Identità Caltagirone

Amministrazione

SINDACO

Fabio Roccuzzo

In carica dal: 23/10/2021

Sito istituzionale

www.comune.caltagirone.ct.it

Paolo Crispino

Deleghe:

Vicesindaco, Rapporti con il Consiglio Comunale, Lavori Pubblici, Urbanistica, Manutenzione, Trasporti e Viabilità, Servizi Cimiteriali, Edilizia Privata

Micol Liardo

Deleghe:

Digitalizzazione, Innovazione Tecnologica, Politiche Giovanili, Sport, Sito Web, Biblioteche, Ufficio Relazioni con il Pubblico, Cooperazione, Uffici Demografici, Ufficio Elettorale

Claudio Lo Monaco

Deleghe:

Politiche Culturali, Beni Culturali, Identità Ceramica, Musei, Istituto Musicale, Unesco Val di Noto, Eredità immateriali, Spettacoli e Grandi eventi

Lara Lodato

Deleghe:

Politiche Scolastiche, Politiche dell’ecologia, Politiche energetiche, Politiche ambientali, Verde pubblico, Arredo urbano, Frazioni, Diritti degli animali

Piergiorgio Cappello

Deleghe:

Piani di Utilità collettiva, Mercati, Agricoltura, Industria, Commercio, Artigianato, Suap, Espropri, Autoparco, Patrimonio

Giuseppe Fiorito

Deleghe:

Polizia Municipale, Personale, Protezione Civile, Contenzioso, Ufficio Legale, Ufficio Contratti

Patrizia Alario

Deleghe:

Politiche del Welfare e dei Servizi Sociali, Pari Opportunità, Politiche attive del lavoro, Affari Generali, Formazione professionale, Piano di Zona

Caltagirone, Regina dei monti Erei

La Riserva naturale orientata Bosco di Santo Pietro copre una superficie di 6.559,38 ettari. Da 390 metri sul livello del mare digrada dolcemente verso la pianura di Vittoria ed è delimitata ad ovest e a nord dai valloni Terrana e Ogliastro, ad est dal torrente Ficuzza e a sud dai confini del comune di Acate. La prima testimonianza storica del bosco risale al 1160, quando il re normanno Ruggero d’Altavilla lo concesse ai calatini quale ricompensa per l’aiuto prestatogli contro i Saraceni. A quell’epoca la sua estensione era di ben 30.000 ettari, comprendeva tutta la fascia sud-orientale della Sicilia, dall’entroterra calatino sino alle zone costiere della città di Gela e Scoglitti. I ripetuti incendi, la carenza di manutenzione, i pascoli abusivi e la caccia di frodo, ne hanno sconvolto la fisionomia originaria. Tuttavia, in alcune località, come Fontana del Cacciatore, Fontana Molara, Cava Cannizzolo e Dongiovanni, la densità della vegetazione è tale da far rivivere nel visitatore il fascino dell’antica foresta. Sono oltre 300 le specie vegetali di cui è particolarmente ricco il sottobosco. Nella contrada Molara, ancora oggi fa bella mostra di sé un esemplare di Quercus suber che raggiunge i 6,2 metri. Il bosco di lecci (Quercus ilex) s’estende per alcune decine di ettari nelle contrade Molara, Coste Stella, Coste Chiazzina e Vaccarizzo. Troviamo inoltre la quercia spinosa (Quercus coccifera) e la roverella (Quercus pubescens). Rilevante, la presenza del carrubo (Ceratonia siliqua), con alcuni esemplari il cui tronco raggiunge dimensioni di oltre 3 m di circonferenza. Nella gariga le specie dominanti sono il rosmarino (Rosmarinus officinalis), il timo (Thymus capitatus), l’erica (Erica multiflora) e il lentisco (Pistacia lentiscus). Durante le passeggiate nel bosco sovente s’incontrano istrici, lepri, conigli selvatici e donnole. Risultano presenti anche il gatto selvatico e la volpe. Fra gli uccelli si possono osservare novantasei specie diverse fra cui la cincia, l’occhiocotto, la ghiandaia, ma anche alcune specie rare quali il picchio rosso maggiore, il pendolino e il gheppio, chiamato in dialetto “muschittu”. Nel 1999 è stata istituita la Riserva Naturale Orientata allo scopo d’arginare il degrado ed invertire la tendenza. Molteplici le iniziative promosse dall’associazione Il Ramarro :prevenzione antincendio, pulizia del bosco, rimboschimento, corsi di Protezione Civile, attività culturali tra cui spicca l’organizzazione dei Campi internazionali del sole cocente che ogni anno a luglio radunano giovani europei per un’esperienza di studio su temi ambientali e di tutela del bosco mediante la prevenzione degli incendi.

