocchi. Il secondo venne costruito dopo il devastante terremoto del 1693 e conserva una struttura planimetrica a scacchiera di impianto settecentesco. Protagonisti della ricostruzione post terremoto, furono Vaccarini, Palma, Giovanni Vermexio, Sebastiano Ittar, Vincenzo Sinatra e soprattutto il celebre Rosario Gagliardi. Questi, con l’aiuto di uno stuolo di scultori locali e capomastri, ha contribuito a creare un fenomeno unico e particolare: il Barocco del Val di Noto. Caratterizzato dall’uso della pietra locale, ricco di volute, di vuoti e di pieni, di colonne e capitelli, di statue e di composizioni architettoniche, di cui probabilmente il Duomo di San Giorgio è la massima espressione. La maggior parte del patrimonio artistico, con la sola eccezione della cattedrale di San Giovanni Battista e di qualche palazzo settecentesco, si trova nel quartiere antico di Ibla. Nel 2002 il centro storico di Ragusa per la sua architettura barocca è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità, assieme ad altri sette comuni del Val di Noto.

Architettura Religiosa

  • La chiesa di San Giorgio, patrono di Ragusa Ibla, fu costruita tra il 1739 ed il 1775 su progetto dell’architetto Rosario Gagliardi, sulle fondamenta dell’antica chiesa di San Nicola. L’originalità della struttura risiede nell’imponente facciata a torre che include il campanile e nella sua ubicazione al di sopra di un’alta scalinata che ne accentua l’effetto scenografico. La cupola di gusto neoclassico, venne completata nel 1820; a doppia calotta, poggiante su due fila di colonne, sarebbe stata progettata dal capomastro ragusano Carmelo Cultraro, ispiratosi alla cupola del Pantheon di Parigi. L’interno ha una struttura a croce latina suddivisa in tre navate. Le cappelle laterali custodiscono un ricco patrimonio di dipinti sacri, mentre la navata centrale è sormontata da un imponente organo ottocentesco; la sagrestia ospita una grande scultura cinquecentesca di Antonino Gagini, realizzata per l’antica chiesa di San Giorgio, gravemente danneggiata dal terremoto del 1693.
  • L’antica chiesa di San Giorgio edificata nel XII secolo, ebbe la massima attenzione da parte del conte Goffredo che modificò, ampliò ed arricchì la primitiva chiesa sia negli aspetti architettonici che nell’arredo e nelle dotazioni patrimoniali. La chiesa a giudicare dal portale, doveva essere di grande magnificenza, in linea con l’estetica che lo stile ogivale esigeva, si trattava dunque di un grande tempio a tre navate separate da sette colonne per lato, arricchite da ben dodici altari oltre i tre dell’abside al Fonte Battesimale. Caratteristica dell’edificio era soprattutto il campanile, edificato dall’architetto ragusano Di Marco, mirabile esempio di architettura con i suoi 100 metri d’altezza fu tra i più alti d’Europa. Del terribile terremoto del 1693 resta solo il portale, magnifico esempio di architettura gotico-catalana costruito con blocchi di calcare tenero, dal tenue colore rosato. La lunetta sopra l’architrave rappresenta il santo cavaliere che trafigge il drago, con la regina di Berito inginocchiata che assiste alla scena. L’arco è contenuto tra due lesene scanalate e lo spazio superiore è arricchito da due grandi losanghe, all’interno delle quali alloggia l’aquila ragusana. Gli interstizi tra le colonne dell’arco sono ornate da figure che rappresentano le arti e i mestieri e, lungo tutta la superficie, da una teoria di figure mostruose e immaginarie, tra fiori e foglie, eredità dei bestiari medievali. Nelle strombature ha eleganti colonnine a fascio, che si uniscono formando un armonioso arco; l’ultima colonna dei nove fasci non segue l’arco ma si restringe, si alza sugli altri otto per formare un grande fiore.
  • Chiesa di Santa Maria delle Scale: uno dei pochi edifici che ha resistito al terremoto del 1693, fu edificata intorno alla metà del XIV secolo e conserva numerosi elementi gotici, benché negli ultimi anni del XVIII secolo la chiesa fu sottoposta ad una serie di lavori di restauro che ne modificarono profondamente la struttura.
