Conversione green, gap, crisi e prospettive: le imprese iblee viste da Confindustria
La radiografia della resilienza dell'imprenditoria iblea nell'intervista a tutto campo al Presidente di Sicindustria Ragusa, Leonardo Licitra
(10 dicembre 2018)
Nel febbraio scorso è stato scelto per guidare Sicindustria Ragusa e rimarrà pertanto in carica fino al 2022. Leonardo Licitra, classe 1974, una laurea al Politecnico di Milano e una carriera imprenditoriale iniziata nell’azienda di famiglia e proseguita, dal 2003, in una storica azienda attraverso una partecipazione societaria. Una lunga esperienza nei Giovani Industriali di Confindustria e, sin dal momento dell’elezione, un obiettivo: puntare i riflettori su temi fondamentali per le imprese come infrastrutture, energia, ambiente, turismo e burocrazia.
Noi lo abbiamo incontrato per capire che situazione ha trovato e come intenda guidare la sezione iblea in questa fase delicata di transizione della Confindustria siciliana che, a seguito della riforma del sistema confindustriale del 2013, conta nell’Isola tre associazioni: Sicindustria, che raggruppa sette province su nove, Ragusa compresa, e le Confindustrie di Catania e di Siracusa. Voluta per avere un più forte potere di rappresentanza e un’unica voce nei tavoli istituzionali, Sicindustria è guidata oggi da Alessandro Albanese.
“Il nostro territorio – spiega Licitra – può contare su molte eccellenze manifatturiere, anche nel settore dell’agroalimentare che è uno tra i più importanti comparti della provincia. La nostra realtà associativa conta diverse realtà storiche molto rappresentative. Abbiamo filiere importanti come quella del polo avicolo, ma anche tante piccole e medie aziende con mercati differenti. Sicindustria assiste le imprese nei rapporti con le Istituzioni regionali, ma rappresenta le esigenze e le criticità anche sui livelli provinciali/comunali. Cerchiamo di mediare e di fare un’opera di sintesi, rappresentando le questioni che attengono allo sviluppo, alla crescita e al sostegno delle imprese”.
Anche alla luce della riforma, come operate per andare incontro alle esigenze variegate di tutte queste imprese?
Abbiamo riorganizzato le strutture territoriali, riunendole e mettendo in sinergia le migliori competenze tecniche. A noi è stata affidata, ad esempio, la delega all’ambiente proprio per l’alta specializzazione in materia dei nostri funzionari. Sicindustria Ragusa rappresenta e tutela un centinaio di imprese che dà lavoro a circa 3000 persone. Oggi le vere sfide sono proprio la sinergia e la collaborazione. Per decenni siamo stati abituati a ragionare in un’ottica locale, ora dobbiamo farlo anche su scala regionale. Nonostante i temi e i settori siano molto diversificati: dalla produzione di cementi all’imbottigliamento delle acque, dalla produzione di alimenti a quella di mangimi e di carni. E ancora, produzione di materie prime, manufatti per l’agricoltura, carpenteria metallica, trattamento superficiale di materiali, produzione di profili in alluminio, riciclo di materie plastiche, produzione di software, manutenzione di autoveicoli, estrazione di idrocarburi e consulenza aziendale.
Parliamo di tutela dell’ambiente e di politiche industriali. Nel Ragusano come si coniugano?
La nostra provincia ha una tradizione industriale importante. Le realtà aziendali nate nei decenni scorsi hanno fatto investimenti a sei zeri per trovare soluzioni che contemplassero la tutela dell’ambiente e della salute pubblica con la necessità, ad esempio, di smaltire rifiuti di natura agricola, (plastica, contenitori di concime e di fitofarmaci, rifiuti speciali pericolosi). Altre, le più recenti, sono già nate con il sistema della raccolta differenziata. Nonostante l’impegno profuso, dobbiamo registrare però, ancora oggi, la presenza di una cultura antindustriale, che scoraggia e rende incerti gli investimenti privati. Tra l’altro, vorrei sottolineare come quello attuale rappresenti un momento di transizione anche per le amministrazioni comunali che si trovano ad affrontare la complessità della raccolta differenziata, unica via percorribile per ottimizzare la gestione ambientale e consentire un risparmio al cittadino e alle imprese. La sensibilità e la comunicazione sul tema della raccolta differenziata giocano un ruolo decisivo, perché la qualità della raccolta e i relativi oneri dipendono molto dai comportamenti dei cittadini. La gran parte delle imprese si è da tempo adeguata alla sana gestione dei propri rifiuti affrontando il passaggio del modello di sviluppo da economia lineare a circolare e orientando le proprie scelte verso il riutilizzo, il rinnovo e il riciclo dei materiali. Inoltre sistemi di controllo più efficaci ed efficienti hanno spinto, soprattutto realtà imprenditoriali più strutturate, a configurare le proprie abitudini verso modelli di gestione virtuosi.
La crisi: il settore industriale ibleo come l’ha avvertita?