Toponomastica – Il primo documento in cui si fa menzione del nome della città, risale al 1143. È un diploma con cui Ruggero II concede ai cittadini i feudi di Iudica e Santo Pietro. In esso si fa riferimento alla città con il nome di Calatageron, di evidente origine araba. La prima parte, infatti, proviene daQal’at (rocca); la seconda parte, invece è di più difficile interpretazione. Per alcuni studiosi si tratterebbe di Qal’at’al Chiran (Rocca delle grotte), per le numerose grotte disseminate nel territorio calatino; per altri, invece, il nome originario della città sarebbe stato Qal’at al Hinzariyah (Rocca dei cinghiali); numerosi sono, infatti, gli scheletri dei cinghiali trovati nei dintorni di Caltagirone, senza dire che la montagna di fronte la città, ancor oggi, viene denominata Ganzaria, da Hinzariyah (cinghialeria). C’è chi pensa che i saraceni abbiano tradotto in arabo la denominazione greca della zona: rocca dei gelesi, diventò Qual’at al Geloon. In seguito la l sarebbe diventata una r e quindi Calatageron. Secondo ulteriori fonti, deriverebbe dall’espressione araba Qal‘at al-Ghirar (Rocca delle Giare), scelto probabilmente per indicare la fiorente tradizione ceramista che ha reso la città famosa in tutta Italia.

Origini – Tracce di antropizzazione sono state rinvenute in località Sant’Ippolito, nei pressi delle sorgenti del fiume Caltagirone, dove gli archeologi hanno scoperto un villaggio di probabile origine indigena, risalente al periodo neolitico, abitato fino all’arrivo dei Greci sull’isola. In contrada Montagna è stata riportata alla luce una necropoli risalente all’età del bronzo e ricca di tombe a Tholos. Altri insediamenti di origine sicula e sicana sono stati riportati alla luce nelle contrade di San Mauro, Altobrando e Piano Casazze. Alla dominazione autoctona seguì quella greca, fra il VII e VI secolo a.C.: sulle colline che dominano la vallata segnata dal fiume Maroglio si trova, infatti, il centro greco di Monte San Mauro, dove sono stati rinvenuti edifici in muratura ed importanti reperti quali monete e suppellettili. Del periodo di dominazione romana rimangono invece poche testimonianze. Dopo alterne vicende il centro, nella prima metà del IX secolo d.C., fu conquistato dagli Arabi, divenendo in breve tempo una delle più importanti roccaforti per il controllo della Sicilia orientale. Nel 1090 fu definitivamente liberata ad opera dei Normanni, guidati dal Gran Conte Ruggero I d’Altavilla.

Si narra che, all’alba del 25 luglio 1090 (giorno in cui la Chiesa cattolica celebra il martirio di S. Giacomo Maggiore), in occasione della liberazione della città dai Saraceni, apparve San Giacomo. Il Conte Ruggero I attribuì la vittoria all’intervento soprannaturale, giunto in aiuto a seguito di una sua invocazione. Per questa ragione Caltagirone prescelse l’Apostolo a proprio patrono, in sostituzione di S. Nicola di Mira.

La città subì quindi la dominazione degli Svevi e poi degli Angioini che furono cacciati dall’isola in seguito ai Vespri Siciliani. Ad essi partecipò attivamente con il barone Gualtiero di Caltagirone, la cui azione per l’indipendenza siciliana continuò accanita anche contro Pietro D’Aragona. Perseguitato, scoperto ed arrestato con altri congiurati, fu decapitato il 22 maggio 1283 nel Piano di San Giuliano, oggi Piazza Umberto. Le floride condizioni di Caltagirone nei secoli seguenti, trovano testimonianza nelle visite illustri, nelle concessioni e nei privilegi ottenuti. Nel 1458, il castello che sorgeva in cima alla collina maggiore, ospitò l’incoronazione del Re di Sicilia Giovanni II di Aragona che, per gratitudine per i soccorsi ricevuti nelle varie imprese da lui compiute, dichiarò Caltagirone città demaniale. La città partecipò con onore alla conquista di Tunisi, nell’impresa della Goletta (1535), inviando a Carlo V la galea San Giacomo, sotto il comando del patrizio calatino Antonio Gravina. Tale prosperità fu però messa in crisi dalle forze della natura. Nel 1542 un terremoto sconvolse buona parte della città, ma fu quello dell’11 gennaio 1693 a produrre gravissimi danni all’abitato; Caltagirone fu quasi rasa al suolo, abitazioni ed edifici di inestimabile valore andarono persi. La successiva ricostruzione, non trasformò l’impianto originale tardo rinascimentale rappresentato dalla crux viarum, costituita verticalmente dalla Scala di S. Maria del Monte e dal Corso, e orizzontalmente dalle vie di S. Giorgio e di S. Giacomo. Al vecchio tessuto urbano si innestarono le nuove costruzioni di stile barocco. La città riprese a vivere ed a svilupparsi; in particolare, tra il XVIII ed il XX secolo la crescita demografica, economica e politica di Caltagirone divenne vertiginosa.

Caltagirone contemporanea – Nel 1818 la città fu eletta sede vescovile. Nel 1846 fu costruita la villa comunale su progetto di Giovan Battista Filippo Basile, un vero e proprio parco urbano di valore e qualità europei. Agli inizi del XX secolo Caltagirone fu città simbolo del popolarismo italiano di Don Luigi Sturzo e del movimento anti-fascista. Durante la Seconda Guerra Mondiale, soffrì dei pesanti bombardamenti da parte degli anglo-americani che distrussero alcuni monumenti significativi per la città. Dagli anni sessanta agli anni settanta, a causa dell’insufficiente sviluppo economico, Caltagirone subì un massiccio esodo di popolazione verso le regioni del nord, finché nel decennio successivo si ebbe una nuova crescita economica. Oggi Caltagirone è una delle più importanti destinazioni turistiche della Sicilia, grazie al suo patrimonio artistico, a tradizioni uniche, alla bellezza dei suoi paesaggi.

