Il caso Gela e la verità di Messinese: “Il primo tradimento? Quello del M5S”
(20 settembre 2018)
Non vuole stare in silenzio Domenico Messinese, il primo sindaco nella storia di Gela a ricevere la sfiducia del Consiglio comunale. Lo scorso 7 settembre, 26 consiglieri su 28 presenti in aula si sono espressi per decretare la fine anticipata del suo mandato. “Un atto di responsabilità, una scelta necessaria di fronte a un fallimento politico irreversibile“, questo il commento a caldo degli autori della sfiducia, dopo una seduta tesissima, che ha visto il primo cittadino abbandonare l’aula per via di un malore e recarsi in ospedale. Proprio da qui, poco dopo, è arrivata, tramite pec, la lettera di dimissioni firmata da Messinese.
L’aula riprende il dibattito, si procede alla votazione dell’atto. Domenico Messinese non ha più la fiducia del Consiglio. È l’ultimo atto di una legislatura rivelatasi sin da subito travagliata. Ma l’ex primo cittadino non ci sta, fermamente convinto che la parola fine a questa vicenda, della quale si definisce vittima, debba ancora essere scritta. In un dossier di 35 pagine, presentato al Tar di Palermo poche ore fa, definendo infondate le accuse rivoltegli, parla di “sfiducia pilotata”.
Oggi, da noi intervistato, ripercorre i tre anni da sindaco di Gela, partendo dagli inizi del suo mandato, passando per l’espulsione dal M5S con cui era stato eletto nel 2015 e che, per Messinese, rappresentò il primo grande tradimento di una lunga serie.
Messinese, nel dossier da lei presentato al Tar quali accuse respinge al mittente?
In questi anni, l’unica grande verità è che ci sono state molte falsità sull’operato. È stata messa in campo un’azione di diffamazione da parte dei consiglieri, mentre io e la mia giunta ci facevamo carico, in un momento delicato per Gela, di una programmazione fattiva e concreta delle azioni e degli interventi. Il Consiglio, anziché operare nell’ambito delle sue funzioni di controllo e proposta, ha impegnato le sue energie a mistificare la realtà, facendo passare messaggi completamente diversi rispetto a ciò che accadeva. Un esempio fra tutti è la questione rifiuti, divenuta un’emergenza a causa della negligenza dei consiglieri, i quali hanno snobbato l’entità della problematica. Noi abbiamo ottemperato alle ordinanze regionali, ottenendo determinati risultati, che costituiscono un dato di fatto.
Della questione rifiuti parleremo meglio tra poco. Vorrei prima fare un passo indietro, al giugno del 2015 e alla vittoria al ballottaggio con il M5S, accolta dai grillini con entusiasmo. Si parla di rinascita, di liberazione, ma pochi mesi dopo, a dicembre, dallo staff di Grillo le viene notificata la sospensione e successivamente l’espulsione definitiva. Cosa è successo?
Quello del M5S è stato il primo grande tradimento che ho subito. Nella lettera di sospensione, venivano addotte come motivazioni il mancato taglio dello stipendio e il fatto di aver avallato il protocollo d’intesa con Eni e Ministero dello Sviluppo, accondiscendendo ad accordi, definiti contrari ai principi del Movimento. La nostra interlocuzione con Eni ha portato alla modifica di un protocollo scritto da chi mi ha preceduto. Siamo riusciti a non far realizzare una piattaforma, la Prezioso K, che prevedeva una nuova perforazione accanto alla piattaforma esistente e l’avvio di tutta una serie di attività a mare. Il progetto è stato modificato per far sì che le attività venissero effettuate a terra, evitando procedure inquinanti di scarico nelle acque, con la possibilità di utilizzare impianti già esistenti. La green raffinery ad olio di palma è stata modificata grazie alla nostra presa di posizione, facendo avviare investimenti ulteriori di centinaia di migliaia di euro.
Il M5S le aveva imputato anche la responsabilità di una politica tampone, in riferimento alla sua richiesta di ammortizzatori sociali per i lavoratori dell’industria. Cosa non approvavano?
Ho richiesto con grande forza gli ammortizzatori sociali perché tremila lavoratori avevano bisogno di risposte immediate e concrete, di sussidi economici per mantenere se stessi e le loro famiglie. Questi aiuti erano stati promessi e mai dati. Noi abbiamo dato loro questi ammortizzatori, unitamente a delle azioni di sostegno aggiuntive. Lo Stato ha degli obblighi. Non si possono lasciare delle persone morire di fame con la promessa di soluzioni future. Quando i 5 stelle mi vengono a parlare dell’importanza del reddito di cittadinanza, che è puro e semplice ammortizzatore sociale, mentre vengono a contestare che in un’area di crisi si chiedano gli ammortizzatori sociali, è veramente paradossale.
Uno dei fronti sui quali lei è stato attaccato aspramente è stato quello riguardante la questione Porto. Cosa ha da dire in merito?