  • La chiesa di San Giovanni Battista, patrono di Ragusa Superiore sorgeva, prima del terremoto, nella parte ovest della città, sotto le mura del castello. I capomastri Giuseppe Recupero e Giovanni Arcidiacono progettarono la riedificazione nel 1694, in stile barocco.  Nel 1718, per far fronte alle esigenze dei fedeli, furono avviati i lavori di ampliamento; sulla facciata barocca, finemente decorata, sono presenti numerose sculture, mentre imponenti colonne suddividono il prospetto in cinque parti distinte. Ai lati del portale, poi, si affacciano le statue di San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista ed a sinistra si eleva un campanile alto circa cinquanta metri. All’interno, presenta una pianta a croce latina, sono presenti capitelli scolpiti, nicchie ricche di statue e preziosi stucchi. Nel 1858 fu costruito il grande organo Serassi con l’ampia cantoria in legno scolpito e dorato. Nel 1950 è diventata ufficialmente cattedrale della diocesi di Ragusa.
  • La Chiesa del Purgatorio, costruita intorno alla metà del XVII secolo, è uno dei pochi edifici sacri che hanno resistito al sisma. Tra il 1740 ed il 1787 il tempio fu largamente ristrutturato ed ampliato; all’interno, suddiviso in tre navate, è presente il dipinto dei Santi e delle Anime Purganti, opera dell’artista settecentesco Francesco Manno.
  • La Chiesa di Santa Maria dei Miracoli fu edificata nel XVII secolo fuori dal centro abitato, in seguito al ritrovamento di un’antica immagine sacra; la pianta ha una particolare forma ad ottagono. Quando nel 1951 l’edificio fu chiuso al culto, le statue presenti al suo interno furono trasferite nella chiesa di San Giorgio.
  • Chiesa di Santa Maria dell’Itria: è la chiesa commendale del Sovrano militare ordine di Malta sotto il titolo di San Giuliano, fondata dal barone Blandano Arezzi nel 1626, vicino all’ospedale col medesimo nome. Il nome deriva dal greco Odygitria (ovvero colei che indica il cammino). La chiesa, non fu particolarmente colpita dal sisma, tuttavia venne ugualmente ampliata e modificata in stile barocco, diventando uno dei luoghi di culto più importanti del quartiere.
  • Chiesa di San Filippo Neri: sorta intorno al XVII secolo grazie alla confraternita devota al santo, il prospetto molto semplice si affaccia su un piccolo sagrato ed è impreziosito dal portone d’ingresso. L’interno, ad aula, con una cappella sul lato destro, fu rimaneggiato alla fine dell’Ottocento.
  • Chiesa di San Giuseppe: edificata nel 1756 per iniziativa delle monache benedettine, progettata dal Gagliardi, la facciata a tre ordini, è ricca di intagli e sculture. L’interno è caratterizzato da una pianta ovale, la copertura è costituita da una grande cupola.
  • Convento e chiesa di Santa Maria del Gesù: costruita intorno al 1636 per volere dei frati minori riformati, il prospetto ha una caratteristica forma a capanna e ha come unico ornamento il portale scandito da due semicolonne che reggono un timpano spezzato. Vi è un piccolo campanile posto sul lato sinistro della chiesa. L’interno è riccamente adornato da stucchi e affreschi.
  • Convento e chiesa di San Francesco all’Immacolata: la chiesa sorse probabilmente nel XIII secolo, i frati francescani la vollero allocare all’estremità dell’abitato per poter svolgere l’accoglienza e la cura dei malati. La torre campanaria è tra le più antiche della Sicilia, databile infatti al periodo svevo.
  • Chiesa di San Vincenzo Ferreri: venne costruita agli inizi del XVI secolo, non fu particolarmente danneggiata dal terremoto, però probabilmente subì qualche modifica. Ha un prospetto lineare molto semplice che presenta due colonne con capitelli corinzi e un timpano, spezzato da un finestrone. Il campanile è impreziosito da fasci di pietre policrome. L’interno è affrescato con pitture murali che rappresentano la Ragusa medioevale, all’esterno è presente un’antica meridiana risalente ai primi del XVI secolo. La chiesa è stata oggetto di un importante restauro terminato nel 2010; l’edificio è attualmente adibito ad auditorium pubblico.