Centro storico – Il patrimonio monumentale del centro si lega a pregevoli esempi di architettura sacra come la chiesa di Santa Maria del Monte. La sua costruzione risale all’epoca medievale, ma nel Settecento fu oggetto di un importante restauro a causa del terribile terremoto di fine Seicento. Al suo interno è custodito un prezioso dipinto che raffigura la Madonna di Conadomini oltre ad una statua della Vergine con il Bambino Gesù realizzata in marmo. Nella torre campanaria è conservata poi la Campana d’Altavilla, quella che Ruggero strappò agli Arabi al momento della liberazione della città. La chiesa di Santa Maria è ricordata ancor di più per la splendida scalinata che si erge nel piazzale antistante e che collega la parte antica ed alta di Caltagirone con quella inferiore. Tale progetto risale al Seicento, quando si decise di collegare le due città con una serie di rampe, unificate in un’unica scalinata solo a metà Ottocento. Bisognerà attendere il 1954 per vederne il volto definitivo, con i suoi 142 scalini decorati con mattonelle di ceramica policroma che riprende motivi architettonici tipici dell’isola. Al patrono è dedicata la basilica, che secondo alcune fonti storiche risalirebbe al 1090, anno della liberazione della città dagli Arabi. Lo stile segue i caratteri tipici dell’architettura bizantina, anche se nel Cinquecento fu deciso un intervento di restauro. Al Seicento risalgono invece il portale principale di ingresso, sormontato dall’insegna in marmo della città, e la cassa d’argento in cui sono custodite le reliquie di San Giacomo. Nel 1693 il terremoto distrusse quasi completamente la chiesa, che nel Settecento lentamente venne ricostruita.

Architettura Religiosa

  • Basilica Cattedrale di San Giuliano, chiesa di origine normanna, subì varie ricostruzioni a causa dei terremoti che colpirono la zona. Nel 1816, con l’istituzione della Diocesi di Caltagirone fu elevata al rango di Cattedrale.
  • Chiesa del Signore del Soccorso, ad ovest della città, sull’antica strada per Gela, sorgeva, prima del terremoto del 1693, una chiesetta dedicata alla Madonna del Soccorso, sotto le sue macerie venne ritrovato un crocifisso dipinto su pietra. Sul luogo del ritrovamento, alla fine del Settecento, fu costruita una chiesa progettata dal Bonaiuto, in cui si venera la sacra immagine.
  • Abbazia di Terrana, a pochi chilometri da Santo Pietro, nel vicino feudo di Terrana, sorgeva un tempo l’importante abbazia cistercense di Santa Maria di Terrana di cui oggi rimane parte di una chiesetta, edificata nel XIII secolo, con resti d’affreschi quattrocenteschi. Sulla facciata si mette in chiara evidenza il bel portale principale con i due mascheroni. All’interno, a fianco dell’abside, una porticina, sormontata da un arco ogivale, permette l’accesso al campanile.

Architettura Civile

  • Sulla via Nicastro, ad appena tre chilometri dal centro abitato, si trova il cimitero monumentale, preceduto da un viale alberato. Detto cimitero del Paradiso, dal nome della contrada in cui sorse, fu progettato dal celebre architetto Giovan Battista Nicastro nel 1866, con pianta a croce bizantina iscritta dentro un muro perimetrale che in parte lascia intravedere l’interno attraverso alcune aperture. Il progetto non fu mai portato a compimento dal Nicastro che morì nel 1903. Notevoli i loggiati, con arcate ogivali sostenute da snelle colonne, che donano al luogo luminosità e ariosità. Da ammirare alcune cappelle gentilizie degli inizi del Novecento sia per lo stile architettonico sia per le pregevoli decorazioni in ceramica, alcune delle quali in cattivo stato di conservazione. Dal 1931 è stato dichiarato monumento nazionale.
  • Il Carcere Borbonico, dell’architetto siracusano Natale Bonaiuto, uno dei più interessanti e preziosi esempi di tipologia carceraria settecentesca, oggi sede del Museo Civico.
  • La Corte Capitaniale, realizzata tra il 1587 ed il 1601, è un’opera iniziata da Antonuzzo Gagini e proseguita dal figlio Giandomenico. Altre decorazioni furono eseguite dal nipote Francesco alcuni anni più tardi; costituisce uno dei più importanti edifici pubblici rinascimentali oggi esistenti in Sicilia.
    Sono presenti altri edifici e monumenti storici di rilevanza culturale:

Chiesa Dell’Immacolata; Chiesa di Sant’Agata; Chiesa di Sant’Andrea; Chiesa di Santa Lucia; Chiesa di Maria SS. dei Miracoli; Chiesa del SS. Crocifisso del Soccorso; Chiesa di San Biagio; Chiesa di Maria SS. delle Stelle; Chiesa di Sant’Orsola; Chiesa di Gesù e Maria; Chiesa di Sant’Isidoro; Chiesa di Maria SS. degli Angeli; Chiesa di Santa Caterina; Chiesa di Santa Sofia; Chiesa del Rosario; Chiesa del Gesù o del Collegio dei Gesuiti (1571); Chiesa di San Nicola; Chiesa di Maria SS. del Ponte; Chiesa di San Domenico; Chiesa San Bonaventura; Chiesa di San Giorgio; Chiesa di Santo Stefano; Chiesa di Santa Chiara; Chiesa di San Francesco di Paola; Chiesa di Santa Rita; Chiesa Santa Maria di Gesù; Chiesa di San Pietro; Chiesa dei Cappuccini; Chiesa del SS. Salvatore; Chiesa di San Giovanni Bosco; Chiesa di Maria SS. della Neve; Chiesa di San Giuseppe; Chiesa della Sacra Famiglia; Chiesa di Sant’Anna; Chiesa della Madonna della Via; Chiesa San Vincenzo de Paoli; Chiesa di San Paolo Apostolo; Chiesa dei SS. Pietro e Paolo; Chiesa di San Giovanni Battista.

Il Palazzo barocco dei Principi di S. Elia; il Tondo Vecchio, dell’architetto Francesco Battaglia; il Teatrino, elegante e scenografico belvedere sulla città, costruito nel 1792 dall’architetto Natale Bonaiuto, attuale ingresso del Museo Regionale della Ceramica.

Siti Archeologici

  • Gli scavi di Sant’Ippolito si trovano a circa 4 km a nord-est rispetto all’abitato moderno, su una leggera elevazione di natura gessosa, con pendici scoscese, chiamata collina di Sant’Ippolito o colle del Bersaglio, nella valle del torrente Caltagirone. La presenza di manufatti, nota fin dal XIX secolo, sollecitò gli scavi condotti da Paolo Orsi nel 1928. Questi, rivelarono la presenza di due villaggi di epoca neolitica e calcolitica, furono altresì individuate tracce abitative databili fino al VII secolo a.C., epoca dell’arrivo nella zona della colonizzazione greca. Il villaggio neolitico, rinvenuto su un pianoro del pendio orientale, lambito da un piccolo corso d’acqua, restituì fondi di capanne, resti di focolari, frammenti di asce e punte di freccia in pietra, frammenti ceramici del tipo detto di Stentinello, decorati con semplici motivi geometrici incisi o impressi. La necropoli del villaggio comprendeva alcune tombe a forno, scavate sul pendio dal lato opposto del corso d’acqua. Sulla cima del colle si insediò, nell’età del Rame, un secondo villaggio, più esteso del precedente, che sembra essere rimasto attivo fino all’età del ferro. Vi è stata identificata, dall’archeologo Luigi Bernabò Brea, una facies culturale databile tra il 2.000 e il 1.800 a.C., che avrebbe preceduto quella di Castelluccio e che ebbe rapporti con il mondo egeo e anatolico. Il sito ha restituito una tipica produzione di ceramica, ceramica di Sant’Ippolito, dipinta con motivi di linee e triangoli in colore scuro su fondo giallo-rossiccio. Forme tipiche furono: una fiaschetta con corpo ovoidale e unica ansa; un vaso emisferico con beccuccio cilindrico e fruttiere con basso piede conico, che richiama modelli orientali. Sono presenti anche recipienti a partizioni multiple di uso incerto. I reperti del sito, sono conservati nel Museo archeologico regionale “Paolo Orsi” di Siracusa ,a Caltagirone presso il Museo della ceramica e nella sezione archeologica dei Musei civici.
  • Poco più a nord, in contrada Montagna, dai 77 metri di poggio Rocca fino ai 600 dei poggi Valfà e Mantina, si estende una grande necropoli di epoca siculo-greca. I sepolcri a thòlos scavati nella roccia, risalgono al periodo compreso fra il II millennio e il VII secolo a.C.
  • Monte San Mauro è un sito archeologico situato a sud ovest della città di Caltagirone. Comprende cinque colli disposti a ventaglio sulle vallate dei fiumi Signore e Maroglio su cui si insediò un centro abitato dell’età del bronzo. Il centro indigeno venne occupato alla fine del VII secolo a.C. da coloni greci dediti all’agricoltura ed al commercio. Sul terzo colle, è stata ipotizzata la presenza dell’acropoli: vi si trova un ampio edificio, scoperto nel 1904 da Paolo Orsi. Si presenta diviso in due da un terrazzamento, costruito con blocchi e sfaldature irregolari di pietra locale, connessi da pietrame e terra. L’edificio esisteva già nel IX secolo a.C. e si trattava probabilmente di una residenza principesca sicula, in seguito riutilizzata dai coloni greci. Gli scavi di Umberto Spigo, ripresi nel 1983, hanno riportato alla luce sul lato corto occidentale due ambienti che dovevano probabilmente costituire un magazzino pubblico. Vi sono stati ritrovati contenitori per derrate alimentari, numerose anfore per il trasporto di merci da tutto il mar Mediterraneo, pesi da telaio e macine in pietra lavica. Nei pressi erano stati rinvenuti inoltre i frammenti di una tavola in bronzo contenente il testo di una legge sull’omicidio. Paolo Orsi individuò, lungo il ciglio settentrionale e nord-occidentale del colle, un sistema difensivo costituito da tratti di mura intervallati dalla roccia naturale. Sulla cima del colle sono state anche rinvenute strutture ellittiche pertinenti ad abitazioni indigene (una datata tra la seconda metà dell’VIII e la prima metà del VII secolo a.C.). Sulle pendici del terzo colle, è stato in seguito rinvenuto un nucleo abitativo della prima metà del VI secolo a.C., di cui si ipotizza la distruzione in occasione della spedizione antisiracusana del tiranno di Gela, Ippocrate (tra il 498 e il 482 a.C.). Le abitazioni presentano un vano di ingresso più ampio, aperto verso sud, sul quale si affacciano tre vani minori affiancati, secondo modalità che si ritrovano anche in altri siti della Sicilia greca, come Naxos e Megara Iblea. È possibile che i vani minori avessero anche un piano superiore, data la presenza in alcuni casi di consistenti strati di crollo. All’interno di queste case è stata rinvenuta una grande quantità di ceramica, dai grandi contenitori per l’immagazzinamento di sementi, ai crateri attici. Ai piedi del medesimo colle, fu scavata tra il 1903 e il 1904 una necropoli di 58 tombe: sono presenti sepolture in dolio o in anfora o con tombe a cassa, foderate da lastre in pietra, o a fossa semplice, a volte coperte con lastre disposte a cappuccina. La necropoli è datata al VII-VI secolo a.C. Sui colli 1 e 2 è stato rinvenuto un nucleo di terrecotte architettoniche dipinte, pertinenti alla decorazione di un sacello arcaico, che trovano confronti con materiali di Gela, di Siracusa, di Selinunte e di Olimpia in Grecia. A circa 200 m dal sito del sacello Paolo Orsi aveva rinvenuto un deposito votivo con statuette femminili. Ai piedi dei colli 1 e 2 è stata altresì individuata una necropoli utilizzata tra il VII e il IV secolo a.C.