I consiglieri che hanno gridato alla risoluzione immediata della questione Porto sono i primi che si sono opposti alla conversione da Sin a Sir, ossia da Sito di interesse nazionale a Sito di interesse regionale. Tale conversione avrebbe consentito di accelerare i processi di caratterizzazione, con un notevole snellimento burocratico. I piani di caratterizzazione stanno partendo adesso. Mi sono interessato personalmente, andando all’Ispra a controllare in che stato fosse il progetto rimasto bloccato. I documenti mancanti sono stati integrati e il progetto è stato fatto partire. La situazione che ho lasciato è la seguente: un finanziamento di 5,8 milioni per consentire il primo intervento di dragaggio, caratterizzazione, studio dell’area portuale e realizzazione di un braccio di protezione per evitare gli insabbiamenti veloci. Tutto questo iter è in stato avanzato. Ci sono stati dei ritardi non dovuti a questa amministrazione. Ricordiamo che il porto non è di competenza del Comune ma della Regione, che deve a sua volta rapportarsi con il Ministero, in quanto si tratta di un’area di interesse nazionale.
All’indomani del suo insediamento, insieme alla sua giunta, lei ha individuato delle priorità di intervento, poi inserite nell’ambito del Piano di compensazione, in quello del Patto per il Sud, o riferite ad altri piani di recupero e riqualificazione. Quali sono i risultati che rivendica come frutto dell’impegno della sua amministrazione?
Abbiamo messo a punto 66 progetti di interventi di bonifica già avviati, tra cui la caratterizzazione di tutta l’area dell’Eni, mai fatta prima. Oggi abbiamo finalmente chiara la situazione dell’inquinamento del sottosuolo causato dall’Eni. Con un metodo messo in campo grazie alla collaborazione dell’Università Tor Vergata di Roma e di altri istituti di studio e ricerca, siamo riusciti a mappare tutto il territorio del comune di Gela, evidenziando in oltre tremila punti i livelli di intensità della presenza di amianto. Un lavoro unico in Sicilia. Un progetto che permette di monitorare, di riflesso, il deposito dell’amianto, agendo contro lo smaltimento abusivo e scorretto. Nell’ambito del Patto per il Sud, abbiamo avviato interventi di riqualificazione urbana, già in bando di gara, che coinvolgono arterie stradali importanti della città, oltre al rilancio di tutto il centro storico. E ancora, opere di riqualificazione delle scuole, il progetto Officina della Gioventù, i lavori sul lungomare, una serie di interventi per rilanciare l’Orto Pasqualello e tanto altro. Per quanto riguarda le strutture sportive, abbiamo avviato degli interventi importanti di manutenzione dello stadio. Siamo stati costretti a chiudere quelle strutture sportive che, a seguito di scrupolose perizie di esperti, risultavano non adeguate alle norme di sicurezza, lavorando nel frattempo perché queste ultime venissero adeguate a tutte le disposizioni vigenti. Anche qui c’è stata della strumentalizzazione.
Tra le motivazioni addotte dai consiglieri, durante i loro interventi precedenti alla votazione della sfiducia, vi è la cattiva gestione dell’emergenza rifiuti. Cosa risponde a tal proposito?
Fino ad aprile 2018 la questione rifiuti era abbastanza sotto controllo. C’erano delle piccole criticità gestibili. Spendevamo meno di 10 milioni l’anno. Ad aprile la Corte dei Conti si pronuncia con un provvedimento che ci impone di limitarci ai servizi essenziali, ovvero la raccolta dei rifiuti porta a porta, che non si è mai fermata, e il funzionamento della discarica con i rimanenti fondi. Oggi affermo, senza mezzi termini, che il responsabile dell’emergenza rifiuti a Gela è il Consiglio comunale, il quale per quattro volte non ha approvato il Piano economico finanziario, facendo saltare puntualmente la seduta. C’è stata una volontà precisa di non intervenire per risolvere la questione.
La sua è stata definita un’amministrazione trincerata in se stessa, chiusa al dialogo, in primis con i consiglieri. E’ da imputare a questa assenza di confronto la frattura insanabile con il consiglio comunale?
Ho sempre coinvolto i consiglieri nelle decisioni della giunta. Anche quando non ero tenuto a farlo.
In questa esperienza da sindaco, cosa salva e cosa butta via?
Non butto via niente. Ho sempre mantenuto la mia integrità, a dispetto degli insulti e delle menzogne diffuse.
Nell’ipotesi in cui dovesse vincere il ricorso, e quindi dovesse tornare ad occupare la carica di sindaco, avrebbe la sensazione di governare in una città che, a detta dei suoi oppositori, non riconosce in lei la sua guida?
No, sono stato sempre coerente con quello che ho detto in campagna elettorale. Non ho tradito io. Viviamo in una città in cui chi grida è convinto di avere ragione.
Alice Palumbo