Architettura Civile

  • Palazzo Zacco: il palazzo, tra i più belli di Ragusa superiore, fu costruito dal barone Melfi. Si presenta con due prospetti, in ognuno dei quali si aprono tre balconi nel piano nobile. Il portone d’ingresso è fiancheggiato da due colonne su alti plinti in pietra pece, con capitelli corinzi sui quali poggia il balcone centrale con una ringhiera in ferro battuto. Gli stipiti dei balconi sono sorretti da mensoloni con due registri: in quello inferiore mascheroni grotteschi, in quello superiore figure fantastiche che ricalcano quelli di altri palazzi nobiliari coevi o realizzati nei decenni precedenti. Nella testata ad angolo tra le due strade, l’enorme scudo araldico dei Melfi di S. Antonio. Con questo palazzo entra a Ragusa lo stile rococò più sfrenato che ha riscontro solo in pochi altri edifici. Il palazzo diverrà la sede del museo delle tradizioni ragusane.
  • Palazzo Schininà di Sant’Elia: fu costruito alla fine del XVIII secolo dal barone Mario Leggio Schininà marchese di Sant’Elia e primo sindaco di Ragusa superiore. Si estende per un intero isolato, dal 1950 la parte nord è stata regalata alla diocesi e successivamente vi furono trasferiti la sede del vescovado e alcuni uffici amministrativi. Del lunghissimo prospetto, è completo solo il piano terra su cui si aprono i due portoni. La facciata dell’ala nord ha sette balconi al primo piano: nel mezzo si trova il portone centrale, delimitato da due paraste su alti plinti, arricchite da ghirlande, con capitelli rococò. Dal portone si accede a un cortile interno da cui si diparte il sontuoso scalone che porta ai portici del piano nobile. I sei balconi sono sorretti da grandi mensoloni con finissimi motivi fogliacei; gli ornamenti degli stipiti ripetono il motivo del balcone centrale e culminano con una classica conchiglia barocca. È la più grande costruzione del tardo settecentesco di Ragusa.
  • Palazzo Sortino-Trono: fu edificato nel 1778 su parte delle mura dell’antico castello. L’imponente prospetto sovrasta la piazza degli archi e si affaccia sulla balconata. Vi è un ampio portale d’ingresso, lievemente convesso, che regge un balcone dalla cornice lineare realizzata in pietra calcarea con intarsi in pietra pece. I tre balconi laterali hanno grandi mensole in pietra pece scolpite a motivi vegetali e, nelle aperture, cornici in pietra calcarea, con un caratteristico fregio a lambrecchini di gusto rococò. Ai lati del portone d’ingresso due piccole aperture di forma ovale e nei tre partiti, grandi finestroni dalla cornice mistilinea sormontata da un fregio a conchiglia.
  • Palazzo Bertini: fu edificato alla fine del Settecento; caratteristiche le sculture presenti, tre grandi teste, dette mascheroni che raffigurano tre personaggi della cultura barocca: il mendicante, il nobile e il mercante. Il primo è coperto di stracci e mostra un viso deforme con un grande naso e la bocca senza denti, il nobile, dallo sguardo fiero, ha un elegante cappello piumato da cui fuoriesce la capigliatura a boccoli, mentre il mercante ha il viso paffuto con un grande turbante ed un orecchino con una grande perla, segno di ricchezza e opulenza.
  • Palazzo Battaglia: grazie alla sua imponenza ed alla ricchezza delle sue decorazioni, si configura come uno degli edifici più originali di Ragusa Ibla. I lavori per la sua costruzione vennero ultimati intorno alla metà del XVIII secolo; la facciata, che si apre davanti alla chiesa della Santissima Annunziata, presenta un ampio portale in stile manieristico a cui si affiancano due grandi finestre. Sopra il balcone centrale è possibile osservare lo stemma delle famiglie Battaglia e Giampiccolo.
  • Il Palazzo della Cancelleria: fu costruito nella prima metà del Settecento per volontà della famiglia Nicastro; intorno alla metà del secolo successivo l’edificio fu acquistato dal Comune che vi impiantò la sede della Cancelleria. La facciata barocca sorge sulla piazzetta dove confluisce la scalinata che ha unito per secoli i due quartieri in cui è divisa la città. Due alte lesene racchiudono lo spazio in cui troneggia la grande tribuna, l’elemento di maggior pregio della costruzione.
  • Palazzo Cosentini: fu edificato nel XVIII secolo per iniziativa del barone Raffaele Cosentini. I tre balconi presenti, si caratterizzano per la ricchezza di decorazioni delle mensole con mascheroni dai volti grotteschi e deformi sormontati da figure di musicisti, in quello centrale, figure alludenti all’abbondanza e in quello a destra, personaggi del popolo. Il prospetto è laterale, delineato da due alte paraste.