Il volto della Caltagirone di oggi è quello di uno dei centri più importanti della provincia di Catania; ha saputo coniugare al meglio la sua tradizione con le sfide imposte dallo sviluppo economico. Accanto alla fiorente attività artigianale delle ceramiche e delle terrecotte, ci sono imprese attive nei settori della pastificazione e dei materiali da costruzione, oltre che del legno. La produzione artigianale della ceramica ha origini antichissime legate alla particolare conformazione geologica dei terreni intorno alla città, ricchi di argilla di facile estrazione. All’arrivo degli Arabi, il sistema di produzione subì notevoli cambiamenti con l’introduzione della tecnica dell’invetriatura che rendeva il manufatto impermeabile. Oggi questo patrimonio di conoscenza è tramandato dalla scuola di ceramica calatina, prima Regia Scuola Professionale della Ceramica, voluta da Don Luigi Sturzo nel 1918. Non è venuto meno neanche il legame con la terra: la sua fertilità, che ha sempre favorito le colture e gli stessi insediamenti, oggi garantisce ricche produzioni di uva, olive, pesche, mandorle, querce da sughero. Anche la ricchezza del settore zootecnico rappresenta un elemento di continuità con il passato grazie all’allevamento di ovini, bovini, caprini, suini ed equini. Nel 2002, Caltagirone è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO; racchiude al suo interno immense bellezze artistiche che hanno veicolato lo sviluppo del settore turistico favorito, negli ultimi anni, dalla realizzazione di numerose infrastrutture. Le principali mete turistiche del centro storico sono certamente la lunga Scalinata di Santa Maria del Monte o comunemente detta La Matrice, in cui ognuna delle 142 alzate è decorata con un differente motivo di piastrelle in ceramica che riprende gli stili del passato, e il ponte di San Francesco che collega i due colli su cui si sviluppa il centro storico.

Evoluzione demografica – Caratterizzata da un andamento altalenante, Caltagirone ha registrato un incremento demografico fino al 1901, quindi un notevole crollo fra le due Guerre Mondiali ed una risalita fino agli anni Sessanta. Negli anni Settanta a causa dell’insufficiente sviluppo economico, subì un forte decremento demografico finché, nel decennio successivo non si ebbe una nuova crescita, da associarsi all’espansione della città nuova, allo sviluppo dei servizi e delle attività commerciali.

Etnie e minoranze – Gli stranieri residenti a Caltagirone con regolare permesso di soggiorno costituiscono il 3% della popolazione residente. Le nazionalità più rappresentate sono: Romania, Sri Lanka, Albania, Tunisia, Marocco.

Musei – Di notevole importanza il Museo civico ospitato nell’ex carcere borbonico. Al suo interno, è presente la pinacoteca della città con dipinti di artisti siciliani e, ben conservato, il fercolo di San Giacomo, in legno dorato ed argento, risalente alla fine del XVI secolo. Si ricordano altresì: il Museo della ceramica che raccoglie ed espone circa 2.500 reperti realizzati in Sicilia a partire dalla preistoria; il Museo della ceramica contemporanea presso il Palazzo Reburdone; il Museo delle Ville Storiche Caltagironesi e Siciliane a Villa Patti; il Museo tecnologico Hoffmann; il Museo d’Arte contemporanea; il Museo internazionale del Presepe; la Mostra dei Pupi siciliani; il Museo naturalistico presso la frazione Santo Pietro e la Pinacoteca Museo dei PP. Cappuccini presso la chiesa dei frati Cappuccini.

