Voci da Mineo: il direttore del Cara lavora ai prossimi trasferimenti, ma i cittadini cosa ne pensano?
I residenti sono favorevoli o contrari? E sono preoccupati per le ricadute occupazionali della chiusura? Siamo andati a sentire le loro voci, e abbiamo scoperto che ad infastidire non sono quasi mai i migranti, ma altro...
(20 febbraio 2019)
Vi abbiamo documentato, qualche giorno fa, le operazioni di trasferimento del secondo gruppo di 50 migranti che ha lasciato il Cara di Mineo. Il primo, formato da 44 persone (sei non si sono presentate), lo scorso 7 febbraio era stato destinato a strutture delle province di Trapani, Ragusa e Siracusa, quelli di lunedì sono andati ad Enna e Caltanissetta. Il terzo gruppo sarà trasferito il 27 febbraio. Rispetto a giorno 7, lunedì scorso si è svolto tutto in un clima di serenità e collaborazione. Giusto il tempo di sbrigare le pratiche burocratiche, ritirare i documenti e le proprie schede sanitarie, riscuotere i soldi che, di diritto, maturano ogni giorno (2,50 euro), poi tutti sono saliti sugli autobus che li hanno condotti verso la loro nuova destinazione.
“Piano piano, uomini e donne stanno maturando la consapevolezza che il centro deve svuotarsi e chiudere” dice Francesco Magnano, direttore del Cara di Mineo da ottobre, dopo aver gestito due centri Sprar, un Cara per minori stranieri non accompagnati e il Cara Don Bosco di Noto. “Adesso – continua – abbiamo circa una settimana di tempo per organizzare quelli del 27 febbraio, poi non sappiamo come si andrà avanti perché per il mese di marzo non abbiamo ancora indicazioni. Oggi ci sarà la prima informativa per i prossimi 50, che così avranno tempo di prepararsi e metabolizzare. Che non si parli di deportazione – precisa Magnano – sono solo normali trasferimenti”.
L’annuncio del Ministro Matteo Salvini prevedeva la chiusura entro dicembre 2019, ma se si andrà avanti di questo passo i tempi si accorceranno notevolmente. Dopo il terzo trasferimento, infatti, gli ospiti del Cara di Mineo scenderanno già sotto i 900. Basterebbe, quindi, trovare una decina di strutture disponibili per mettere la parola fine ad una storia, quella dell’accoglienza nella base catanese, iniziata nel 2011.
“Il Cara – spiega Magnano – è un centro di accoglienza per richiedenti asilo, e man mano che queste persone ottengono il permesso di soggiorno vanno via autonomamente, c’è un naturale ‘sciame’ verso l’esterno. Noi lo abbiamo ‘ereditato’ dal 1 ottobre, e da allora c’è stato un notevole deflusso, soprattutto da quando è stata ufficializzata la notizia della chiusura. Molti vanno nel centro e nord Italia, o comunque dove ci possono essere possibilità di impiego, ma purtroppo, in mezzo a questi, c’è anche chi si allontana senza i documenti in regola, andando ad infoltire l’esercito dei 600mila che non hanno diritto di stare in Italia e che, in teoria, dovrebbero essere rimpatriati. Sempre ammesso che ci siano le condizioni nel loro paese d’origine, però, – conclude il direttore – ci vorrebbe una finanziaria del Governo per trovare le somme necessarie a farli rientrare tutti”.
Fantasmi, quindi, senza diritti né identità. E i cittadini? Gli abitanti di Mineo come hanno vissuto, in questi anni, l’arrivo di tanti migranti? Come hanno visto cambiare la loro città e cosa pensano, ora, dello svuotamento della struttura. Sono favorevoli o contrari? E sono preoccupati per le ricadute occupazionali della chiusura? Siamo andati a sentire le loro voci, e l’impressione generale è quella di una popolazione alla quale, in linea di massima, la presenza degli immigrati non da fastidio. Le cose che irritano semmai sono altre: il malaffare in primis, e poi l’immagine negativa che la presenza del Cara ha dato a Mineo, città che merita di essere ricordata e celebrata per ben altri motivi.
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Valentina Frasca