  • Palazzo La Rocca: fu costruito intorno al 1765 dal barone La Rocca di S. Ippolito. Il prospetto, ad un piano, sobrio ed elegante, è caratterizzato da sette balconi sorretti ognuno da tre mensole in pietra pece. Vi sono raffigurate delle figure antropomorfe tra cui particolarmente interessante il flautista, il suonatore di liuto, la popolana col bimbo e le due figure unite in un abbraccio, ripetuto dai puttini nelle mensole laterali.
  • Circolo di conversazione: l’aristocrazia ragusana decise di costruire un proprio circolo di conversazione, raro esempio di stabile costruito appositamente a tale scopo. È chiamato anche Caffè dei cavalieri. Costruito nel 1850 in stile neoclassico è una delle poche strutture ricreative che si è conservata intatta. Il prospetto ad un piano, si presenta elegante e sobrio lungo circa 10 metri, in stile neoclassico. Ha tre porte divise da sei paraste scanalate con capitelli di stile dorico, il cornicione ornato da triglifi, in corrispondenza delle porte presenta tre bassorilievi con due donne alate che sorreggono una lampada e due sfingi ai lati. Sul cornicione, lo stemma della città affiancato da due leoni antropomorfi circondati da una ghirlanda di fiori. Il fastoso salone delle feste, mostra un soffitto affrescato dal ragusano Tino Del Campo alla fine del XIX secolo con un’allegoria delle arti e delle scienze e quattro medaglioni agli angoli. Trattandosi di un locale privato non è aperto al pubblico, ma la disponibilità dei soci ne permette spesso la visita.
  • Porta Walter o porta Vattiri è l’unica delle cinque porte d’ingresso alla città antica che ha resistito ai secoli e rappresenta uno dei pochi resti della cinta muraria. Fu edificata nel 1643 in occasione della visita del Viceré di Sicilia Giovanni Alfonso Enriquez de Cabrera. La porta, alta 5 metri e larga 3, sopra l’arco a sesto ribassato ha un’iscrizione in latino su due file di blocchi intagliati di calcare. Purtroppo le sei righe di caratteri latini sono ormai quasi illeggibili. Da Porta Walter scende una stradina che porta alla vallata Santa Domenica e alla strada per Modica.
  • Mura bizantine: di fianco alla chiesa del santissimo Signore Trovato, sita alla periferia orientale di Ragusa Ibla, e dietro la chiesa delle Santissime Anime del Purgatorio nel quartiere degli Archi, si trovano i resti di mura bizantine dell’VIII secolo che facevano parte della cinta muraria difensiva del castello di Ragusa costruito dai bizantini e poi ingrandito dai normanni.
  • Ponte Vecchio: nel 1843 con la costruzione del Ponte Vecchio la città si sviluppò verso sud, il ponte infatti permise il superamento dell’ostacolo naturale rappresentato  dalla vallata S. Domenica. In stile architettonico romano detto anche dei Cappuccini, fu voluto dal Padre cappuccino Gianbattista Occhipinti Scopetta (1770-1836).
  • Ponte Nuovo: nel 1937 fu inaugurato il secondo ponte, chiamato Ponte del Littorio, comunemente chiamato dai cittadini Ponte Nuovo o Ponte di Via Roma. Venne edificato durante il ventennio fascista, insieme all’adiacente Piazza Libertà, un tempo Piazza Impero, grazie all’influenza di Filippo Pennavaria. Nel punto più alto misura quaranta metri, è lungo circa centotrentadue metri e largo circa dieci, oltre i marciapiedi larghi due metri ciascuno. Presenta quattro pilastri in cemento armato ricoperti di calcare duro (pietra viva) e quattro arcate.
  • Ponte Papa Giovanni XXIII: nel 1964, a causa dell’intenso sviluppo cittadino, si realizzò un terzo ponte, il Ponte Papa Giovanni XXIII (detto anche Ponte San Vito per distinguerlo dal ponte del ’37) a campata unica, unisce il quartiere del Carmine con il quartiere dei Cappuccini.
  • Torre Cabrera di Marina: si trova nel territorio comunale anche la Torre Cabrera di Marina di Ragusa che è una torre di difesa costiera, costruita nel XVI secolo a protezione del porto vecchio della frazione ragusana.
  • Giardino Ibleo :è stato realizzato nel 1858, sorge sull’estremità est d’Ibla a circa 385 m., all’interno si trova l’imponente monumento ai caduti della grande guerra e la chiesa di San Vincenzo Ferreri, la chiesa di San Giacomo e la chiesa dei Cappuccini. Vicino al giardino, gli scavi archeologici di Ragusa Ibla, hanno portato alla luce molti reperti dell’antica Hybla.