Biblioteche – La Biblioteca PIO XI si trova all’interno dell’antico Convento dei Frati Minori che risale alla fine del XIV secolo, oggi sede vescovile. Con i suoi 28.000 volumi circa, ha una notevole valenza culturale e storica per Caltagirone; vasta la gamma delle discipline rappresentate come Letteratura, Storia, Geografia, Filosofia, Pedagogia, Scienze Naturali, Medicina, Matematica, Diritto Civile ed Ecclesiastico, Teologia, Musica e numerosi Dizionari ed Enciclopedie. In questa biblioteca sono presenti delle opere di Luigi e Mario Sturzo. La Biblioteca Comunale Emanuele Taranto, alla fine del XVI secolo venne arricchita di opere, successivamente trasferite presso l’Università degli Studi di Catania. Nel 1785 il patriziato cittadino ricostituì la Biblioteca su un nucleo di 8.000 volumi donati dal principe Niccolò Interlandi. Nel 1870 i fondi bibliografici giunti dalle corporazioni religiose soppresse, valorizzarono la biblioteca di circa 15.000 volumi, ordinati da Emanuele Taranto Rosso al quale è oggi intitolata. Nel 1901 un violento incendio distrusse l’edificio nel quale era collocata e furono salvate solo 2.000 opere. Nel 1902 la Giunta comunale affidò al bibliotecario Baroncelli il progetto di ricostruzione delle opere. Grazie alle donazioni dei cittadini si incrementò il fondo antico e, ad oggi la biblioteca conserva oltre 115.000 volumi dei quali circa 2.400 risalgono ai secoli XVI, XVII e XVIII. È altresì presente, una ricca collezione di 2.867 fotografie e 1.095 cartoline illustrate che risalgono ai primi anni del Novecento. La Biblioteca di quartiere Alessio Narbone, possiede oltre 8.000 volumi, testi moderni ed aggiornati che coprono i vari settori della conoscenza. Nata con gli stanziamenti del Ministero della Pubblica Istruzione ed inaugurata il 16 maggio 2002, divenne successivamente Biblioteca di Quartiere con lo scopo di servire l’utenza del Centro storico di Caltagirone. La Biblioteca nella frazione Granieri fu istituita nel 1996. Dispone di circa 3.000 volumi che spaziano dalla letteratura italiana e straniera, alla storia, a testi scientifici, enciclopedie, viticoltura.

Teatro – Il Teatro Politeama Ingrassia fu costruito nel primo decennio del Novecento ad opera di Saverio Fragapane e venne inserito nel Piano Regolatore presentato dal pro-sindaco Don Luigi Sturzo nel 1907. Il teatro si trova in corrispondenza con l’ingresso monumentale del Giardino Pubblico “Vittorio Emanuele”, il quale costituisce la vita culturale e artistica della città. Oggi il teatro è stato riconvertito in sala cinematografica.

