“Il corpo umano come una macchina, e noi siamo l’officina”
Laura Russo, una ricercatrice palermitana nel pool del Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze alla Bicocca di Milano
Palermo 28 luglio 2018. Si chiama ingegneria tissutale ed è quella branca terapeutica interdisciplinare che si prefigge come obiettivo la creazione di tessuti o organi umani che possano sostituirsi a quelli difettosi o danneggiati. Detta così sembra, davvero, fantascienza. Quasi fosse la trama di un film. Invece, da qualche anno è una realtà consolidata che comincia a dare frutti nella ricerca e non è neanche un esclusivo vanto di gruppi o enti di ricerca esteri. Siamo in Italia, a Milano, all’Università Bicocca. Qui un team di giovani ricercatori trascorre buona parte della proprio giornata in laboratorio. Un lavoro costante, intenso, che potrebbe rappresentare la soluzione medica a malattie come l’alzheimer o la sla.
Non è il futuro. È il presente. Nel Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze un pool di studiosi sta proprio lavorando alla realizzazione di modelli tridimensionali di tessuti sani e patologici, ricreando un microambiente cellulare personalizzato. Tra di loro c’è un talento tutto siciliano. E’ Laura Russo che è la coordinatrice di unità, nell’ambito di un progetto finanziato dalla Fondazione CARIPLO, relativo alla sintesi di biomateriali intelligenti per lo sviluppo di colture 3D. Nel 2016 la palermitana dottoressa Russo è stata la vincitrice del prestigioso progetto internazionale SIRG (Starting Investigator Research Grant) SFI, presso il centro di ricerca Cùram (Centro di riferimento europeo per la ricerca sui dispositivi medici, Irlanda). Tale premio le ha permesso di condurre la sua ricerca relativa allo sviluppo di biomateriali Glico-funzionalizzati per applicazioni di ingegneria tissutale. Dal 2017 Laura Russo è ricercatrice all’Università di Milano-Bicocca e Visiting Researcher di Cùram – NUIG, Irlanda. La sua attività di ricerca, ad oggi, è incentrata sullo sviluppo di materiali intelligenti per la biostampa 3D e per l’ingegneria tissutale. “Abbiamo iniziato con il riprodurre una parte di tessuti per poter studiare, per esempio, l’attività di farmaci e nanoparticelle, ma anche la biologia che sta alla base di determinate patologie – spiega Laura Russo – e tra un po’ di anni vogliamo arrivare alla produzione di veri e propri organi, anche complessi”.
Se volessimo spiegare ad un bambino di cosa si occupa la sua ricerca?
“Il nostro è un gruppo di sette giovani ricercatori. Svolgiamo un lavoro multidisciplinare che necessita della collaborazione con altri enti o gruppi di ricerca italiani e esteri. Ci occupiamo di chimica organica; e quando ci rendiamo conto che il nostro lavoro sta ottenendo risultati, appunto, in maniera multidisciplinare chiediamo il supporto ad altri ricercatori. Una volta registrati passi avanti sul progetto diventa necessario e naturale, ad esempio, rivolgerci a chi lavora maggiormente con le cellule e con specifici fattori come la fisiologia in funzione dell’organo o del tessuto di interesse richiediamo la collaborazione di altri ricercatori. Se dovessi spiegare il mio lavoro a un bambino gli direi che noi cerchiamo un modo per riparare parti del corpo che si sono ammalate in seguito a una malattia o a un trauma”.
Da dove comincia il vostro lavoro? Quali sono le tappe di questo percorso di ricerca?
“Si parte dallo studio del migliore procedimento per la rigenerazione del tessuto. Io la immagino come se fosse un’officina. Devi prima comprendere dove sia avvenuto il danno. Una volta compreso quale sia l’organo danneggiato cerchiamo di sostituirlo con uno funzionante. Questo è un lavoro che comprende diverse fasi di sviluppo. Un primo passaggio è necessario per conoscere e individuare la struttura del corpo e imitarla, insomma, copiarla; nella seconda fase, invece, il nostro intervento è più laborioso. Ci dedichiamo allo studio della funzionalità di quell’organo. Il pezzo funzionante che abbiamo creato deve rispondere ai neuroni. E non sempre accade. Bisogna convincere le cellule a comportarsi, nello stesso modo, in cui agiscono all’interno di un organismo. Questa è, senza ombra di dubbio, la fase più complessa che richiede una maggiore attenzione e capacità di comprensione”.
Spieghiamolo ai profani. Lavorate sulle cellule umane. Da dove vengono?
“Il nostro lavoro parte da cellule modello sulle quali cerchiamo di comprendere, più di tutto, se ci siano aspetti di tossicità. Solo in una seconda fase passiamo alle cellule umane. In virtù del fatto che tutto ciò che facciamo ha un aspetto multidisciplinare chiediamo la collaborazione con altri enti di ricerca. In Italia la vicinanza geografica aiuta il lavoro del laboratorio e, in molte occasioni, abbiamo chiesto supporto al Cnr di Napoli o all’Università Federico II. Con l’estero collaboriamo con il Dipartimento materiali dell’Impirial College di Londra ma anche con la Germania e la Spagna. Una collaborazione, un confronto continuo che costituisce, oggi, un elemento determinante nella ricerca scientifica, un vero catalizzatore per stimolare e migliorare la formazione”.
Quali risultati vi aspettate da questo progetto e in che tempi?
“Risultati differenti in tempi diversi. A breve termine risultati nella comprensione di alcuni meccanismi che stanno alla base della rigenerazione. Meglio conosco il sistema che voglio, in qualche modo, mimare e più mi ci avvicino. Penso, ad esempio, allo studio dei fattori che nel micro ambiente sono in grado di cambiare il destino di una cellula. A lungo termine, invece, quello che è il grande sogno di riprodurre dei tessuti funzionali che, in questo momento, non sono riproducibili in grossa scala. Oggi, siamo in grado di riprodurre parte dei tessuti ma la cui funzionalità completa e la dimensione di ciò che riusciamo ad ottenere ancora non è soddisfacente. C’è ancora tanto su cui lavorare”.
Cristina Lombardo