 

Sono presenti altri edifici e monumenti storici di rilevanza culturale:

chiesa di San Rocco; chiesa di Sant’Agnese; chiesa di San Sebastiano; di San Tommaso; la chiesa dell’Ecce Homo; la chiesa dei Cappuccini; la chiesa di San Vito; di San Paolo; di San Leonardo; la chiesa di San Francesco di Paola; la chiesa di San Domenico; la chiesa di San Giacomo. Ancora: il Castello di Donnafugata; Palazzo Lupis.

Siti Archeologici

L’area iblea ha restituito diverse rilevanze archeologiche. In una grotta sita a Fontana nuova, nei pressi di Marina di Ragusa, sono stati recuperati alcuni raschiatoi e lame da taglio in pietra scheggiata, risalenti a 30.000 anni fa. Si tratta del più antico ritrovamento scoperto finora in Sicilia. La maggior parte dei reperti è conservata al Museo archeologico ibleo.

  • Kamarina. La città antica sorgeva su tre colli, come testimoniano le parti di mura arcaiche e una grande torre. Individuati i resti di case ellenistiche: Casa dell’altare, Casa dell’iscrizione e Casa del Mercante.
  • Monte Arcibessi. Nel territorio del Monte Arcibessi sono presenti insediamenti fortificati, i castellieri, dell’età del Bronzo e dell’età del Ferro.  Presenti anche abitati preistorici, resti di insediamenti greci arcaici, testimonianze di epoca ellenistico-romana e resti bizantini e medievali.
  • Grotta delle Trabacche. Sito archeologico di architettura funebre a carattere monumentale dell’epoca romana e bizantina.
  • Castiglione. Insediamento siculo-greco con resti di due ampi quartieri del VI secolo a.C., fortificazioni, strada urbana, un’area sacra ed una necropoli Greca. Tra i ritrovamenti più importanti di tutta l’area iblea, vi è il Guerriero di Castiglione un bassorilievo da un’unica lastra di calcare locale, raffigurante un armato a cavallo con destriero incedente verso sinistra, le estremità del blocco sono decorate con le protomi di un toro e di una sfinge.

L’economia locale si fonda tradizionalmente sull’agricoltura, favorita dalle abbondanti risorse idriche. Le principali colture sono quelle della vite, dell’ulivo, del mandorlo e degli alberi da frutto. Particolarmente pregiato è l’olio extravergine dei monti Iblei, che recentemente ha ottenuto la denominazione di origine protetta (DOP). Le attività industriali sono legate principalmente alla lavorazione della pietra calcarea, largamente impiegata nell’edilizia. Nel territorio comunale sono presenti diverse piccole e medie aziende impegnate nella trasformazione dei prodotti alimentari. L’apertura dell’aeroporto Pio La Torre ha dato un enorme impulso al settore turistico che ha registrato crescite esponenziali con tassi d’incremento del 60% su base annua. L’economia locale ha messo in atto un piano di riconversione che prevede lo sviluppo della ristorazione, delle strutture ricettive, dell’enogastronomia e la riscoperta dell’agricoltura biologica a chilometro zero.

Evoluzione demografica – A partire dal 1861, la popolazione registra un costante aumento; si passa da 16.740 residenti a 20.367  nel 1881 e ancora a 26.952 nel 1901. La crescita si fa esponenziale nel primo dopoguerra, infatti nel 1921 arriva a registrare 34.448 residenti. Subisce poi un drastico calo, per motivi inerenti la grande crisi mondiale del ’29, attestandosi a 23.496 unità nel 1936. Il secondo dopoguerra vede una crescita costante grazie allo sviluppo dell’industria locale di materiali per l’edilizia e delle tecniche agricole di produzione in serra. Oggi Comiso conta 30.156 residenti e il dato è rimasto pressoché costante negli ultimi 20 anni.