Sacro e Profano – Il 24 e 25 luglio un eccezionale spettacolo di colori caratterizza i festeggiamenti in onore di San Giacomo, Patrono della città dal 1109 per volere del conte Ruggero il Normanno. Dall’XI al XVI secolo la festa si svolgeva solo in chiesa, con la venerazione di un simulacro del Santo. La prima festa esterna, celebrata con manifestazioni folkloristiche, artistiche e cerimonie religiose, si ebbe nel 1591. Un tempo il fercolo veniva portato a spalla, accompagnato dal Senato Civico e dal popolo in festa, percorrendo le strade principali della città dalla mezzanotte del 24 luglio sino all’alba del 25. Il fercolo, inoltre, era preceduto da una preziosa cassa argentea, realizzata dal 1599 al 1701 dai più noti argentieri del tempo, contenente, in un reliquario a forma di mano, una parte dell’osso del braccio di san Giacomo donata nel 1457 alla città natale da Giovanni Burgio, vescovo di Siponto. Era una manifestazione corale di fede con qualche divagazione edonistica, che faceva folklore ma non intaccava tuttavia la devozione sentita e mantenuta fervida nei secoli. Ad oggi, la sera del 25 luglio il fercolo e la cassa della reliquia fanno il giro della città su mezzi meccanici con lo stesso cerimoniale d’un tempo e qualche variante nello svolgimento. Il programma dei festeggiamenti s’articola e arricchisce di anno in anno di numerose manifestazioni artistiche, culturali, sportive e folcloristiche. Prima fra tutte, in ordine cronologico, la serata alla villa, giorno 23, contrassegnata da concerti bandistici e da uno spettacolo di fuochi pirotecnici. Segue il corteo del Senato Civico (XVII secolo) che accompagna le autorità civili ai riti religiosi la sera del 24 e del 25 luglio. In costumi del Seicento, il corteo testimonia, nello sfarzo delle vesti dei suoi componenti, il prestigio che l’Universitas caltagironese aveva nel Regno. Nelle sere del 24 e del 25 luglio viene effettuata l’illuminazione della scalinata di Santa Maria del Monte con lumiere ad olio entro coppi policromi, disposti a disegno lungo i centoquarantadue gradini, che la rendono un arazzo brulicante di luci. Non mancano, solitamente, mostre d’arte d’ogni genere, spettacoli folcloristici di tradizione come l’opera dei pupi, manifestazioni musicali coinvolgenti tutte le fasce d’età e i più diversi interessi. La Madonna di Conadomini è una tempera su tavola raffigurante la Santissima Vergine, con in braccio il Bambino Gesù ed avvolta in un manto trapunto di stelle; la datazione di questa splendida immagine, dipinta con grande probabilità in Italia, si deve far risalire fra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, in pieno periodo romanico. Giunse a Caltagirone nel 1225 graziealla nobile famiglia Campochiaro, esule da Lucca perché di parte guelfa. Donata sul finire del XVI secolo alla Chiesa Madre dedicata all’Assunta, la tavola veniva esposta in chiesa di fianco al Cristo e collocata al centro di un polittico detto, per via della bellezza e dell’importanza del capolavoro, cona ovvero Icona (da cui la denominazione Cona Domini), tutte le volte che gravi calamità, siccità, pestilenze, carestie, affliggevano la comunità cittadina. La devozione diffusasi nel tempo tra il popolo spinse il Senato a proclamare, nel luglio del 1644, la Madonna di Conadomini co-patrona principale della città, deliberazione che ne accrebbe il culto, tant’è che la festa celebrata in suo onore il 31 di maggio, coinvolge da secoli tutta la città ed in particolare il mondo agricolo, che per i benefici più volte ricevuti dalla sua implorata protezione le ha tributato l’appellativo di “Madonna del pane”. “Maggio a Maria” si legge su grandi striscioni stesi sui balconi che s’affacciano sui carruggi, le viuzze dell’antico abitato. Così ogni anno dal 1750. L’offerta dei doni della terra viene fatta al termine del cosiddetto “corteo della rusedda”, termine quest’ultimo riferito ad una pianta profumata, Cistus salvifolius, utilizzata in passato dai ceramisti per i loro forni. In lunga processione, fasci di cisto raccolti nel bosco di Santo Pietro venivano portati un tempo a dorso d’animali da soma alla chiesa della Conadomini. Era una manifestazione di grande suggestione, aperta da sbandieratori, dal triunfu, un insieme di stendardi con l’immagine della Madonna, e da suonatori di brogne, conchiglie particolari dal suono strano e cupo. In tempi più recenti, il corteo della rusedda è diventato solo nominale. Un lungo corteo di carretti siciliani e mezzi agricoli meccanici, un centinaio e forse più, addobbati di verde e di fiori (tra i quali la rusedda è ormai solamente un simbolo avendo lasciato il posto al grano e ad altri prodotti dei campi), sfila per la città fino al tempio della Vergine. Del corteo fanno parte, oltre ai componenti della tradizione, gruppi folcloristici in costumi d’epoca. Seguono in chiesa i riti religiosi officiati dal vescovo della diocesi, in presenza delle autorità cittadine accompagnate dal Corteo Senatorio in costumi del XVII secolo. Per la festa della Madonna di Conadomini, la monumentale Scala di Santa Maria del Monte unisce ai colori delle ceramiche delle alzate dei 142 gradini i colori dell’Infiorata. Fra gli eventi cittadini ricordiamo: La passione di Cristo, domenica delle palme; A’ Giunta, a Pasqua; Festa di San Francesco di Paola, 25 aprile; solennità di Maria SS. del Ponte, 14 e 15 agosto; Solennità di Santa Lucia, 13 dicembre; Presepi di Caltagirone, dal 1º dicembre al 31 gennaio, splendidi allestimenti di presepi in ceramica nelle varie botteghe e in diversi punti del centro storico nonché mostre di presepi in terracotta di moderna produzione e di maestri del passato; Sagra dell’uva da tavola fraz. Granieri, 26 agosto; Biennale della Ceramica e delle Architetture di Paesaggio, dal 1º aprile al 30 novembre. Dal 2013, Caltagirone ospita uno dei festival del fumetto più importanti della Sicilia, ovvero il Kalta Comics, con numerose iniziative fra cosplay, videogiochi, tornei e giochi di ruolo.

A tavola Caltagirone ha risentito delle varie dominazioni: l’influenza araba, ad esempio, è molto forte nell’ambito dei dolci e della lavorazione delle mandorle; da qui nascono tipici dolcetti di pasta frolla ripieni di mandorle o miele e vin cotto. Più legati ai sapori della terra calatina sono la pasta cu maccu, cioè condita con una purea di fave, oppure il pane piruna ossia dei calzoni ripieni di spinaci od altre verdure.