Il comparto delle costruzioni e dell’edilizia è sicuramente quello che ha sofferto di più. L’assenza di investimenti pubblici e una burocrazia scellerata hanno fortemente contribuito a mettere in crisi un settore che, in particolare al Sud, ha un grande indotto. Alcuni settori e, in particolare, quello dell’agroindustria sono meglio riusciti a emergere dalle paludi della crisi perché, innovando, si sono orientati verso mercati esteri, portando fuori un brand legato al territorio. Rimane comunque un oppressivo sistema burocratico che zavorra lo sviluppo economico e sociale in tutta la regione. Gli iter autorizzativi molte volte sforano i termini di legge e i pagamenti della pubblica amministrazione arrivano in ritardo arrecando danni non indifferenti.
Dalla crisi alle prospettive. Quali quelle del settore industriale?
Molte imprese più strutturate stanno investendo in innovazione. Il precedente governo ha varato una riforma strutturale (Industria 4.0) che mi auguro possa essere rifinanziata anche dall’attuale Governo. Industria 4.0, sulla quale Confindustria ha puntato molto, ha previsto un forte sostegno agli investimenti ad alto contenuto tecnologico garantendo, tra le altre cose, risparmi energetici e un minor impatto sull’ambiente. Stiamo andando verso una conversione green degli stabilimenti e l’attenzione sul tema è dimostrata anche dall’interesse degli imprenditori verso uno strumento regionale di agevolazione finalizzato proprio alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera che abbiamo presentato qui a Ragusa lo scorso giugno. Si tratta di un bando che prevede finanziamenti a fondo perduto finalizzati all’efficientamento energetico delle linee di produzione con l’obiettivo di contenere i consumi del 20% rispetto alla situazione di partenza.
Quanto il settore industriale risente del gap infrastrutturale della provincia e dell’Isola?
L’imprenditoria iblea, sebbene fortemente penalizzata, reagisce ed è resiliente. Siamo l’unica provincia senza un chilometro di autostrada; di ferrovie neanche a parlarne e, nonostante questo enorme gap, le nostre imprese riescono ad essere competitive esportando i propri prodotti in Italia e all’estero. Sicuramente una infrastruttura essenziale da valorizzare è rappresentata dallo scalo di Comiso, il Pio La Torre, che rappresenta anche una grande opportunità di sviluppo turistico in un territorio come il nostro capace di offrire un mare incontaminato, un ricchissimo patrimonio storico-artistico e una eccellente e caratteristica enogastronomia. Ovviamente non c’è solo l’aeroporto. Finalmente qualcosa si muove anche per il porto di Pozzallo…
Un giudizio sull’operato dei governi nazionale e regionale?
Confindustria non esprime giudizi sui governi, ma sulle loro politiche di sviluppo. Oggi posso dirle che, a livello nazionale, lasciano perplesse misure come il reddito di cittadinanza. Il timore è infatti quello di una politica assistenziale portata avanti sulla pelle di imprese e lavoratori: le imprese sono le uniche in grado di creare ricchezza e redistribuirla attraverso il lavoro e le imposte versate. Sarebbe quindi opportuno puntare sulla crescita attraverso: maggiore attenzione agli investimenti, riduzione del cuneo fiscale, una robusta decontribuzione sull’occupazione giovanile, il mantenimento del credito d’imposta per il Mezzogiorno. Per quanto riguarda la Regione non possiamo non rilevare il permanere di una burocrazia asfissiante che non permette di rilanciare l’economia. Non è un caso che non si riescano a spendere i fondi comunitari ma soprattutto che non si riesca a veicolarli verso i reali fabbisogni. Il risultato è quello di una economia bloccata con un divario sempre più ampio con il resto del Paese.
Per dare un’accelerazione generale alle imprese iblee, secondo lei, su cosa si dovrebbe puntare?
Sicuramente sulle realtà manifatturiere e industriali che hanno fatto ricca la nostra provincia. Occorre sostenerle e creare le condizioni di contesto affinché le imprese esistenti continuino a investire e si attraggano nuovi investimenti privati. Gli investimenti con il benessere sociale che ne deriva si materializzano infatti dove le Istituzioni operano per sostenere chi rischia e investe. E in Sicilia, troppo spesso, avviene il contrario. Un comparto sul quale lavorare è certamente anche quello del turismo. A tal fine è senza dubbio necessario che l’aeroporto di Comiso funzioni al meglio e, affinché ciò avvenga, l’unica strada percorribile è quella della Rete aeroportuale con l’aeroporto di Catania. Se si guarda al territorio nazionale, si scopre che ci sono esempi di Reti aeroportuale già funzionanti. Comiso dovrà fare rete con Catania perché solo la sinergia delle politiche di marketing, la riduzione dei costi e un maggiore potere contrattuale nei confronti delle compagnie aeree potranno aumentare il numero di passeggeri nei due aeroporti. Comiso ha poi caratteristiche complementari a quelle dell’attuale aeroporto di Catania: dispone di una pista che allora fu concepita e realizzata dagli americani per accogliere aerei di grosse dimensioni e dispone di spazi ben più estesi e di strutture pronte che potrebbero essere riconvertite. La sinergia, quindi, è l’arma vincente.
Valentina Frasca