Etnie e minoranze – Secondo i dati Istat la popolazione straniera, per lo più rappresentata dai gruppi culturali magrebino e dell’est europeo, si attesta ad un complessivo di 2.722 unità, principalmente Tunisi e Romeni.

MuseiIl Museo di Storia Naturale fu Istituito nel 1991 presso l’edificio dell’Ex Scuola d’Arte. Si estende su una superficie di 1.000 mq e si compone di una Sezione Paleontologica e di una Zoologica. Un grande patrimonio culturale e scientifico, rappresentato da oltre 10.000 reperti di fossili di varie ere geologiche, da numerosi preparati zoologici, da circa 2.000 animali terrestri e marini naturalizzati, da diversi preparati osteologici e da alcune fra le più importanti collezioni cetologiche d’Italia.

Biblioteche – La biblioteca comunale di Comiso è dedicata a Fulvio Stanganelli; custodisce circa 55.000 volumi tra i quali anche numerosi incunaboli (volumi risalenti al periodo direttamente successivo all’invenzione della stampa) precedentemente custoditi nel convento dei cappuccini adiacente la Chiesa di Santa Maria della Grazia e dal vicino oratorio dei padri filippini. Venne formalmente istituita nel 1906.

La Fondazione Bufalino: istituita nel 1999 dal Comune di Comiso, si trova in piazza delle Erbe e nasce con lo scopo di far conoscere e valorizzare la figura e l’opera dello scrittore comisano. Nei locali della Fondazione si conservano, oltre alle “carte” manoscritte dello scrittore e alla corrispondenza, la sua biblioteca privata, costituita da un fondo librario di 10.000 volumi, in gran parte di narrativa e saggistica letteraria, dal corpus completo delle sue opere nelle varie edizioni italiane e straniere, da una piccola emeroteca, da una videoteca e da una preziosa collezione di dischi che testimoniano la grande passione di Bufalino per il cinema e la musica. Un’ultima e significativa sezione della biblioteca riguarda la fortuna critica italiana e straniera dello scrittore, le sue interviste, le sue collaborazioni giornalistiche. Periodicamente vi si organizzano convegni, seminari, mostre; sono istituite borse di studio. È gestita da un Consiglio di amministrazione e si avvale di un Comitato scientifico.

Teatri – Il Teatro Naselli è un piccolo ma grazioso teatro con 264 posti a sedere. Da quasi vent’anni si è alternata un’incessante attività teatrale ricca e di qualità come il cartellone di prosa, loft e musica. Risale ufficialmente al 1841, sembra tuttavia che vi fosse già una struttura compiuta sin dalla seconda metà del ‘700, dotata di palchetti e dalla caratteristica forma a semicerchio. Gli interventi volti al completamento dell’opera furono parziali e modesti sino al 1856, quando si decise di intervenire sulla facciata, realizzata in uno stile dorico con la caratteristica pietra bianca comisana, per opera dell’ingegnere Sortino. I lavori furono appaltati nell’aprile del 1858 e completati l’anno successivo. Il teatro disponeva di 108 posti di platea, 10 palchi in prima fila, 11 in seconda, oltre ad una galleria in terza fila. Prosa, lirica e operetta vi si rappresentarono  assiduamente con un alternarsi delle migliori compagnie dell’epoca. Subito dopo la Grande Guerra ebbe inizio la lenta e inarrestabile decadenza. Riaperto al pubblico agli inizi degli anni Ottanta, fu chiuso perché mancante dei requisiti di sicurezza. Gli interventi di ristrutturazione furono ultimati nella seconda metà degli anni ’90 e il teatro, intitolato alla famiglia Naselli fu inaugurato il 25 novembre dell’anno 2000.

BibliotecheBiblioteca Comunale con ubicazione in via Zama (Ragusa), via Benedetto Brin (Marina di Ragusa), Biblioteca Castello Donnafugata, Archivio Storico Comunale in via Zama.