  • Fortunato Pasqualino, (Butera, 8 novembre 1923 – Roma, 14 settembre 2008) scrittore, drammaturgo e filosofo.
  • Luigi Natoli, (Patti, 15 giugno 1799 – Messina, 25 febbraio 1875) Vescovo di Caltagirone
  • Niccolò Longobardi, (Caltagirone, 10 settembre 1565 – Pechino, 5 settembre 1654) missionario gesuita
  • Maria Attanasio, (Caltagirone, 1943) scrittrice
  • Alessio Narbone, (Caltagirone, 9 agosto 1789 – Palermo, 12 dicembre 1860) scrittore
  • Paolo Ciulla, (Caltagirone, 19 marzo 1867 – 1º aprile 1931) falsario, artista, incisore e fotografo
  • Padre Innocenzo Marcinnò, (Caltagirone, 24 ottobre 1589 – 16 novembre 1655) missionario
  • Gesualdo Clementi, (Caltagirone, 25 aprile 1846 – Catania, 8 novembre 1931) chirurgo e rettore Università di Catania
  • Piero Messina, (Caltagirone, 30 aprile 1981) regista, sceneggiatore e musicista italiano.
  • Marilena Samperi, (Caltagirone, 4 febbraio 1947) ex-sindaco e deputato parlamentare
  • Carmelo Caristia, (Caltagirone, 1º settembre 1881 – 18 settembre 1969) docente e politico
  • Giorgio Arcoleo, (Caltagirone, 15 agosto 1848 – Napoli, 7 luglio 1914) insigne giurista ed uomo politico
  • Benedetto Scillamà, (Caltagirone, 25 ottobre 1845 – Palermo, 31 maggio 1918) senatore del Regno d’Italia, magistrato
  • Gualtiero di Caltagirone, (… – Caltagirone, 22 maggio 1283) protagonista dei Vespri siciliani
  • Don Luigi Sturzo, (Caltagirone, 26 novembre 1871 – Roma, 8 agosto 1959) fondatore del Partito Popolare Italiano e sindaco di Caltagirone dal 1909 al 1920. Si deve al politico cattolico la realizzazione della scuola di ceramica e la costruzione del “rettifilo”, importante arteria viaria che sarebbe stata essenziale per lo sviluppo delle comunicazioni nel secondo dopoguerra.
  • Mario Scelba, (1901- 1991), uomo politico del dopoguerra che ha ricoperto importanti cariche statali tra cui quella di Presidente del Consiglio dei Ministri (1954-55) e quella di Ministro degli Interni, famoso per la Legge Scelba (1952), che vieta l’apologia del regime fascista e del PNF (Partito Nazionale Fascista).
  • Silvio Milazzo, (Caltagirone, 4 settembre 1903 – Catania, 24 dicembre 1982) presidente della Regione Siciliana
  • Giambattista Fanales, (Caltagirone, 21 febbraio 1900 – Caltagirone, 13 aprile 1970) medico ed uomo politico
  • Ottavia Penna Buscemi, (Caltagirone, 12 aprile 1907 – Caltagirone, 2 dicembre 1986) politico
  • Nicole Grimaudo, (Caltagirone, 22 aprile 1980) attrice
  • Rosina Anselmi, (Catania, 26 luglio 1876 – Catania, 23 maggio 1965) attrice
  • Agesilao Greco, (Caltagirone, 17 gennaio 1866 – Roma, 17 ottobre 1963) schermidore
  • Saverio Fragapane, (Caltagirone, 1871 – Firenze, 1957) architetto Liberty
  • Salvatore Castagna, (Caltagirone, 14 gennaio 1897 – Roma, 3 febbraio 1977) generale
  • Clara Auteri – (Caltagirone, 19 maggio 1918) attrice
  • Gaetano Incarbone – (Caltagirone, 19 aprile 1920 – Torino, 22 gennaio 1997) ingegnere aeronautico

Come arrivare

Caltagirone è collegata a Gela e Catania mediante la Strada Statale 417, a Catania per mezzo della Strada statale 385 di Palagonia che dopo il Bivio Iazzotto si innesta sulla costiera SS114. La città è collegata a Siracusa per mezzo della Strada Statale 124 che prosegue oltre San Michele di Ganzaria innestandosi sulla SS117 Bis. La Strada statale 683 attraversa il territorio di Caltagirone per mettere in collegamento la SS 514 Catania – Ragusa con l’autostrada A19 Palermo – Catania. Inaugurata nel 1990, si sviluppa per 13 km dalla SS 514 fino alla SP 34 in contrada Regalsemi di Caltagirone. Su queste direttrici operano varie autolinee extraurbane come la SAIS Autolinee, l’Etna Trasporti e l’Azienda Siciliana Trasporti che gestisce anche il trasporto urbano della città.

Ferrovie: Caltagirone è collegata a Catania ed a Gela mediante una linea ferroviaria a binario semplice non elettrificata di RFI. A partire dal 2011 il tratto tra Caltagirone e Gela è interrotto a causa del crollo di un ponte (demolito nel 2014) nei pressi della città della ceramica. Trenitalia garantisce corse di autobus sostitutivi per Gela. La stazione ferroviaria si trova nella parte nuova della cittadina e venne costruita alla fine degli anni settanta in occasione del completamento della tratta ferroviaria per Gela, in sostituzione della precedente stazione, che venne soppressa. Dal 1930 la città è stata capolinea della ferrovia Dittaino-Piazza Armerina-Caltagirone, ferrovia a scartamento ridotto di difficile e lunga percorrenza che si immetteva sulla ferrovia Palermo-Catania. Questa linea ferrata venne soppressa e smantellata nel 1972. La tratta da Caltagirone a San Michele Di Ganzaria è stata convertita nel 2002 in pista ciclo pedonale e ad oggi è praticamente impercorribile, poiché versa in condizioni di totale abbandono.

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