Cassibile dice no al villaggio per migranti, Paolo Romano: “Chi l’ha detto che va fatto qui?”
Monta il dissenso dei cittadini in seguito alla decisione del Comune di Siracusa di dare il via alla costituzione di un villaggio con moduli abitativi per alloggiare i braccianti agricoli
(24 maggio 2019)
“Io non sono razzista ma Cassibile è dei cassibilesi”, “Blocchiamo l’entrata principale di Cassibile! I container non devono entrare! Facciamoci sentire! Cassibile e i Cassibilesi meritano rispetto! Ora basta!”. “Per una dignitosa sistemazione si dovrebbero preoccupare coloro che auspicano i porti aperti! È facile essere buoni e lasciare ad altri la soluzione al problema. Il razzismo non c’entra nulla!”. I cittadini di Cassibile si preparano alle barricate, monta il dissenso in merito alla decisione del Comune di Siracusa di dare il via alla costituzione di un villaggio con moduli abitativi per alloggiare i braccianti agricoli, migranti stagionali che ogni anno raggiungono il piccolo centro, frazione a sud di Siracusa, per lavorare alla raccolta degli ortaggi. Si tratta di operai dediti in gran parte alla raccolta di patate e fragole, ingaggiati da ditte della zona o dei comuni limitrofi che, di volta in volta, trovano “sistemazione” in tende e ritrovi di fortuna, con tutto ciò che ne consegue in termini di igiene e dignità. Alloggi le cui condizioni di disagio e degrado, complice il tempo inclemente che ha caratterizzato l’inverno appena trascorso, con strascichi di piogge abbondanti e persistenti fino a poche settimane fa, sono peggiorate notevolmente.
Ad accendere i riflettori sulla questione, la mobilitazione di associazioni, sindacati e società civile, lo scorso 1 maggio, con una manifestazione interamente dedicata ai temi del lavoro e dei migranti. Iniziativa che, ieri, ha portato alla firma in Prefettura di un protocollo tra il prefetto, Luigi Pizzi, e il sindaco di Siracusa, Francesco Italia, per l’utilizzo di 17 moduli abitativi, che potranno accogliere dieci persone ciascuno, da allocare a Cassibile nell’area dell’ex depuratore e collegarla ai servizi essenziali. Soluzione che, assicurano dal Comune, è da considerare temporanea e vincolata al periodo di raccolta, per rendere migliori e più dignitose le condizioni di vita dei lavoratori stagionali ma alla quale i cittadini di Cassibile sono decisi ad opporsi. Un dissenso dettato da anni di opposizione a scelte ritenute inappropriate e lesive dell’immagine di una comunità, quella Cassibilese, che a tutt’oggi si sente sempre più inascoltata ed abbandonata al proprio destino. Ne abbiamo parlato con l’ex presidente di Circoscrizione Paolo Romano.
Il sindaco Italia assicura che a Cassibile non nascerà un ghetto ma si tratta di una soluzione per ridare dignità e sistemazione ai lavoratori, lei come la pensa?
Il sindaco non conosce il territorio e soprattutto non conosce la nostra storia, non si possono prendere queste decisioni senza tenere conto delle istanze di questa comunità. Questa decisione ci porta indietro di vent’anni , quando abbiamo fatto le barricate per evitare di far diventare Cassibile il punto di riferimento degli extracomunitari. Noi ospitiamo circa mille extracomunitari fissi già dagli anni ’70, siamo un piccolo paese in un territorio già molto fragile e con pochissimi servizi e questa nuova invasione rischia di creare malessere e disagi. Nel 2007 eravamo riusciti a risolvere il problema scongiurando il rischio di avere una tendopoli in città. Ora invece si è tornati ad inquadrare Cassibile come punto di riferimento per tutti gli stagionali che lavorano anche in altri comuni, e addirittura si pensa alla creazione di un villaggio senza minimamente consultare gli abitanti.
Qualcuno ha parlato di atteggiamento razzista, cosa risponde?
Che non lo è, non è una battaglia contro le persone che sono vittime quanto noi ma un discorso contro il sistema che non riesce a gestire il fenomeno e trova come soluzione di addossare tutto su di noi. Vent’anni fa abbiamo suggerito come risolverlo, i braccianti dovevano alloggiare ciascuno nel comune dove trovavano lavoro, all’epoca io ero assessore, parlai con il Prefetto e con i sindaci dei comuni limitrofi e trovammo l’accordo.
Oggi tutto questo è rimesso in discussione, come mai?
Oggi hanno buon gioco perché con la soppressione delle Circoscrizioni ormai non abbiamo più voce in capitolo, non abbiamo contatto con l’amministrazione, ci sentiamo apolidi e senza rappresentanti amministrativi per ogni problema inerente la comunità, figuriamoci per questioni come queste.
Dai commenti che si leggono anche sui social, la tensione aumenta tra i cittadini. Secondo lei è possibile l’integrazione?
Noi la consideriamo un’invasione a tutti gli effetti, voi non lo vedete perché non state qua ma immaginate tutta questa gente dalla mattina alla sera con i bidoni sulle spalle che non ha servizi e vive in condizioni di degrado, questo genera antipatie da parte loro verso di noi e da parte nostra verso di loro e lo vedo molto tra i giovani. È una situazione destinata a precipitare e certamente noi non lo vogliamo, così non si può fare integrazione, l’integrazione va gestita. E poi chi l’ha detto che il villaggio alloggio va fatto a Cassibile?
Cosa temete?
Noi siamo settemila persone, mancano i servizi, non abbiamo sconti sulle tasse e abbiamo già pagato pegno in molte altre occasioni in termini di immagine del paese, vi ricordate quando comparve la scritta “Cassibile la città dei marocchini” oppure la storia di cronaca del “mostro di Cassibile”, ogni volta cerchiamo con fatica di ricostruirla l’immagine di questo paese, perché viviamo anche di turismo ma è sempre più difficile. Installando questo villaggio non sarà una cosa temporanea, loro continueranno ad arrivare e diventerà una soluzione definitiva, cosa facciamo allora? Andiamo via noi cassibilesi? Questo significa una sola cosa, condannare a morte una comunità.
Nadia Germano Bramante