Sacro e Profano – La festività più sentita dagli abitanti di Comiso è quella dedicata a San Biagio, patrono della cittadina, in programma il 3 febbraio. Al termine del rito eucaristico il sacerdote celebra il rito della Benedizione della Gola ponendo due candele incrociate davanti al collo dei partecipanti. La seconda parte dei festeggiamenti si svolge nel mese di luglio. La terza domenica di maggio viene invece celebrata la Festa dell’Addolorata, venerata nel Duomo di Santa Maria delle Stelle Chiesa Madre. L’alba della domenica della festa è salutata dallo sparo di un centinaio di colpi a cannone, cui risponde il suono gioioso e festante delle campane della Chiesa Madre. Nel pomeriggio si assiste ad un altro momento importante della festa, a sciuta. Durante la processione, ventiquattro bambini vestiti d’azzurro sorreggono il mantello settecentesco della Vergine. Al termine della processione, segue un imponente spettacolo pirotecnico che conclude la ricca giornata di festa. L’isola dei Mestieri, ha luogo nel centro storico durante la prima settimana di giugno. La manifestazione nacque nel 1995, col nome di arti e mestieri e fu poi ribattezzata nel 1999 col nome odierno. Si tratta di una grande esposizione dell’artigianato locale, delle produzioni agricole e delle tradizioni, intende promuovere le eccellenze dell’economia cittadina.

Fra i piatti tipici della tradizione culinaria ricordiamo: U ntianatu, si tratta di una specie di pasta al forno con ricotta e sugo di maiale che si cucina a carnevale; I mpanati i Pasqua, piatto salato tipico della cucina siciliana orientale, sono cotte al forno e costituite da un involucro di pasta di pane e ripiene con patate, carne di maiale e di agnello; I pisci i l’uortu: Finocchi fritti in padella.

  • Salvatore Adamo (Comiso, 1943), cantante
  • Biagio Brancato (Comiso, 1921 Comiso, 2002), pittore
  • Gesualdo Bufalino (Comiso, 1920 Vittoria, 1996), scrittore
  • Vincenzo Canzonieri (Comiso, 1959), anatomopatologo, oncologo e medico legale
  • Raffaele Caruso (Palermo, 1841 Comiso,1923), politico, ricoprì la carica di sindaco di Comiso
  • Emilio Docente (Comiso, 1983), calciatore
  • Antonio Fede (Comiso, 1930 – Roma, 2013), politico e storico della filosofia
  • Salvatore Fiume (Comiso, 1915 Milano, 1997), pittore
  • Nunzio Gulino (Comiso, 1920 Roma, 2011), incisore e pittore
  • Carmelo Lauretta (Comiso, 1917 2011), poeta, scrittore, saggista, cultore di storia locale
  • Andrea Giovanni Lo Bianco detto “il Comiso” (prima metà del XVI secolo), pittore
  • Giuseppe Mascara (Caltagirone, 1979), calciatore cresciuto a Comiso
  • Fra Mansueto da Comiso (1695 1749), cappuccino
  • Paolo Nicosia (Comiso, 1893 Catania, 1970), critico letterario, dantista, traduttore di opere latine, poeta
  • Biagio Pace (Comiso, 1889 Comiso, 1955), archeologo e politico
  • Pietro Palazzo (Comiso, 1576 Comiso,1648), sacerdote
  • Biagio Pelligra (Comiso, 1937), attore
  • Salvatore Pelligra (Comiso, 1891 Signo,1943), generale Medaglia d’oro al valor militare
  • Cristina Scuccia (Comiso, 1989), cantante che vive a Comiso
  • Antonio Greco (Torino 1884 Comiso 1913), attore.

Come arrivare

Comiso dista 96,4 km  da Catania, è raggiungibile attraverso la SS 514 Catania-Ragusa, da Siracusa attraverso la Strada Statale 115 Agrigento-Siracusa. Da Catania è attiva l’autolinea dell’azienda Etna Trasporti con oltre dieci corse giornaliere; da Ragusa con azienda AST; da Vittoria con l’azienda SAIS. Dal maggio del 2013 è attivo l’aeroporto Pio La Torre, gestito da Società Aeroporto Comiso, aperto al traffico commerciale nazionale ed internazionale. L’infrastruttura va ad inserirsi nel sistema di aviotrasporto della Sicilia orientale insieme allo scalo di Catania. Comiso è inoltre raggiungibile tramite la linea ferroviaria Caltanissetta Xirbi-Gela-Siracusa.

Mobilità urbana – A Comiso non esiste un servizio di autobus urbani, tuttavia operano servizi di Radiotaxi ed autonoleggi convenzionati.

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